Designer emergenti e nuovi materiali. La Dutch Design Week ospita Isola Design District

Il più giovane dei distretti della settimana del design milanese - esiste dal 2017 - ha partecipato con una sua mostra alla design week di Eindhoven nei Paesi Bassi, imperdibile per tutto ciò riguarda il design speculativo, sociale e di ricerca. A bocce ferme, abbiamo fatto il punto con uno dei fondatori del distretto

Con i suoi 450 eventi spalmati su 120 location di Eindhoven e il coinvolgimento di più di duemila designer, la Dutch Design Week che si è appena conclusa si è confermata un punto di riferimento per il design speculativo e sperimentale con un orientamento chiaro verso le pratiche piuttosto che verso l’oggetto. Decisamente più piccola della sua omologa milanese, certo, ma imperdibile per chiunque segua da vicino temi come la sostenibilità, i nuovi materiali o l’economia circolare. Il titolo dell’edizione 2019 – “If not now, the when?” (Se non ora, quando?) – ha raccolto come un ampio cappello il graduati show della Design Academy, sempre molto atteso e ricco di spunti, mostre dedicate alle nuove tecnologie viste come ausilio per rendere le nostre vite meno consumatrici di risorse o sulla presentazione di prodotti realizzati a partire da sottoprodotti agricoli e dagli scarti di lavorazione dell’industria e progetti più eccentrici ma sempre riconducibili a un’idea di responsabilità sociale.

Isola Design District © Oscar Vinck - courtesy Dutch Design Week

Isola Design District © Oscar Vinck – courtesy Dutch Design Week

SCUOLE DI LONDRA ALLA DESIGN WEEK OLANDESE

Il Royal College of Art di Londra, per esempio, ha presentato Red Mud, una mostra che ha visto quattro designer alle prese con un residuo che l’industria mondiale genera al ritmo di 150 milioni di tonnellate l’anno, la bauxite, e con la sua trasformazione in materia prima con cui realizzare oggetti per la tavola ed elementi strutturali per l’edilizia (nel titolo, “red” sta per il colore rosso dato dall’ossido di ferro ma anche per “residue enabled design”, progettazione resa possibile dagli scarti). In Rethinking Plastic. Design with a mission (all’Yksi Expo), 25 progetti di designer internazionali, per lo più giovani, hanno proposto altrettante alternative bio-sourced alla plastica. Al MU, un interessante esperimento transmediale dal titolo The Object is Absent. Optimistic manifesto for less material design (assimilabile per certi versi ai balletti creati da Oskar Schlemmer al Bauhaus e curato da Alexandre Humbert, Tom Loois, Lucas Maassen e Angelique Spanink) ha usato l’allontanamento dall’oggetto e dagli eccessi dell’industria del design come pretesto per mettere al centro il corpo e l’aspetto performativo, garanzia di uno stile di vita più etico senza sprechi né disuguaglianze.

Isola Design District © Oscar Vinck - courtesy Dutch Design Week

Isola Design District © Oscar Vinck – courtesy Dutch Design Week

LA PRESENZA DI ISOLA

L’allineamento su questi temi e la sensibilità comune sono stati il motore della partecipazione di uno dei distretti della design week di Milano, quello di Isola, che ha allestito una mostra con 35 designer alla galleria Pennings Foundation. Unlimited Design – Dutch Edition, oltre ad essere la prima esperienza “in trasferta” di un distretto milanese, è stato il primo mattone di un progetto che nelle intenzioni degli organizzatori dovrebbe diventare itinerante. Per noi italiani, è anche l’occasione per vedere in anteprima alcuni lavori di designer emergenti che saranno presentati a Milano il prossimo aprile. Abbiamo fatto il punto sull’esposizione e sulle sue estensioni future con Gabriele Cavallaro, cofondatore dello studio Blank e project manager di Isola Design District.

Isola Design District © Oscar Vinck - nuovo materiale di Pietro Petrillo. Courtesy Dutch Design Week

Isola Design District © Oscar Vinck – nuovo materiale di Pietro Petrillo. Courtesy Dutch Design Week

Come è nata l’idea di portare l’Isola a Eindhoven?

Siamo stati alla design week lo scorso anno come visitatori e ci è piaciuta molto, ci è sembrata in linea con quello che facciamo cioè lavorare con studenti e designer emergenti. Abbiamo contattato noi la Design Foundation, poi abbiamo preparato la nostra esposizione coinvolgendo una base di designer con cui abbiamo già lavorato e altri nuovi che presenteremo al prossimo Fuorisalone. Ci piacerebbe creare una piattaforma da declinare in vari modi e portare in giro per il mondo, per esempio a Dubai. 

Mi racconti Unlimited Design e un paio di progetti di giovani designer da tenere d’occhio (e che vedremo a Milano solo ad aprile 2020)?

La mostra è impostata su quattro temi principali: innovazione, sostenibilità, nuovi materiali e artigianato. Abbiamo ragazzi di talento che arrivano da diversi paesi del mondo, ma ti faccio tre nomi. F Square Studio, dalla Corea del Sud, lavora soprattutto su forme minimal. Jake Williamson, dall’Australia, ha fatto una ricerca sulla carta di risulta e ha creato un nuovo materiale con il quale ha realizzato delle lampade molto belle. Anche l’italiano Pietro Petrillo ha creato un suo nuovo materiale, assolutamente sostenibile e simile al sughero, a partire dai gusci della frutta secca. Questo materiale è stato usato anche da altri designer, secondo me è uno dei progetti più interessanti e sarà senz’altro all’Isola ad aprile. 

Com’è stato esporre su questa piazza?

Fantastico. Per noi si è rivelato il luogo ideale dove esporre, paradossalmente anche meglio di Milano dove la scena è dominata dai grandi marchi e dove i progetti più speculativi fanno fatica a emergere. L’unica cosa che a mio avviso manca un po’ è l’apertura all’esterno, visto che la maggior parte dei progetti vengono dall’Europa centrale: Olanda, Belgio, Germania… 

Siete riusciti ad andare un po’ in giro? Che cosa vi è piaciuto?

Abbiamo visto il graduation show della Design Academy che come ogni anno è spettacolare. Ci è piaciuta anche l’installazione immersiva ospitata da un’amica gallerista, Stilled Life di Rive Roshan (alla Galerie KRL, n.d.r), uno studio di design sperimentale che lavora soprattutto con Mooi. L’effetto è molto poetico. Mi è piaciuta molto anche la mostra di Berlin Design Farm sull’innovazione tecnologica applicata al design, un ambito che secondo me è molto interessante e che viene affrontato raramente in Italia. In generale, su tutto ciò che non è prodotto ci siamo un po’ seduti sugli allori.

– Giulia Marani

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Giulia Marani

Giulia Marani

Giornalista pubblicista, vive a Milano. Scrive per riviste italiane e straniere e si occupa della promozione di progetti editoriali e culturali. Dopo la laurea in Comunicazione alla Statale di Milano si specializza in editoria a Paris X-Nanterre. La passione per…

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