La dolce mano del Seicento. Carlo Saraceni a Roma

Palazzo Venezia, Roma - fino al 2 marzo 2014. La cultura figurativa del primo Seicento condensata nelle opere di un maestro ancora tutto da scoprire.

Episodi biblici e mitologici, apparizioni e martìri, santa Cecilia e san Carlo Borromeo, morti di Madonne e Fughe in Egitto. E poi angeli alati, arditi notturni, sguardi enigmatici, gesti solenni. È un perfetto campionario di iconografie e di committenza, ecclesiastica e aristocratica di inizio Seicento, l’opera del veneziano Carlo Saraceni (1579-1620), giunto ventenne a Roma alla fine del XVI secolo. Nei suoi dipinti ritroviamo il mondo e lo spirito di quel periodo, oscillante tra accesa religiosità e cultura classica, spinte realistiche e composizioni barocche, il classicismo di Raffaello e il naturalismo di Caravaggio.
Artista colto, testa pensante, Saraceni cita i suoi ideali maestri per poi superarli, tradirli, stravolgerli. Se, ad esempio, la lezione luministica del grande lombardo viene pienamente recepita dal Nostro, quella iconografica viene portata avanti e fatta propria in maniera originale. Uno dei temi più abusati del periodo, ad esempio, la Giuditta con la testa di Oloferne, era stata magnificamente presentata dal Merisi nel 1599 al pari di un horror, nel quale la giovane protagonista, esitante e perplessa come una scream queen, recide il capo del maschio dominatore, istigata da una vecchia e allucinata serva; la Giuditta di Saraceni, della Fondazione Longhi, è invece una fanciulla che gode nell’uccidere l’uomo, guardata con sgomento dalla vecchia serva, allibita più dal suo inquietante compiacimento che dal suo terribile gesto.

Carlo Saraceni, Venere e Marte, Madrid, Carmen Thyssen-Bornemisza Collection

Carlo Saraceni, Venere e Marte, Madrid, Carmen Thyssen-Bornemisza Collection

Grandi pale e piccoli rami, Saraceni spazia con disinvoltura fra temi sacri e mitologici. Nel sensuale e ironico Venere e Marte del Thyssen di Madrid, il dio della guerra viene vinto nell’alcova dalla dea dell’amore, come ben rappresenta quel gesto di supremazia nei confronti dell’elmo marziale da parte di Eros, vincitore in primo piano che si specchia e si addita nello scudo deposto, mentre curiosi amorini giocano tra armi e lenzuola. E poi, a colpire, è la straordinaria capacità di resa materica, quale emerge dalla riproduzione di stoffe e tessuti, come nella stupefacente Madonna di Loreto (Roma, Chiesa di San Bernardo alle Terme), nonché quella fisionomica, quale affiora da alcune grandi pale, come il potente Martirio di san Lamberto (Roma, Pontifico Istituto Teutonico di Santa Maria dell’Anima).
Artista replicato, copiato, preso a modello da pittori italiani e stranieri, come l’allievo lorenese Jean LeClerc, Saraceni gode per la prima volta di una mostra antologica con opere provenienti da collezioni pubbliche e private, alcune delle quali restaurate per l’occasione. Eppure resta ancora un nome poco noto al grande pubblico, a cui meritoriamente questa mostra dal blasonato comitato scientifico si sforza di rivolgersi.

Giulio Brevetti

Roma // fino al 2 marzo 2014
Carlo Saraceni – Un Veneziano tra Roma e l’Europa
a cura di Maria Giulia Aurigemma
Catalogo De Luca
PALAZZO VENEZIA
Via del Plebiscito 118
06 32810
[email protected]
www.carlosaraceni.it

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Giulio Brevetti

Giulio Brevetti

Giulio Brevetti (Napoli, 1980), dottore di ricerca in Storia della Critica d’Arte, si occupa prevalentemente del dibattito storiografico tra Settecento e Ottocento. Ha studiato l’iconografia dei Borbone delle Due Sicilie e di Giuseppe Garibaldi, le tematiche risorgimentali nella pittura meridionale,…

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