Il collezionista “misterioso” che vinse su Uffizi e Getty Museum. Morto a Torino a 93 anni Federico Cerruti: la sua una delle migliori raccolte d’Europa

Sono passati diversi giorni, prima che potessimo scrivere queste poche righe per ricordare quello che qualcuno ha definito “uno dei più grandi collezionisti d’arte in Europa”. E questo testimonia una delle caratteristiche che ne hanno segnato l’esistenza e la passione collezionistica: l’assoluto, infrangibile bisogno di riservatezza, d anonimato, di silenzio attorno a una raccolta che […]

L'Antigrazioso di Umberto Boccioni, collezione Cerruti

Sono passati diversi giorni, prima che potessimo scrivere queste poche righe per ricordare quello che qualcuno ha definito “uno dei più grandi collezionisti d’arte in Europa”. E questo testimonia una delle caratteristiche che ne hanno segnato l’esistenza e la passione collezionistica: l’assoluto, infrangibile bisogno di riservatezza, d anonimato, di silenzio attorno a una raccolta che egli proteggeva come una cattedrale sacra. E ora, per scriverle, ci appoggiamo a quando racconta uno dei pochi che hanno avuto la ventura di conoscerlo, Federico Cerruti, morto a 93 anni in una – ovviamente – imprecisata località nei dintorni di Torino: ovvero Marco Vallora, che ne scrive lungamente oggi su La Stampa.
È da qui che citiamo alcuni aneddoti che forniscono un’idea dell’importanza di una racconta che spaziava senza decise opzioni cronologiche o tematiche per molti secoli. “Gli piaceva accostare un mobile di Piffetti con un Klee premonitore, che anticipava la discesa dell’uomo sulla luna. Medardo Rosso con Dosso Dossi, Tiepolo con Giacometti, codici miniati con le sorelle spettrali di Casorati, Magritte con il giottesco Sano di Pietro”. Un autodidatta, formatosi con studi tecnici utili a condurre l’avanzatissima legatoria di famiglia, che seppe portare ai massimi livelli di avanguardia e aggiornamento.
Dieci ineguagliabili De Chirico metafisici in sala da pranzo”, scrive ancora Vallora. “Ed il suo Sancta Santorum nella camera da letto, in cui non osava dormire, perché a riposare c’erano già il Sassetta, Paolo Veneziano, Simone de’ Crocefissi, il precursore gotico che piaceva a Longhi”. E non mancano aneddoti rivelatori: a partire dal Pontormo che si portò a casa dopo aver vinto una gara nientemeno che con gli Uffizi, una sconfitta che ancora oggi brucia al direttore Antonio Natali. “Quando dal Getty Museum giunse un emissario per acquistare, con un assegno disneyano, il suo prezioso pendant d’opere mitologiche di Batoni, senza spocchia, tassativo, replicò: ‘Va bene, ma quando poi non avrò più i Batoni, che me ne faccio dei soldi?’”.

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Massimo Mattioli
É nato a Todi (Pg). Laureato in Storia dell'Arte Contemporanea all’Università di Perugia, fra il 1993 e il 1994 ha lavorato a Torino come redattore de “Il Giornale dell'Arte”. Nel 2005 ha pubblicato per Silvia Editrice il libro “Rigando dritto. Piero Dorazio scritti 1945-2004”. Ha curato mostre in spazi pubblici e privati, fra cui due edizioni della rassegna internazionale di videoarte Agorazein. È stato membro del comitato curatoriale per il Padiglione Italia della Biennale di Venezia 2011, e consulente per il progetto del Padiglione Italia dedicato agli Istituti Italiani di Cultura nel mondo. Nel 2014 ha curato, assieme a Fabio De Chirico, la mostra Artsiders, presso la Galleria Nazionale dell'Umbria di Perugia. Dal 2011 al 2017 ha fatto parte dello staff di direzione editoriale di Artribune, come caporedattore delle news.