Milano aperta per ferie con Murakami: videointervista all’artista, alla sua prima mostra in uno spazio pubblico italiano. E al suo primo film

A dare il senso politico di un’iniziativa del genere è, in sede di presentazione, chi di mestiere fa tutt’altro: Francesco Bonami, al tavolo degli oratori in veste di curatore ma decisamente più ficcante di assessori e dirigenti di settore nel dare il senso dell’intera operazione. “Perché un evento del genere in agosto? Perché abbiamo imparato […]

A dare il senso politico di un’iniziativa del genere è, in sede di presentazione, chi di mestiere fa tutt’altro: Francesco Bonami, al tavolo degli oratori in veste di curatore ma decisamente più ficcante di assessori e dirigenti di settore nel dare il senso dell’intera operazione. “Perché un evento del genere in agosto? Perché abbiamo imparato che Milano ormai non si svuota più, e perché una città che tra poco ospita Expo deve dimostrare di essere viva e attrattiva dodici mesi l’anno”. Chiaro e inappuntabile Bonami nel raccontare perché arrivi proprio oggi la prima mostra personale in uno spazio pubblico italiano di Takashi Murakami, a occupare uno slot del calendario tradizionalmente riservato ad appuntamenti meno appetibili.
Milano non ha paura dell’effetto ferie e sfida questa folle estate novembrina, segnata da piogge e temperature alpine, con quello che è stato definito l’Andy Warhol nipponico: portando in una location di fascino come la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale una raccolta di opere recentissime. Nascono sull’onda lunga del dramma di Fukushima i tre enormi Arhat che nella commistione tra riferimenti pop ed elementi propri della tradizione iconografica buddista funzionano come catarsi risolutiva, rito di espiazione e insieme preghiera di clemenza nei confronti dell’assoluto; a loro si accompagna l’ironica serie di autoritratti che reimposta i parametri della riflessione sul ruolo dell’artista, sul suo collocamento nel cuore della società. Il tutto, non a caso, nel luogo dove Picasso volle esporre Guernica, con un rimando dichiarato tra l’orrore di ieri e quello di oggi.

È dunque, nel suo modo assurdo e surreale, arte sacra quella proposta da Murakami a Milano. Dove, dulcis in fundo, va in scena giovedì 24 luglio alle 20 l’anteprima italiana di Jellyfish Eye, esordio dell’artista nel campo della settima arte. Appuntamento al Cinema Apollo, con ingresso gratuito fino ad esaurimento posti, per una pellicola che – ancora una volta – esorcizza nel gioco e nella levità i fantasmi nati dal rapporto distrofico tra uomo e ambiente.

– Francesco Sala

 

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Francesco Sala

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