Sei quadri autentici in cambio di un Klein (forse) falso: accusato di truffa e tentata estorsione il gallerista che avrebbe tentato di raggirare un collezionista nei giorni di PaviArt, prima edizione della fiera d’arte di Pavia

È all’estrema, ultima e infima periferia del sistema dell’arte. E si affaccia per la prima volta, con tutta la timidezza del caso, sul panorama delle fiere: con un evento, va da sé, che non viene annoverato nelle agende degli operatori del settore come uno tra i più imperdibili in Italia. Da qui a pensare che […]

È all’estrema, ultima e infima periferia del sistema dell’arte. E si affaccia per la prima volta, con tutta la timidezza del caso, sul panorama delle fiere: con un evento, va da sé, che non viene annoverato nelle agende degli operatori del settore come uno tra i più imperdibili in Italia. Da qui a pensare che il suo panorama non offra altro che sprovveduti provincialotti da spennare senza ritegno, però, ce ne passa. E così il gallerista milanese che avrebbe provato a buggerare il gonzo di turno se ne è tornato a casa con un’accusa per truffa e tentata estorsione. La partita si è risolta solo nelle ultime ore, ma i fatti risalgono la mese di aprile: quando va in scena la prima edizione di PaviArt, fiera d’arte che porta al Palazzo delle Esposizioni di Pavia un tot di gallerie per lo più locali. Il livello non è di quelli da strapparsi i capelli, ma qualche buon pezzo non manca. Come l’opera attribuita ad Yves Klein, prezzo stimato sui 120mila euro, che un collezionista pavese adocchia nello stand di quello che le cronache annoverano come professionista serio e rigoroso. L’accordo non si trova su base economica, ma attraverso una permuta che vede passare nelle mani del gallerista sei diversi pezzi firmati Arman, Salvo, Giulio Turcato, Roberto Crippa, Gerard Schneider e Valerio Adami. La buona fede dell’acquirente, unita alla garanzia di quel nome che sembra essere sinonimo di affidabilità, fanno chiudere un occhio sul ritardo nella presentazione del certificato di autenticità del Klein. Il ritardo insospettisce il cliente, che chiede il parere professionale di un altro gallerista, quest’ultimo convinto di avere per le mani un falso. Il venditore si difende, citando il pedigree di un’opera che dichiara provenire da una celebre collezione privata napoletana, studiata e apprezzata anche da Pierre Restany. Si tenta di mediare, considerato che la trattativa contempla anche altre opere, ma la quadra non si trova: anzi. Prima il mancato accordo sulla cifra su cui impostare la vendita delle altre opere, poi il ritardo nella riconsegna di due quadri del collezionista spingono quest’ultimo a rivolgersi alle forze dell’ordine, che sequestrano il pezzo incriminato. In attesa che le opportune e decisive perizie sbroglino la matassa.

– Francesco Sala

 

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