Look Right! L’estate indiana a Londra, parte IV

Non si ferma più Martina Cavallarin, alla scoperta d’ogni angolo di Londra. Oggi la leggiamo impegnata tra Fondazione Triad e Chanel da Saatchi, un paio di studio visit e una sbirciatina alla Tate Britain, e poi…

EINAT AMIR E IL FACCIA A FACCIA CON GLI SCONOSCIUTI
L’aratro immobiliare, in stato di moto costante, ci porta a Kings Cross, dove la Fondazione TRIAD propone un progetto ad alto tasso di qualità. Il percorso prevede una mostra collettiva, una serie di serate durante le quali finalmente bere bene e conversare piacevolmente, ed Enough About You, una performance partecipativa dell’artista Einat Amir. Svoltasi per la prima volta nel 2011 al Lilith Performance Studio a Malmö, in Svezia, l’evento segna l’inizio della collaborazione fra TRIAD, Lilith Performance Studio e Maxxi. A febbraio 2016 attendiamo proprio il passaggio delle prestazioni artistiche da Londra al Museo MAXXI di Roma.
Nata a Gerusalemme nel 1979, Amir indaga i rapporti umani e i loro limiti attraverso una ricerca che si avvale del coinvolgimento e dell’empatia. In una sala bianca illuminata da una luce diffusa e avvolgente, tre cabine insonorizzate accolgono tre coppie di persone che l’artista seleziona in modo casuale, ma altamente intuitivo, tra il pubblico. Nello spazio ristretto e intimo, sotto gli occhi curiosi del pubblico, la voce fuori campo dell’artista pone domande e impartisce ordini. Trovarsi faccia a faccia con una persona sconosciuta è imbarazzante e spiazzante. Ciascuno può scegliere sino a dove vuole arrivare, fino a che punto dire o fare quando viene richiesto di parlare di se, ballare o baciare. Ogni teoria razionale precedente l’azione viene inevitabilmente a decadere quando ci si trova nel territorio inesplorato, nel luogo del pensiero e dell’incontro in cui il consueto atteggiamento personale lascia spazio a una zona recondita della mente e del comportamento.

Marianna Gioka in mostra da Rosenfeld Porcini a Londra

Marianna Gioka in mostra da Rosenfeld Porcini a Londra

IL FLOP DI FRIEZE FOCUS
Nel frattempo c’è Frieze. Una delle principali fiere d’arte contemporanee del mondo rivela da subito il suo volto. Frieze Art Fair esprime una certa forza e vocazione all’esposizione più che al mercato fine a se stesso. Le gallerie più importanti presentano dai due ai tre artisti, alcune addirittura curate e autorevoli mini-personali. L’ordine dall’alto sembra essere quello di dimostrare la muscolatura palestrata, senza inchinarsi alle deleterie apparizioni di spettri di una crisi globale ancora presente. Frieze Masters è un capolavoro di contaminazione moderno-contemporaneo, esibito da un mercato che non teme di azionare le leve economiche e, per questo, apparire scevro da retaggi culturali.
Frieze Focus, presunta officina sperimentale, salvo rari casi tra i quali non si può non citare l’interessante stand del napoletano Fonti, è un ibrido senza capo né coda all’interno del quale la storia dell’arte non è superata, ma sembra proprio non essere mai esistita, e questo è il peccato più grave. Le opere esposte sono ingessate, vecchie, senza poesia, ricerca, indipendenza, suggestione. Un giorno Gioacchino Rossini ricevette in visione la composizione di un giovane musicista, la esaminò e disse: “In questo lavoro c’è del buono e del nuovo. Ma il buono non è nuovo, e il nuovo non è buono”. Ed è alla luce di questo aneddoto che mi chiedo quali siano i criteri di selezione adottati dal comitato curatoriale.

Running Naked alla TJ Boulting Gallery di Londra

Running Naked alla TJ Boulting Gallery di Londra

FITZROVIA TOUCH
Nel distretto di Fitzrovia, alla Richard Saltoun Gallery di Great Titchfield Street, assaporiamo sino in fondo The Body As Language: Women And Performance, a cura di Paola Ugolini, una mostra che ha origine a partire dal libro del 1974 di Lea Vergine, Body Art e Performance: il corpo come linguaggio. Si tratta di un vero piano d’ideazione – filologico, analitico e processuale, coraggioso nella sua sezione contemporanea – che racconta la nascita e lo sviluppo della performance in relazione al genere, il corpo, il linguaggio e l’espressione del sé.
Le opere esposte sono di donne artiste che hanno lavorato in Italia durante gli Anni Settanta: Gina Pane, Ketty La Rocca, Suzanne Santoro, Renate Bertlmann, assieme alle fotografie d’archivio degli spettacoli di danza di Trisha Brown, Simone Forti, Yvonne Rainer, mentre la sezione contemporanea vede lavori di Alice Schivardi, Goldschmied & Chiari, Silvia Giambrone. Il progetto ha l’intenzione di spostarsi in altri spazi e in altre città, e noi speriamo di poterlo vedere in Italia al più presto.

The Body As Language alla Richard Saltoun Gallery di Londra

The Body As Language alla Richard Saltoun Gallery di Londra

Al 37 di Rathbone Street la galleria Rosenfeld / Porcini è una realtà aperta da quattro anni che svolge una ricerca molto personale e mirata. Landscape della pittrice greca Marianna Gioka, artista intimista e dal tratto talentuoso, è una storia lirica e intensa raccontata attraverso opere su tela e carta. Negli eleganti spazi della galleria l’immersione è nel segno, nelle campiture imbastite con gestualità mirata e composita, nei soffusi paesaggi urbani delle opere del primo periodo che si fanno luoghi dell’anima più rarefatti e interiori nei lavori più recenti.
Differente il mood e la temperatura che si respira alla galleria TJ Boulting, che presenta Running Naked degli artisti Hrafnhildur Arnardottir / Shoplifter, Cibelle Cavalli Bastos, Assume Vivid Astro Focus. Si tratta di un’installazione corale forse bulimica, ma fresca, di grande impatto e per una volta slegata a mode e manifestazioni artistiche sempre ammiccanti a un potere imperante e a un mercato in continua e frenetica evoluzione.

Yuki Kobayashi

Yuki Kobayashi

GIOVANI PROMETTENTI
Live-in Guardians (Live-in Protection) è un altro modo per avere uno studio e abitare uno spazio; si tratta per lo più di aree a livello strada, ex laboratori o depositi a basso costo, gestiti attraverso un meccanismo di affido, simile a quello che toccò al quartiere romano di San Lorenzo, ora soppiantato da uno sciacallaggio immobiliare che ben conosciamo. Prendi uno spazio in gestione, lo riqualifichi, lo custodisci, non sai quanto potrai occuparlo, ma intanto resisti, lavori e crei pagando un terzo del prezzo di mercato.
Yuki Kobayashi è un giovane artista giapponese, fotografo e performer, che si sta formando al Royal College of Art di Londra. La sua ricerca si fonda su meccanismi d’immedesimazione, panismo, coinvolgimento, resistenza fisica, filosofia gender. L’artista Christian Marclay ha invitato quattro studenti della RCA, tra i quali Kobayashi, ad abitare la sua mostra alla White Cube a Bermondsey usando i dispositivi Fluxus per un’osservazione sul contemporaneo e la sua pratica. Negli spazi dilatati della galleria, le rievocazioni delle opere Water di artisti come George Brecht, George Maciunas, Yoko Ono e Mieko Shiomi sono interpretazioni dei giovani studenti in crescita progressiva.

Lo studio di Thoman Qualmann a Londra

Lo studio di Thoman Qualmann a Londra

Il britannico Thomas Qualmann mi accoglie invece nel suo appartamento compreso all’interno di una struttura di vecchie case in mattoni rossi che contraddistinguono le ex zone popolari di Londra e del quartiere di Waterloo in cui ci troviamo, edifici ora riconvertiti attraverso un sistema cooperativo che permette di abitarvi pagando prezzi modici e accessibili. La sua stanza studio è satura di carta, matite, inchiostri. Le pareti sono rivestite da lavori installati in serie per una pratica processuale ossessiva e maniacale, che vede nel trascorrere del tempo, nella serialità sequenziale e nell’elaborazione di un percorso in cui l’errore è segnato, riconvertito e impiegato per una variazione improvvisa di direzione, il cuore della sua ricerca artistica. Il risultato è una mappatura che si tramuta in disegni composti a mano, e c’è da non crederci, di straordinaria precisione. Tom progetta il suo lavoro prevedendo il tempo da impiegare per portare a termine l’opera. Se nelle serie di disegni a parete l’installazione si struttura in un ordine visivo necessario e prestabilito, i disegni creati per realizzare i video sono sequele di centinaia di fogli: ciascun secondo contiene 25 disegni per un totale di 1.800, che sviluppano a una storia animata tra il poetico e il chirurgico, di grande maestria.
A dicembre potremmo godere di una sua mostra a Torino mentre, alla stregua di altri colleghi emergenti, ha partecipato a un premio, i vincitori del quale godranno di uno studio gratis per sei mesi e dei materiali per produrre i loro lavori. Se sei talentuoso e determinato, un modo per essere artista a Londra c’è.

L'allestimento della sala di David Hockney alla Tate Britain

L’allestimento della sala di David Hockney alla Tate Britain

SBIRCIARE HOCKNEY ALLA TATE BRITAIN
Passeggiare spesso all’interno della Tate Britain, perché non basta mai, può significare rubare istanti di allestimento della sala dedicata a David Hockney, New Displays, d’imminente inaugurazione. Lo spazio museale riunisce tre dei celebri doppi ritratti di David Hockney di proprietà della collezione Tate. My Parents del 1977, Mr and Mrs Clark and Percy del 1970-71 e la recente acquisizione George Lawson and Wayne Sleep, opera composta tra il 1972 e il ‘75, e presentata dall’artista solo nel 2014.
L’artista britannico, tra il 1968 e il 1977, ha infatti eseguito una serie di grandi doppi ritratti, raffiguranti coppie o amici all’interno delle loro abitazioni, dipinti in pose naturalistiche di grande impegno formale. Il quadro George Lawson and Wayne Sleep è stato dipinto in un punto cruciale della vita di Hockney e non è mai stato completato. Assieme agli altri due dipinti presenti in sala, le opere rappresentano la preoccupazione dell’artista rispetto i rapporti sociali e personali, sviluppata attraverso la magistrale capacità di coniugare una forte intensità psicologica a un’intensa freddezza stilistica.

L'allestimento della sala di David Hockney alla Tate Britain

L’allestimento della sala di David Hockney alla Tate Britain

E INFINE, CHANEL
Intanto Saatchi Gallery procede in assoluta controtendenza rispetto all’esporre i gioielli di famiglia in concomitanza con Frieze. In King’s Road niente arte contemporanea, ma un esempio di cultura contemporanea, se non altro nel senso che il temporary e il transeunte rimpinguano le casse.
Ed ecco la mostra Mademoiselle Privé, un viaggio per catturare la personalità carismatica e lo spirito irriverente di Mademoiselle Chanel e Karl Lagerfeld vissuto attraverso le creazioni originali di Chanel.

Martina Cavallarin

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Martina Cavallarin

Martina Cavallarin

Martina Cavallarin, Venezia, 17-12-1966. Critica e curatrice, si occupa di arti visive contemporanee. Il suo sguardo spazia tra differenti linguaggi e necessarie contaminazioni. Il senso è quello di esplorare direzioni e talenti dell’arte che va dalla pittura alla fotografia, dal…

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