I segreti di Sant’Ambrogio alla portata di tutti: apre al pubblico, dopo 900 anni, il rinnovato archivio capitolare della basilica milanese. E tra messali rinascimentali e bolle papali spunta anche la prima ricetta della mitica cotoletta…

All’epoca la chiamavano lumbolos cum panicio. E se tanto ci da tanto la traduzione, per quanto agile e banale, parla di una fettina di vitello con panatura. Ovvero della leggendaria e intramontabile cotoletta alla milanese. Censita la prima volta in una carta del 1148, mai così lontana dall’idea di ricettario: trattasi di una delle tante, […]

All’epoca la chiamavano lumbolos cum panicio. E se tanto ci da tanto la traduzione, per quanto agile e banale, parla di una fettina di vitello con panatura. Ovvero della leggendaria e intramontabile cotoletta alla milanese. Censita la prima volta in una carta del 1148, mai così lontana dall’idea di ricettario: trattasi di una delle tante, solenni e intramontabili dispute tra i monaci e i canonici di Sant’Ambrogio; divisi su molto, divisi su tutto, persino su quel pranzo che buona norma voleva essere offerto ai secondi nei giorni di festa, e che per non lasciare niente al caso – o all’insoluto – è stato puntigliosamente annotato, piatto per piatto, portata per portata. Appunti minuscoli che fanno la storia del costume, offerti per la prima volta dopo novecento anni al pubblico più ampio e trasversale. Prima di oggi l’archivio capitolare della basilica milanese restava spazio riservato a storici e studenti, oggi apre a chiunque, ogni giovedì pomeriggio (previo appuntamento, si intende). Un mare di informazioni, con i pezzi più antichi che risalgono al IX secolo, per un totale di milleduecento pergamene e più di cinquanta codici, tra cui il Messale dell’Incoronazione di Gian Galeazzo Visconti, pezzo che ha fatto la storia della miniatura.
La collezione si appropria di un nuovo spazio, disegnato da Michela Spinola e Giovanni Antonelli Dudan nei due locali messi a disposizione sopra il Chiostro del Bramante: da un lato una sala conferenze, destinata ad accogliere incontri e giornate di studi; dall’altro l’archivio vero e proprio, con bianchi armadi minimal che svecchiano l’immagine polverosa propria di luoghi i questo tipo, rompendo le pareti con inserti vetrati che gettano lo sguardo sui codici. Che assumono così anche il ruolo di elemento decorativo.

– Francesco Sala


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