Gli artisti? Orgogliosi, bizzosi, invidiosi, egocentrici fino ad essere egotici. Ma soprattutto gelosi delle proprie prerogative, dello status conquistato – a torto o a ragione – sul campo: stretti ai loro spazi, ai loro giri, alle loro gallerie, ai loro collezionisti; restii alla condivisione, vuoi mai che qualcuno sorpassi a destra, finendo per fare provviste nell’orticello così accuratamente e minuziosamente coltivato. Un luogo comune, riscontrabile in scala diversa a più livelli, che rende per contrasto ancora più meritevoli le piacevoli eccezioni. Non viene in tasca nulla ai Masbedo e Luca Bradamante dal progetto Areavideo, ai nastri di partenza a Milano il prossimo 20 febbraio. Anzi. È presumibile che, in attesa l’avventura si stabilizzi e impari a camminare da sola, questa si riveli addirittura anti-economica. Ma è già ammantata dell’aura di un successo preventivo l’associazione culturale fresca di fondazione, che mette a disposizione la vetrina lasciata orfana dall’atelier di un vecchio orologiaio: trasformando il piccolo laboratorio in uno spazio espositivo libero, indipendente, fieramente underground. Un nuovo punto da segnare sulla mappa del contemporaneo a Milano, al civico 6 di via Gentilino. Poche decine di metri da dove sorgeva fino a pochi mesi fa Spazio Forma, ancora meno dallo studio che il duo di videoartisti ha eletto da qualche tempo a questa parte a nuova casa. Cos’è Areavideo? Una piattaforma che invita videoartisti giovani e meno giovani a condividere un loro lavoro, acceso dal tramonto a mezzanotte, lasciato scorrere in vetrina. Offerto alla città. Ma è anche punto di incontro, occasione per ritrovarsi e parlare; ed è, ancora di più, collettore di risorse pratiche e finanziarie. Attraverso un sistema di membership, che prevede per i soci più generosi il riconoscimento in forma di multipli in edizione limitata, Areavideo si propone di aiutare i giovani artisti nella creazione dei loro primi lavori: sia trasformandosi in casa di produzione a tutti gli effetti sia facendosi interlocutore nella ricerca di fondi, nella risposta a bandi di concorso, nell’organizzazione di festival ed eventi ad hoc.
Ad aprire le danze è mirror (pink) di Esther Mathis: un minuscolo specchio lasciato emergere dalle acque del Mar Morto riflette la luce del sole, documentando attraverso le variazioni di intensità e angolazione lo scorrere fluido del tempo. Con struggente eleganza.
– Francesco Sala