Da Sergio Rossi a Marc Jacobs, fino alla definitiva consacrazione del suo marchio con Chloe, Sonia Rykiel, Fendi e Louis Vuitton. Com’è diventato un designer di scarpe di fama internazionale? Si considera un artista?
Allora, c’è una grande differenza che ho sempre voluto sottolineare fra l’arte e la creatività. In questo caso io disegno delle scarpe che non sono opere d’arte, ma oggetti elaborati per adornare i piedi delle donne. Non sono un artista, sono un bravo disegnatore di scarpe, che è diverso. Col mio modo di essere ho raggiunto traguardi che altri non hanno saputo raggiungere, inoltre ho sempre mantenuto un ruolo preciso nelle mie collaborazioni. Helmut Newton diceva: “Io sono il più bravo dei fotografi, ma non sono un artista. Un’artista è Cindy Sherman, che usa la fotografia per fare dell’arte. Io uso la fotografia per fare soldi”.

Dall’alta moda all’arte contemporanea o viceversa?
L’arte contemporanea mi permette di avere un’altra visione della moda. Per alcune delle mie creazioni mi sono ispirato, per esempio, a un artista inglese che si chiama Grear Patterson. Per me l’arte ispira la moda e la moda ispira l’arte, oggi. L’arte è vera quando rispecchia completamente il momento in cui è stata concepita. Se guardi un quadro di Caravaggio, riesci a capire qualcosa di quel particolare periodo storico. Se guardi un disegno dell’illustratore Tom of Finland, che ha introdotto l’immagine dell’uomo muscoloso nell’estetica gay, ti rendi conto di quanto quell’immagine abbia influenzato il clima culturale dell’epoca fino ai giorni nostri. L’arte è importante quando rispecchia un momento, la moda no: permette di giocare tanto col retrò quanto con le contaminazioni del futuro. L’arte è verità, la moda è bugia. Tra verità e bugia si può intercettare un terzo elemento: la creatività.

In che modo è arrivato a collezionare opere di Matthew Barney, Joseph Beuys, Gilbert & George, Yayoi Kusama, Richard Prince e molti altri?
Dunque, ho iniziato a collezionare opere a diciotto anni, negli Anni Settanta. Da giovane trascorrevo molto tempo a Parigi. Un giorno andai a vedere una grande esposizione dedicata a Andy Warhol al Museo d’Arte Moderna. Fu allora che mi ritrovai fra cuscini e divani argentati, in una perfetta riproduzione della Factory. Poi tornai a Napoli e, dopo un mese, vidi che sul Mattino avevano scritto, a caratteri cubitali “Da Lucio Amelio una mostra di Andy Warhol”. Mi precipitai all’indirizzo indicato sul giornale (Piazza dei Martiri) e, una volta arrivato, vidi all’ingresso tre Jackie Kennedy, le stesse di Parigi. Rimasi esterrefatto. A Milano e Roma non si poteva trovare niente del genere. Avevamo ancora Morandi a Bologna, l’Arte Povera a Ravenna e poi Fontana, Scheggi, Castellani, Burri (quei movimenti artistici erano legati all’Italia e denotavano, in qualche modo, una certa chiusura). L’arte internazionale, invece, si poteva trovare a Napoli. Insomma, entrai nella galleria e chiesi: “Quanto costa?”. La volevo subito, Jackie. Qualcuno senza battere ciglio mi disse: “Beh, non te la puoi permettere”. Tre milioni di lire di cinquant’anni fa erano come… un milione di euro oggi. Mio padre, che era direttore di banca, guadagnava 120mila lire al mese e ci potevamo permettere due cameriere. “Cosa posso comprare?”, chiesi. Mi vennero indicate delle litografie, fra cui una argentata. “Quanto costa? Posso pagare a rate?”, e lui rispose: “Quanto puoi darmi?”. “30mila lire al mese”. Con quel tipo di trattativa riuscii a comprare anche una delle sedie elettriche di Warhol, La rivoluzione siamo noi di Joseph Beuys e mobili di design…

Ernesto Esposito ritratto da Andy Warhol nel 1987, courtesy Ernesto Esposito

Ernesto Esposito ritratto da Andy Warhol nel 1987, courtesy Ernesto Esposito

Nel suo viaggio attraverso le varie forme d’arte è stato di vitale importanza instaurare un rapporto con alcuni degli artisti più conosciuti e stimati degli ultimi tempi, fra cui Warhol, Pistoletto, Helmut Newton. Da quali altri grandi interpreti del contemporaneo si farà ritrarre?
Ho avuto la fortuna, tramite Lucio Amelio, che è stato il mio maestro, colui che mi ha guidato nel percorso dell’arte, di poter andare a pranzo con Cy Twombly, di cenare con Andy Warhol, di andare con Rauschenberg al San Carlo a vedere la prima di Trisha Brown. Inoltre sono stato l’ultimo personaggio a essere ritratto da Andy Warhol dopo Aretha Franklyn. Per quanto riguarda il ritratto, è stato sempre legato a una mia forma di narcisismo. Avrei voluto farmi fotografare da Richard Avedon, ma purtroppo è morto. Inoltre non avverto più l’esigenza di farmi ritrarre.

Quali caratteristiche deve avere, oggi, un artista emergente o semplicemente italiano per attirare l’attenzione di un collezionista di alto livello interessato al nuovo, all’extraeuropeo, al bold inteso come rischio visivo e di mercato?
L’arte è documento della vita. In Italia viviamo troppo nel passato. Chessò, l’arte concettuale? È  sorpassata, ha avuto il suo momento. Oggi dobbiamo guardare al futuro. Il mondo cambia così velocemente che, se non viene lasciata una traccia del proprio tempo, si viene a perdere qualcosa, non soltanto a livello espressivo. Quindi per me un artista contemporaneo deve riuscire a cogliere qualcosa del presente.

L’opera dei sogni e come ottenerla: meglio rivolgersi alle case d’aste e subirne la rigida burocrazia e i tempi dilatati o fare riferimento a un broker di fiducia?
Ormai si può trovare un ottimo prezzo tanto all’asta quanto in galleria.

Nello studio di Ernesto Esposito a Napoli, photo credit Luigi Ieluzzo

Nello studio di Ernesto Esposito a Napoli, photo credit Luigi Ieluzzo

Collezionare opere d’arte può diventare anche un investimento, ma in quel caso il collezionista deve indossare i panni del venditore: controllare le quotazioni, avere a sua volta un portfolio clienti, tenersi aggiornato. Lei preferisce ridecorare l’appartamento o praticare un collezionismo, per così dire, “intelligente”?
Se compri un quadro da Gagosian di un artista come Stingel e dopo sei mesi lo metti all’asta, non sei un vero collezionista ma un mercante. Oggi ci sono i collezionisti veri, che sono sempre di meno, e ci sono gli speculatori, che sono sempre di più e che hanno fatto dell’arte il loro mezzo di sopravvivenza. Qualche tempo fa ho comprato un quadro, l’ho pagato 6mila euro, potrei rivenderlo a 400mila dollari. Ma se compro un’opera per rivenderla, ovviamente, sono un dealer camuffato da collezionista.

Artisti emergenti da tenere d’occhio?
Ultimamente mi sono dedicato a diversi artisti, molti dei quali sono però in realtà già riconosciuti a livello internazionale.

Va bene, ma vogliamo i nomi!
Joshua Abelow, Sebastian Black, Andy Boot, Etienne Chambaud, Graham Collins, Ethan Cook, Nick Darmstaedter, Robert Davis, Simon Denny, Sam Falls, Piero Golia, Greg Gong, Brendan Lynch, Helen Marten, Hugo McCloud, Oliver Osborne, Grear Patterson, Marco Perego, Dan Rees, Joe Reihsen, Ryan Conrad Sawyer, Kasper Sonne, Chris Succo, Yonatan Vinitsky. Per saperne di più non perdete la mostra The Go Between a cura di Eugenio Viola, al Museo di Capodimonte di Napoli dal 13 dicembre. La preview è stata appena inaugurata a  Londra, da Sprovieri, il 10 settembre.

Deianira Conte

www.ernestoespositoshoes.com

 

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