Viaggio a Borca di Cadore ai piedi dell’Antelao con il curatore di Dolomiti Contemporanee 

Il territorio è in trasformazione: son partiti i cantieri delle Olimpiadi Invernali Milano-Cortina 2026, e paesaggi attraversati dalle campate dei nuovi ponti slanciati tra i prati e i boschi. Giro d’Italia si ferma a Borca di Cadore

Quando vieni da Sud e dalla Bassa padana muovi verso la montagna veneta, prendi l’A27 a Mestre e la lasci a Pian di Vedoia, poco prima di Longarone. È lì che finisce l’autostrada, è lì che cominci a guadagnare quota.  
Se continui dritto, inerpicando su per la SS 51 di Alemagna, e dal paese di Termine stai già risalendo il Cadore e, se procedi per la vecchia strada Cavallera, trovi Perarolo, dov’è la confluenza di Piave e Boite, e dove Carducci, lieto del fresco regale amor di Margherita, nel 1892 scriveva l’Ode eponima. Se dopo Perarolo pieghi a sinistra, entri nella Valle del Bóite, che ti porta verso Cortina d’Ampezzo e sedici chilometri prima di arrivarci passi da Borca di Cadore, eccoci giunti.  
L’Alemagna è ora in trasformazione: son partiti i cantieri delle Olimpiadi Invernali Milano-Cortina 2026, talpe e pale in azione, attraversi il paesaggio e passi vicino agli scavi e alle campate dei nuovi ponti slanciati tra i prati e i boschi.  
Se cerchi Anatomia e dinamica di un territorio, trovi un progetto che mappa queste trasformazioni.  
Di Borca (945 metri sul livello del mare) si è parlato in questi mesi anche a proposito del Villaggio Olimpico, che a Corte troverebbe una collocazione ideale. Diceva Mattei: “L’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non le vedono”. E per la montagna contemporanea occorre una visione – ch’è un sentimento, eccolo – capace di cogliere le opportunità, usando in modo intelligente la Risorsa, ambientale, culturale.  

Mattia Balsamini, Borca di Cadore, 2016, Courtesy l’autore
Mattia Balsamini, Borca di Cadore, 2016, Courtesy l’autore

Cosa significa “Borca” 

Borca, beborca, vuol dire snodo, biforca. In realtà biforchi se cambi quota e mezzo, altrimenti tiri dritto in auto a Cortina e oltre. Se invece ti fermi, e sei interessato all’attività extraveicolare (esplorazione dello spazio), immerso che sei nelle Dolomiti bellunesi, sei preso tra i monti Pelmo (3.168 m) e Antelao (3.263 m), puoi salirli per le vie Normali o d’arrampicata, a piedi e con le mani, coi ramponi e gli sci.  
Il Pelmo lo vedi arrivando. Il Gruppo ti si staglia lì nell’occhio un poco a Ovest, la Croda da Lago dietro alle Rocchette, col sereno, se ti alzi un poco, scorgi già le Tofane.  
Il Pelmo ha la schiena dritta e accogliente, così è detto il “Caregon del Padreterno”, sedia di Dio. Ci saliamo per le cenge di Ball e di Grohmann, quassù c’è la storia dell’Alpinismo e anche un’altra cosa più recente, detta “Alpinismo Culturale”, se la cerchi la trovi. Si dice che nel carsico ventre del Pelmo stesse un antico oceano, di questa storia trovi traccia nel libro Storie Pallide di R. Giacomini e G. M. Belli (Gaspari 2021) e nel lavoro pittorico La terraformazione di Borca… (2023) di M. Mastropieri. 
Antelao viene da aante-lacuum o ante-loo, acque o lupo, due grandi temi critici di risorsa qui, quello idrico e quello della biodiversità
Borca è lì, proprio sotto alla parete Sud dell’Antelao, agli sfasci del suo Castello sommitale, alla fascia di mughi. 
Là sotto, perfettamente integrato al bosco, trovi l’ex Villaggio Eni di Corte, che occupa due terzi della superficie del Comune, un’altra sorta di castello, non diroccato, ma certo da ri-scalare. 

Il paesaggio oltre Hegel 

Scalare il paesaggio, concediamoci quest’espressione, vuol dire due cose, che qui andrebbero fatte. Scalare è misurare, e misurare equivale a non passare contemplando, perché è un agire. Misurare il valore delle cose e usarle, per una montagna produttiva, che non è una mangiatoia. Scalare è anche arrampicare, evidentemente: seconda accezione operativa. Preferivi dei consigli in Natura? Ma per quelle hai le guide ordinarie, oltre a Hegel. Noi viviamo qui. D’estate devi farti le legne per la stuba, e puoi prendere i bagni nelle polle sorgive della foresta ombrosa, se le trovi. Forse alleverai un cervo, tenendolo selvatico. Qui qualcosa di selvatico per chi è solitario lo trovi ancora: va tenuto. Ma devi addentrarti, penetra nelle cose chi non scorre in superficie, come il traffico. Se Borca è snodo e porta, occorre decidersi a salire, se lo fai le direttrici si moltiplicano, sentieri e vie e viaz, aria sottile, zieli smaltati, crode infocate ai crepuscoli.  

Gianluca D’incà Levis 

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #76

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