Contemporanea alla Biennale di Venezia, arriva anche la Biennale di Sharjah. Evento clou degli Emirati Arabi, dall’anima internazionale. Artisti italiani? Nemmeno uno…

Anche gli Emirati Arabi Uniti hanno la loro Biennale, nemmeno troppo giovane. Nasceva nel 1993, a Sharjah, in principio con un taglio abbastanza tradizionale e un respiro regionalistico, poi spostatasi – soprattutto dal 2003, con l’entrata in scena della Sheikha Hoor Al Qasimi e dell’artista-curatore Peter Lewis –  verso modelli sempre più contemporanei e internazionali. […]

Anche gli Emirati Arabi Uniti hanno la loro Biennale, nemmeno troppo giovane. Nasceva nel 1993, a Sharjah, in principio con un taglio abbastanza tradizionale e un respiro regionalistico, poi spostatasi – soprattutto dal 2003, con l’entrata in scena della Sheikha Hoor Al Qasimi e dell’artista-curatore Peter Lewis –  verso modelli sempre più contemporanei e internazionali.
Giunta alla sua dodicesima edizione, la Biennale di Sharjah ha annunciato tema e date. Allestita dal 5 marzo al 5 giugno 2015, la rassegna ragionerà su “The past, the present, the possibile”, ricalcando un trend che anche nel vecchio continente pare andare per la maggiore: il rapporto con la storia, in chiave analitica, qualche volta nostalgica, non sempre decostruttiva, spesso strumento di autoconsapevolezza, di rigenerazione, di rilettura critica del presente, ma anche di edificazione del futuro. Basti pensare all’ultima Biennale di Berlino, targata Gaitàn e dedicata alle grandi narrazioni storiche, alla prossima Biennale di Venezia, per cui Okwui Enwezor rispolvera Marx e Benjamin, o all’ultima Manifesta di Kasper König, in bilico tra sentieri della contemporaneità ed estetica della tradizione.
Anche aSharjah il rito della fuga all’indietro si ripete, rivelando questa irresistibile attrazione per le maglie dense della storia, in cui ricavare, però, uno squarcio: l’idea del possibile, della svolta, dell’imprevisto, del cambiamento, qualcosa che, a dispetto delle distanze geografiche e delle diversità sociali e culturali, pare riguardare il mondo intero in questo inizio di millennio, stritolato tra crisi economiche e geopolitiche. È questo, quindi, il cuore del progetto, ideato e curato da Eungie Joo – già commissario del padiglione coreano alla 53a Biennale di Venezia, con esperienze al New Museum e al Redcat di Los Angeles – affiancato da Ryan Inouye.

Ernesto Neto, installazione per la Biennale di Sharjah 2013 - courtesy of Sharjah Art Foundation - Photo by Alfredo Rubio

Ernesto Neto, installazione per la Biennale di Sharjah 2013 – courtesy of Sharjah Art Foundation – Photo by Alfredo Rubio

Saranno oltre cinquanta gli artisti invitati a costruire, con opere quasi tutte nuove e appositamente commissionate, il corpo e la pelle di questa biennale mediorientale, la cui impalcatura teorica potrà essere declinata grazie alle visioni distanti e complesse di autori provenienti da oltre venticinque paesi. Formula espositiva diffusa, con una mostra divisa tra varie location a Sharjah e una sezione nella città di Kalba, sul Golfo di Oman.  I nomi? Da Rirkrit Tiravanija a Lee Kit, da Adrián Villar Rojas a Danh Vo, da Hassan Khan a Damián Ortega, da Jimmie Durham a Rene Gabri, da Julie Mehretu a Basel Abbas e Ruanne Abou-Rahme.
Di italiani, nemmeno l’ombra. Ormai una filastrocca malinconica, che però vale sempre la pena di evidenziare: le grandi kermesse internazionali, dal Nord al Sud, da Est a Ovest, dimenticano (quasi sempre) i nostri artisti. Che siano davvero poco interessanti, rispetto allo scenario globale? Che le migliori energie vengano, non di rado, sacrificate da un sistema miope e stanco? Che il sostegno istituzionale manchi, insieme ai grandi premi, le grandi residenze, i grandi programmi espositivi e di ricerca all’estero? Questo e anche altro. A raccontare una marginalità che resta in ogni caso anomala.
Intanto, la biennale degli Emirati, promossa dalla Sharjah Art Foundation – di cui la Sheikha Hoor Al Qasimi è Presidente – spinge l’acceleratore della macchina organizzativa e si avvicina all’opening con un programma di talk, spalmati lungo l’anno: lo scorso ottobre una conversazione con Eduardo Navarro Ryan Inouye, il prossimo 22 novembre un incontro con Rheim Alkadhi, il 6 dicembre Faustin Linyekula, a gennaio 2015 è in preparazione una tavola rotonda con gli artisti della biennale, guidata dal curatore Eungie Joo, quindi Taro Shinoda a febbraio e Asunción Molinos Gordo il mese seguente, con l’opening atteso tra giovedì 5 e domenica 7 marzo.

– Helga Marsala

www.sharjahart.org

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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