Come si celebra una grande artista? Da un grande collezionista

Una retrospettiva di notevole impatto celebra l’opera di Louise Bourgeois a un anno dalla morte. Accade nella magnifica Fondazione Beyeler di Basilea. Per vederla c’è tempo fino all’8 gennaio del prossimo anno.

Louise Bourgeois - Maman - 1999 - veduta esterna della Fondazione Beyeler, Riehen 2011 - coll. The Easton Foundation - courtesy Hauser & Wirth e Cheim & Read

Nella prima sala della collezione Beyeler, in genere dedicata ai quadri di Cézanne, si nota una presenza discretamente intrusa: una colonna grigio scura sta in mezzo al passaggio, di fronte a un paesaggio di Cézanne. Si tratta di Memling Down, lavoro creato da Louise Bourgeois (Parigi, 1911 – New York, 2010) nel 1951.
L’opera appare integrata rispetto agli altri quadri, con i quali peraltro non sembra avere particolari relazioni stilistiche. Restando però qualche momento a confronto con essa, ci si accorge che la metrica della colonna di parallelepipedi sovrapposti richiama fortemente la scala che campeggia nel sottobosco di Cézanne. Non è quindi vero che non ci siano relazioni fra le due opere, ma si tratta di relazioni tra alcune e altre forme presenti all’interno di esse, e la distanza tra i due lavori rafforza l’impatto esercitato da questo segmento di unione formale. Lo stesso succede con il rosso del raso di Untitled, del 2000, e il vestito rosso di Madame Cézanne nell’omonimo quadro, ma anche con la relazione che intercettiamo tra la sensorialità dei tessuti utilizzati nel lavoro di Louise Bourgeois e il modo in cui Cézanne tratta i colori dei tessuti del vestito e del divano.

Louise Bourgeois - photo Jeremy Pollard

Siamo alla Fondazione Beyeler e questo è lo stile delle esposizioni di quell’istituzione, che cerca sempre, nel proporre un soggetto, di dare un tocco di riconoscibilità. E spesso tale tocco consiste in assonanze ed eufonie formali.
Louise Bourgeois condivide dunque con la collezione basilese gli spazi e una serie di temi che talvolta rilanciano proiezioni nuove anche sulle opere della collezione stessa: nella sala in cui viene proposta Quarantania (1947-53) abbiamo le grandi Ninfee di Claude Monet, ma anche il quadro con i Baigneurs di Cézanne, e siamo invitati a indugiare sui temi cromatici e sulle loro variazioni all’interno delle opere anche della collezione.
La mostra si arricchisce poi di due proposte autonome, al piano inferiore: la lunga serie di disegni prodotti durante l’insonnia e accumulati senza alcuna selezione; l’immenso insieme di gabbie che imprigionano la vita.

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Vito Calabretta

Basilea // fino all’8 gennaio 2012
Louise Bourgeois – À l’infini
www.fondationbeyeler.ch


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Vito Calabretta
Sono nato in un paese di ottocento abitanti in provincia di Catanzaro, cresciuto a Ventimiglia e ho avuto una prima formazione scolastica a Mentone, in Costa Azzurra, dove ho frequentato anche il Conservatorio Municipale. Mi sono trasferito a Milano per iscrivermi a un corso universitario di Discipline Economiche e Sociali, mi ci sono laureato, ho vinto dopo anni di tentativi un dottorato di ricerca in storia della società europea. Mi è stato impedito di discutere la tesi di dottorato con l'accusa di non voler «fare lo storico, ma il Carlo Ginzburg, il Derridà, 'naltro po' il Rolanbàrt». Ne ho preso atto; nel frattempo avevo iniziato a frequentare i Seminari in Antropologia dei Poteri della École Française di Roma, avevo iniziato a collaborare con Il Manifesto e con L'Unità, a scrivere in versi e a lavorare sull'arte. Già da allora, in ogni caso, avevo iniziato a occuparmi delle stesse attività: affrontare realtà, cercare di capire qualcosa, raccontarlo. Spero di riuscire a continuare ancora.