L’erba di Lucio Fontana. A Torino

Galleria di Arte Moderna, Torino – fino al 4 ottobre 2015. Nella Wunderkammer della GAM, una piccola mostra di opere grafiche, teatrini e il grande Concetto Spaziale del 1952, appena restaurato. Ed è l’occasione per riflettere sull’eredità di Fontana e su come la vogliamo raccogliere.

NASCE LA SCULTURA ORIZZONTALE
Era il 1952 e Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé, 1899 – Comabbio, 1968) prese un disco metallico, come sbarcato sulla terra da chissà quale lunare altrove. Pensò di farne una scultura: non più volumetrica, ma piatta. Una scultura che però conservasse la capacità interattiva con la luce di Forme Uniche della Continuità nello Spazio e delle sue stesse prime ballerine dorate.
La tagliò, e la bucò, con una gestualità degna di Pollock e che oggi possiamo visualizzare ancora grazie agli scatti di Ugo Mulas: le diede un altro altrove di cui diventare messaggera. Ma questa soglia, invece che ergersi in verticale – come in tutta la tradizione occidentale di porte, finestre ecc. –, si stendeva in orizzontale. Una scultura piatta, orizzontale, che schiude altrove ctoni, di cui porta ancora le tracce nelle sue superfici non levigate, nelle costellazioni di affondi di punteruolo attorno ai suoi buchi e ai suoi tagli, come fossero tracce di collisioni con sciami di meteoriti.

QUANDO IL CONCETTO SPAZIALE ERA UN FIORE
Nell’interazione con l’ambiente circostante – quasi fosse un’opera di Land Art ante litteram – questo oggetto-non-identificato si faceva a sua volta bucare dai verdi fallici fili d’erba che passavano attraverso i suoi buchi, come a simboleggiare la vita che, attraverso la compenetrazione, si produce poi dal nero ignoto di quella che Courbet chiamava l’Origine du monde.
Nello schiudersi alla vita, queste lastre di metallo si aprono su piani diversi come petali irregolari, colorandosi di un giallo degno del miglior Rothko, e diventando Il Fiore: così, con questo titolo lirico e organico, doveva chiamarsi questo capolavoro assoluto, poi ribattezzato Concetto Spaziale, progettato appositamente per la GAM e poi rimosso dai suoi giardini per esigenze conservative, restaurato e restituito al pubblico in occasione di questa mostra.

Lucio Fontana, Concetto Spaziale, 1950

Lucio Fontana, Concetto Spaziale, 1950

PROPOSTA ALLESTITIVA
Sarebbe stato bello vedere raccontata questa storia, magari anche riportando per qualche tempo l’opera nei giardini. E invece, i pur sacrosanti limiti conservativi, in combinazione con una musealizzazione talvolta eccessiva, hanno spostato l’opera al piano interrato della GAM.
Ora giace – R.I.P. – su asettici pavimenti in marmo. Alle pareti una serie di disegni di Concetti Spaziali e due Teatrini danno un senso del flusso inesausto della ricerca espressiva di Fontana. Mettere alle pareti qualche foto d’archivio con Il Fiore nei suoi prati, e qualche testo, avrebbe invece potuto illustrare la perfezione artistica del bisturi concettuale di Fontana.
Non è andata così, ma si può comunque scendere al piano -1 e sostare davanti a questo Concetto-Fiore, finché non riusciamo a immaginarlo nei Campi Elisi da cui realmente proviene.

Giulio Dalvit

Torino // fino al 4 ottobre 2015 (prorogata)
Lucio Fontana – Concetti spaziali
a cura di Danilo Eccher
GAM – GALLERIA DI ARTE MODERNA
via Magenta 31
011 4429518
[email protected]
www.gamtorino.it

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/43881/lucio-fontana-concetti-spaziali/

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Giulio Dalvit

Giulio Dalvit

Nato nel 1991 a Milano, ha studiato Lettere e si è laureato in Storia dell’arte moderna alla Statale di Milano. Ha collaborato anche con alcuni artisti alla realizzazione di mostre milanesi tra Palazzo Reale, il Museo del 900 e Palazzo…

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