
“Il più grande pittore figurativo vivente” e “può rivaleggiare con Raffaello e Michelangelo”, dichiara Goldin all’inaugurazione della mostra dedicata ad Antonio López García (Tomelloso, 1936; vive a Madrid). Se le parole del curatore paiono un tantino iperboliche, la scoperta diretta delle opere esposte a Palazzo Chiericati – altri discorsi si potrebbero fare sull’inserimento di alcuni lavori di López García nella mostra Tutankhamon Caravaggio Van Gogh – riserva gradevoli sorprese e, pur nel ridimensionamento dei termini, fin dalla prima occhiata rivela l’alta qualità di una ricerca coerente e dagli esiti indubbiamente interessanti, tanto più se collocati nel contesto spagnolo a partire dalla metà del Novecento.
Già dagli Anni Cinquanta e soprattutto nel decennio successivo, López García partecipa a Madrid a gruppi e mostre che propongono una reazione alla pittura informale e astratta, in contrapposizione a un’Europa che vedeva in quest’ultima proprio l’espressione della modernità: tra bassorilievi dipinti, sculture e grandi tele, l’opera di García da allora in poi attingerà sempre all’interno della cerchia degli affetti, dei luoghi in cui abita e delle strade che percorre.
Tra dettagli iper-realistici, visi scomposti e un’atmosfera silenziosa, gli ambienti domestici sono spogli e inquadrano i soggetti con sfondi neutri, segnati da scarsi particolari e che evidenziano e fanno risaltare i soggetti principali, siano essi un frigorifero aperto che esibisce il suo contenuto quotidiano o le persone, o ancora bagni e locali abbandonati e sporchi. López García dedica gran parte del suo lavoro anche al ritratto e al doppio ritratto, tanto caro alle raffigurazioni antiche di arte funeraria in particolare pompeiane, che il pittore ben conosce e che gli forniscono un modello dichiarato dal quale trarre suggestioni. Non manca la componente surrealista e onirica che gli consente l’introduzione nei dipinti di episodi apparentemente inspiegabili: due figure che passeggiano chiacchierando sospese nel cielo, per esempio.

Compaiono poi le vedute di Madrid: dall’alto, con quadri di grandi dimensioni i cui margini spesso sfumano nell’indefinito, nel non finito – tratto caratteristico di tutta la ricerca dello spagnolo –, o da un unico punto di osservazione, frequentato per giorni, settimane, addirittura anni, in un processo di lunghissima gestazione finalizzato a cogliere l’esattezza della visione, la ricostruzione della luce e dell’atmosfera di quel singolo punto urbano. “Ho bisogno dell’architettura, del suolo, dei muri; tutto deve essere disadorno”, dichiara lo stesso López García.
Dai disegni invece trapela con forza una fisicità esibita, un realismo dei corpi di uomini e donne che si incontrano, per amore o per un semplice sguardo, o si confrontano. Ed è dal disegno che scaturisce la scultura – l’uno e l’altra esposti in mostra a completamento del percorso –, protagonista della sua ricerca degli ultimi vent’anni.
Marta Santacatterina
Vicenza // fino all’8 marzo 2015
Antonio López García – Il silenzio della realtà. La realtà del silenzio
a cura di Marco Goldin
PALAZZO CHIERICATI
Piazza Matteotti 37
0444 222811
[email protected]
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http://www.artribune.com/dettaglio/evento/41604/antonio-lopez-garcia-il-silenzio-della-realta/