Design a tempo

Il design, abituato a relazionarsi sempre e solo con unità spaziali, si cimenta con le misure temporali. E cerca di dar forma e materia a ciò che è ineffabile per natura: il tempo. Con “O’Clock”, il Triennale Design Museum di Milano cerca di dare un corpo al tempo. Fino all’Epifania.

O’Clock. Time design, design time - veduta della mostra presso la Triennale, Milano 2011 - photo Fabrizio Marchesi

Ogni oggetto contiene al suo interno numerose informazioni, fra le quali il tempo della sua realizzazione, le mani che l’hanno costruito e plasmato. L’orologio è lo strumento per eccellenza che scandisce e regola il carattere indeterminato della durata, della memoria e dell’evoluzione. Alla stregua di un giudice severo, l’orologio segna, anche dal punto di vista sonoro con il suo ticchettio, lo scorrere di ore e minuti, e di emozioni individuali.
Il Triennale Design Museum insieme alle Officine Panerai affida alla designer Patricia Urquiola il compito di allestire e radunare all’interno di un percorso, spaziale e temporale, le più disparate interpretazioni degli oggetti che scandiscono il tempo.
I progetti, in gran parte orologi di artisti e designer, non mostrano solo la vena creativa degli autori, ma anche del loro tempo. Il design diventa il mezzo attraverso il quale stabilire un intenso dialogo tra la quotidianità e l’assoluto, che concretizza oggetti funzionali che sono allo stesso tempo opere d’arte. Il tempo è motivo guida e stimolo essenziale e, paradossalmente, seguendo il percorso si perde quasi la cognizione del tempo. Una forte scansione della durata è tuttavia data dalle tre sezioni della mostra: misura, viaggio e rappresentazione.

Damien Hirst - Beautiful Fractional Sunflower Panerai Painting - 2011 - photo Prudence Cuming Associates

Per Misurare il tempo c’è il macabro Cuckoo Clock, un uccello dalle ali distese con un orologio digitale al centro, un cucù volante (Michael Sans); e l’orologio olfattivo composto da candele profumate che si accendono a catena (Scented time di Sovrappensiero design studio); una scultura cinetica con le doppie lancette per Oblique clock, con forme sempre mutevoli (Tristan Zimmermann); il calendario di maglia che si disfa via via con Gregor, lasciando tracce perenni di quanto è trascorso, filo della memoria del tempo (Patrick Frey).
L’immaginazione spazia nella sezione Viaggiare nel tempo, ed è indovinata la selezione del non-spartito di John Cage, 4’33’’; intanto da un armadio fuoriesce la sabbia che, accumulata a cono, ricorda che non si può ricominciare, girare la clessidra e riprendere il tempo consumato (Senza titolo di Carlo Bach).

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Studio Sovrappensiero - Scented Time - 2008 - photo Emanuele Zamponi

Ma come Rappresentare il tempo? Con un simbolo dell’infinito fatto da tessere del gioco Domino che continuano a cadere e risollevarsi (Albin Karlsson) o con una catena di perline colorate su una ruota, lasciando scivolare ore e minuti (The Sasa Clock di Thorunn Arnadottir), o ancora con le tante lancette di trecento orologi che, segnando orari del tutto diversi, arrivano a comporre – per opera di Nadine Grenier, O’Clock – due volte al giorno la frase “Le temps passe, et chaque fois qu’il y a du temps passé, il y a quelque chose qui s’efface”.

Valeria Ottolenghi

Milano // fino all’8 gennaio 2012
O’Clock. Time design, design time
a cura di Silvana Annicchiarico e Jan van Rossem
Catalogo Electa
TRIENNALE DESIGN MUSEUM
Viale Alemagna 6
02 72434208

info@triennale.org
www.triennale.org


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Valeria Ottolenghi
Studiosa e critico teatrale (numerose le pubblicazioni, saggi e articoli di riviste, regolari alcune collaborazioni), è membro del Direttivo ANCT, Associazione Nazionale dei Critici di Teatro, Responsabile delle Relazioni Esterne. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti, ha lavorato per la scuola e l’Università, docente SSIS, insegnante per diversi anni di Pedagogia e Psicologia presso la Facoltà di Medicina di Parma, responsabile di corsi di critica teatrale per Associazioni (es: la Corte Ospitale), Fondazioni (es: Venezia) e Università (es: Parma). E‘ membro di importanti giurie nazionali per il teatro (Ubu, Anct, Premio Garrone, Casa Cervi, Ermo Colle...). Appassionata d’arte (fotografia in particolare) e letteratura, riesce a cogliere le connessioni, spesso nascoste, segrete, tra i linguaggi della contemporaneità. Critico teatrale della Gazzetta di Parma, scrive volentieri anche per “Il grande Fiume”, “I teatri delle diversità” (riviste ancora in cartaceo!) e naturalmente, rivista web, per Artribune.