Sky Arte updates: il Tutankhamon cinese alla conquista di Roma. Il corredo funebre di Li Cang in mostra a Palazzo Venezia

Facendo leva sulla più mistica delle suggestioni si può quasi asserire che abbiano fatto di tutto per farsi trovare. Mandando il magico e inquietante segnale di un fuoco fatuo, lasciando che la chimica accendesse la curiosità in forma di effimeri segnali luminosi. È attraverso questa traccia che gli abitanti della regione dello Hunan, nella Cina […]

Facendo leva sulla più mistica delle suggestioni si può quasi asserire che abbiano fatto di tutto per farsi trovare. Mandando il magico e inquietante segnale di un fuoco fatuo, lasciando che la chimica accendesse la curiosità in forma di effimeri segnali luminosi. È attraverso questa traccia che gli abitanti della regione dello Hunan, nella Cina sud-occidentale hanno cominciato a scavare, portando alla luce la straordinaria necropoli reale di Mawangdui. A quarant’anni esatti da quella straordinaria scoperta, determinante per scrivere l’evoluzione della società cinese nei secoli a cavallo dell’Anno Zero, gli eccezionali reperti delle tre tombe nobiliari rinvenute arrivano a Roma. Per una mostra che, a Palazzo Venezia, illustra il fascino di una civiltà antica e misteriosa.
Tre le sepolture scavate dagli archeologi, altrettanti i corredi funebri di nobili signori della dinastia Han – al potere tra il III secolo a.C. e il III d.C. – venuti alla luce: un totale di circa tremila pezzi tra tessuti, suppellettili, gioielli e monili. Saggi di una incredibile qualità nel campo della glittica e dell’oreficeria; reperti conservati in uno stato pressoché perfetto, a smentire il fluire del tempo e consegnare testimonianze preziose di una cultura raffinata ed elegante.
Gli antichi lo chiamavano il Paese della seta e della ceramica, segno della sua riconosciuta natura di regione nobile e ricca: è da quello che fu l’antico Stato di Changsha che arrivano i circa ottanta reperti oggi in mostra a Roma, nel legame ideale tra il potente regno orientale e la capitale del più grande impero che l’Occidente antico abbia mai conosciuto. Un binomio che, sulle ali della suggestione, si fa presto triangolo, nel paragone tra i tesori di Mawangdui e quelli del più incredibile corredo funebre rinvenuto tra le sabbie d’Egitto. È stata accostata, per ricchezza e rilevanza storica, a quella di Tutankhamon: è la tomba di Li Cang, marchese di Dai morto nel 186 a.C., figura immersa in un lusso sfrenato. A lui appartenevano gli abiti in seta, miracolosamente preservati quasi fossero stati tessuti in questi giorni, trovati dagli archeologi; a lui i gioielli di giada e gli importantissimi testi che hanno permesso di scoprire molto delle conoscenze che, nella Cina arcaica, si avevano nel campo della medicina e della scienza.

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