Parigi, Centre Pompidou, settima edizione di un festival che vanta la presenza di nomi come Mike Figgis, Ellen Von Unwerth, Bruce Weber, Christopher Doyle e David Lachapelle. Evento seguitissimo, inventato da Diane Pernet, la blogger più famosa del mondo, colei che per prima ha capito l’importanza della comunicazione video dei brand di moda.
Si è conclusa lo scorso 23 novembre la rassegna, tra proiezioni, concerti, performance e due contest, con una giuria presieduta dallo stilista belga Dries Van Noten e composta da alcuni protagonisti contemporanei di un universo trasversale, legato al cinema, alla moda, all’arte e alla scrittura.
Più di settanta cortometraggi, arrivati da tutto il mondo, hanno rappresentato generi diversi con firme leggendarie e altre di giovani talenti. A fare da special guest c’era un personaggio come Milo Manara, che ha raccontato il suo rapporto con il cinema di Fellini, Almodovar e Jodorowsky.
Dries Van Noten, intanto, ha approfittato per mostrare le immagini delle sue ispirazioni, materiale su cui si é basata la bellissima mostra realizzata al Museo delle Arti Decorative di Parigi e dedicata alla sua ricerca. Emozionante il finale, con la proiezione del film “La danza de la realidad” di Alejandro Jodorowksy, fermatosi a conversare dinanzi a un pubblico rapito dal suo fascino di psicomago. Accanto a lui i figli e la compagna Pascal Montadon, autrice dei costumi geniali del film.

Il premio di Best Advertising – secondo solo a quello di Best Film, andato a Jumper di Justin Anderson, per Jonathan Saunders – lo ha vinto Brando De Sica con L’Errore, per il brand Catherinelle, 7 minuti di horror in bianco e nero. Felice, anzi felicissimo, il regista ha ritirato il premio in ritardo, ringraziando chi ha saputo leggere nell’opera uno stile italiano vincente, frutto di un dna di tutto rispetto e di una capacità di interpretare anche le regole del mondo fashion secondo le proprie caratteristiche.
Una specie di neoneorealismo in chiave fashion, verrebbe da dire. E sembra perfetto anche il titolo, perché un film horror sembra quasi un “errore”, in un mondo che celebra lusso e bellezza. Una storia vera di spostamenti da paesi poveri a paesi ricchi, di incomprensioni e di violenza familiare, per raccontare la bellezza di una borsa Catherinelle: ottimo lavoro, per un gruppo di giovani professionisti che fa sperare nella presenza della creatività italiana in un nuovo filone – quello dei fashion film – con grandi prospettive.
– Clara Tosi Pamphili