Nell’era dell’ (anelito all’) autenticità che stiamo vivendo, un curatore bravo e avveduto che intenda parlare del presente può anche scegliere di riesaminare una nozione reputata di segno opposto rispetto ai tempi che corrono, qual è quella di “barocco”. Succede con Deftig Barock, in cui Bice Curiger formula in chiave curatoriale un’ipotesi di controdiscorso critico, opponendo all’idea canonica di un barocco dell’opulenza, dell’artificioso e dello scintillante, quella di un barocco della vitalità “reale” – crudo, schietto e carnoso, antitetico quindi al cosiddetto “neo-barocco” di tenore glam e neo-pop.
Deftig Barock è la mostra sull’arte contemporanea che sarebbe piaciuta a Pier Paolo Pasolini. Il Seicento terrigno delle salsicce fumanti e delle allegorie sanguinolente viene affiancato – in rapporto 1:1 – alla ricerca dei Ryan Trecartin, degli Juergen Teller e delle Dana Schutz, cioè a dire ai migliori rappresentanti attualmente in circolazione di un’arte che non lesina di frequentare il fremente, il grottesco, il carnale. In Deftig Barock non hanno cittadinanza i teschi ingioiellati, ma le zampe di maiale grondanti grasso; non le alcove luccicanti, ma i letti affollati e sfatti; non i sorrisi affettati e smaglianti, ma i corpi e i visi – e i sorrisi – di dei, umani e animali sfigurati dalla vita, e dal volto “vivo” della morte che in essa si palesa.
Il vedo doppio che costituisce il plot della mostra si avvale della differenziazione del colore della parete di fondo (bianco per il contemporaneo; beige, per l’aggiunta di una rete a filo su fondo giallo, per i dipinti antichi). Nella sala centrale, un’opera “intrusa” assume valenza di ready made storico-artistico, in un passaggio che ripropone il dispositivo dell’ultima Biennale, ma al contrario – con Urs Fischer tra gli Zurbarán e i Faustino Bocchi, nel ruolo che toccò, tra i contemporanei, a Tintoretto.
Deftig Barock è un’esperienza ragguardevole proprio per il suo straniante equilibrio. Il colpo da ko è la sottile striscia di colore giallo vivido, che fa da margine tra una zona e l’altra, e nel contempo formalizza il concetto di terra di nessuno inaccessibile al didattismo pedante, di cui la mostra costituisce un’apologia.
Deftig Barock andrà a breve al Guggenheim di Bilbao. Ci si chiede se non sia il caso di consentirle un passaggio anche in uno dei nostri musei, e a maggior ragione perché la produzione artistica italiana attuale risulta particolarmente carente proprio nella direzione espressiva in essa esplorata.
Pericle Guaglianone
Zurigo // fino al 2 settembre 2012
Deftig Barock. Tributi al precariamente vitale. Da Cattelan a Zurbarán
a cura di Bice Curiger
KUNSTHAUS ZÜRICH
Heimplatz 1
www.kunsthaus.ch
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