
Ogni oggetto contiene al suo interno numerose informazioni, fra le quali il tempo della sua realizzazione, le mani che l’hanno costruito e plasmato. L’orologio è lo strumento per eccellenza che scandisce e regola il carattere indeterminato della durata, della memoria e dell’evoluzione. Alla stregua di un giudice severo, l’orologio segna, anche dal punto di vista sonoro con il suo ticchettio, lo scorrere di ore e minuti, e di emozioni individuali.
Il Triennale Design Museum insieme alle Officine Panerai affida alla designer Patricia Urquiola il compito di allestire e radunare all’interno di un percorso, spaziale e temporale, le più disparate interpretazioni degli oggetti che scandiscono il tempo.
I progetti, in gran parte orologi di artisti e designer, non mostrano solo la vena creativa degli autori, ma anche del loro tempo. Il design diventa il mezzo attraverso il quale stabilire un intenso dialogo tra la quotidianità e l’assoluto, che concretizza oggetti funzionali che sono allo stesso tempo opere d’arte. Il tempo è motivo guida e stimolo essenziale e, paradossalmente, seguendo il percorso si perde quasi la cognizione del tempo. Una forte scansione della durata è tuttavia data dalle tre sezioni della mostra: misura, viaggio e rappresentazione.

Per Misurare il tempo c’è il macabro Cuckoo Clock, un uccello dalle ali distese con un orologio digitale al centro, un cucù volante (Michael Sans); e l’orologio olfattivo composto da candele profumate che si accendono a catena (Scented time di Sovrappensiero design studio); una scultura cinetica con le doppie lancette per Oblique clock, con forme sempre mutevoli (Tristan Zimmermann); il calendario di maglia che si disfa via via con Gregor, lasciando tracce perenni di quanto è trascorso, filo della memoria del tempo (Patrick Frey).
L’immaginazione spazia nella sezione Viaggiare nel tempo, ed è indovinata la selezione del non-spartito di John Cage, 4’33’’; intanto da un armadio fuoriesce la sabbia che, accumulata a cono, ricorda che non si può ricominciare, girare la clessidra e riprendere il tempo consumato (Senza titolo di Carlo Bach).

Ma come Rappresentare il tempo? Con un simbolo dell’infinito fatto da tessere del gioco Domino che continuano a cadere e risollevarsi (Albin Karlsson) o con una catena di perline colorate su una ruota, lasciando scivolare ore e minuti (The Sasa Clock di Thorunn Arnadottir), o ancora con le tante lancette di trecento orologi che, segnando orari del tutto diversi, arrivano a comporre – per opera di Nadine Grenier, O’Clock – due volte al giorno la frase “Le temps passe, et chaque fois qu’il y a du temps passé, il y a quelque chose qui s’efface”.
Valeria Ottolenghi
Milano // fino all’8 gennaio 2012
O’Clock. Time design, design time
a cura di Silvana Annicchiarico e Jan van Rossem
Catalogo Electa
TRIENNALE DESIGN MUSEUM
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