Dieci anni e uno stile cha ha spaccato il sistema moda tra chi ne ha fatto un culto e chi l’ha guardato con diffidenza. Ora è ufficiale: Demna Gvasalia lascia la direzione creativa di Balenciaga per assumere il timone di Gucci. Un passaggio di testimone che segna la fine di un’epoca per la maison fondata da monsieur Cristóbal Balenciaga e apre un nuovo scenario per il brand di Kering. Già nelle ultime settimane Balenciaga ha ripercorso, sul profilo Instagram del marchio, le location e le campagne pubblicitarie più memorabili della maison sotto la direzione creativa di Demna, ma a suggellare questo addio sono stati due gli atti simbolici: la mostra Balenciaga by Demna e l’ultima collezione couture presentata a Parigi.

L’addio di Demna a Balenciaga
La mostra, curata dallo stesso Demna e tenutasi dal 26 giugno al 9 luglio presso il quartier generale di Kering a Parigi, ha rappresentato un autoritratto concettuale del designer. 101 items che, tra capi e oggetti appartenenti alle sue collezioni, hanno raccontato una decade di moda vissuta come ricerca continua di identità, rottura e reinvenzione. Invece, a chiudere il cerchio, la collezione Haute Couture n.53, presentata nel salone storico della maison: un manifesto estetico che raccoglie l’approccio di Demna, tra omaggi al passato e riflessioni sull’identità.

L’ultima sfilata di Demna per Balenciaga
La presentazione della collezione Couture n.53 segna la chiusura simbolica dell’era di Demna da Balenciaga, un decennio attraversato da sperimentazioni radicali e riletture della tradizione. In quest’ultimo atto, l’ispirazione ruota attorno all’idea di borghesia parigina come archetipo da destrutturare e reimmaginare. Il tailoring femminile è costruito su solide basi, come le proporzioni esasperate, i tagli scultorei e i colli monumentali, rievocando linee storiche ma portandole verso nuove forme. Le silhouette citano la couture classica, ma con un approccio quasi architettonico: un cappotto imbottito senza cuciture laterali e un trench leggerissimo di appena 29 grammi ne sono esempi lampanti. Accanto a questi, forme gotiche, volumi che ricordano la scultura, abiti decostruiti e un’estetica sospesa tra realtà e finzione visiva. Il segmento maschile reinterpreta anch’esso il tailoring grazie alla collaborazione con atelier napoletani, creando capi costruiti su manichini dalle proporzioni esagerate, ma poi indossati da corpi di taglie differenti. Il contrasto tra volume e corpo produce un effetto visivo straniante, sottolineando il potere trasformativo degll’abito.

Uno sguardo a Cristóbal Balenciaga
Il gioco tra apparenza e materiale è centrale nella collezione. Molti capi sono costruiti con tecniche che ingannano la percezione: un pantalone che sembra velluto è in realtà interamente ricamato con centinaia di chilometri di filo; un piumino tecnico è tagliato in un unico pezzo senza cuciture. Le superfici mimano tessuti come denim, suede o pelle, ma sono realizzate con lavorazioni sofisticate su materiali alternativi. La couture si fonde con il quotidiano anche nell’immaginario: le silhouette degli abiti da sera evocano dive hollywoodiane e un cappotto in piume rievoca il glamour delle origini della maison. L’aspetto emotivo emerge in dettagli come l’abito a fiori ispirato a una tovaglia della nonna di Demna, un gesto affettivo che chiude in chiave personale un percorso creativo fortemente autobiografico.

L’ultimo look della sfilata Couture di Demna
Gli accessori completano il discorso con scarpe scolpite a mano, borse prive di logo ma personalizzate con nomi reali e spille floreali ottenute da tessuti riciclati, in collaborazione con artigiani e artisti come Maison Lemarié e William Amor. La sfilata si chiude con un abito ricamato interamente in pizzo, indossato da Eliza Douglas, mentre una colonna sonora composta da voci del team interno accompagna il finale, trasformando il defilé in un atto corale e commemorativo.
Erika del Prete
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati