Da San Siro a zona Tortona il passo è breve: un diabolico Balotelli rimpolpa la galleria pop dei calciatori ritratti da Flavio Lucchini. Ma per l’eccentrico attaccante milanista non si tratta della prima volta su una tela…
C’è chi la colleziona: su tutti Billy Costacurta (De Dominicis, Schnabel e nomi vari della Transavanguardia); ma anche Marco Borriello e Cesare Prandelli. C’è chi la vende o prova a farlo, come Jonathan Zebina: sfortunata la sua avventura di gallerista in zona Brera. E infine c’è chi, più o meno consapevolmente, dell’arte contemporanea finisce per […]
C’è chi la colleziona: su tutti Billy Costacurta (De Dominicis, Schnabel e nomi vari della Transavanguardia); ma anche Marco Borriello e Cesare Prandelli. C’è chi la vende o prova a farlo, come Jonathan Zebina: sfortunata la sua avventura di gallerista in zona Brera. E infine c’è chi, più o meno consapevolmente, dell’arte contemporanea finisce per essere soggetto. Capita a Mario Balotelli, fresco di rientro a Milano – sponda rossonera. Croce e delizia del pallone nostrano, che con l’irruenza tipica di un personaggio noto per la disciplina certo non irreprensibile, ha avuto il merito assoluto di sbattere in faccia all’opinione pubblica che anche l’Italia, benché in ritardo, deve rendersi conto di essere multi-etnica. La portata epocale che, volenti o nolenti, il personaggio pubblico Balotelli ha avuto nella nostra società, sembra tangere solo di striscio l’ultima produzione di Flavio Lucchini (Curtatone, 1928), eminenza grigia della grafica italiana in tema di moda – siamo in zona Vogue e dintorni – che all’UnderGallery della milanese via Tortona presenta l’ultimo capitolo della saga Golead’Or. Dopo la photoshoppata di Gattuso marmorizzato sul busto del David di Michelangelo, e dopo l’angelico volto di Pato incorniciato da alucce degne di un putto manierista, tocca appunto – e si pesca sempre in casa Milan – a Balotelli: il fotogramma, ormai storico, in cui gonfia i pettorali dopo aver purgato con una doppietta la Germania nella semifinale dell’ultimo Europeo, viene opportunamente dotato di ali spettrali, fomentando il luogo comune del campione diabolico. Ben più sregolatezza, che genio. Il messaggio è sciapo, la resa estetica valutatela voi: ma Balotelli, oggi, è Re Mida, pertanto qualsiasi cosa lo riguardi balza immediatamente agli onori della cronaca. Amen. Più smart era stato, un paio di anni fa, il giovane Paolo D’Alessandro, che in occasione del 150esimo anniversario dell’Unità aveva presentato la sua Giovine Italia: ritratti di protagonisti della sua generazione, in pose e livree ottocentesche, mimetizzati nella galleria che ai Musei Civici di Pavia infila in serie gli eroi del Risorgimento. Tra garibaldini, cospiratori e padri della patria, ecco dunque Renzo Bossi, Tiziano Ferro e – immancabile – il nostro Balotelli. Ne è passato di tempo (ottant’anni giusti giusti) dalla Partita di calcio esposta da Carlo Carrà alla Quadriennale di Roma; più recente l’interesse per il pallone da parte di Renato Guttuso: che comincia a lavorare sul tema a metà Anni Sessanta, arrivando nell’82 a celebrare la vittoria del Mundial con Ritmi di calciatori. Da allora l’attenzione dell’artista è progressivamente scemata dal gioco in sé, a vario titolo metafora della vita, finendo per focalizzare la figura mediatica di uno sportivo sempre meno tale e sempre più manager di se stesso. Attento venditore di un corpo che finisce per essere simulacro di promozione commerciale. Kehinde Wiley, giovane ritrattista newyorkese specializzato in tematiche afro, si era cimentato per conto della Puma con le effigi del camerunense Eto’o, del ghanese Mensah e dell’ivoriano Eboué: forte operazione di marketing arrivata a ridosso del Mondiale 2010, il primo mai organizzato nel continente africano; da brava star dello show-biz, David Beckham non è potuto non rientrare nel patinato e untuoso radar di David LaChapelle. Si passa poi dal Maradona dell’argentino Frank’O al celeberrimo Colpo di testa con cui, all’ingresso del Centre Pompidou, Abdel Abdessemed ha fissato in forma plastica la craniata di Zidane ai danni di Materazzi.
– Francesco Sala
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