Plastic Field. Venezia rende omaggio a Memphis

A Venezia, una mostra celebra i “campi di plastica” e la verve iconoclasta del collettivo di designer Memphis, nato negli Anni Ottanta nelle sale di un palazzo del Quattrocento. Focus su un movimento la cui estetica influenza ancora oggi moda e design.

Sono passati quasi quarant’anni da quando, nel dicembre del 1980, un gruppo di designer si riunì nell’appartamento milanese di Ettore Sottsass e fondò un collettivo destinato ad avere un impatto dirompente sulla creatività italiana e internazionale. La radio trasmetteva Stuck Inside of Mobile With The Memphis Blues Again di Bob Dylan, da qui il nome del gruppo: Memphis.

GLI ESORDI

La prima collezione fu presentata l’autunno successivo durante i giorni del Salone del Mobile, che allora si teneva a settembre, e conquistò il pubblico con la sua vena ludica e provocatoria, una ventata d’aria fresca dopo decenni di adesione più o meno unanime ai codici del razionalismo. Tra le novità c’erano un uso innovativo del colore e del decoro, che tornavano alla ribalta e diventavano elementi essenziali del progetto, e l’uso di materiali all’epoca inusuali nell’arredamento come il laminato plastico, oltre che di texture ispirate alla graniglia dei pavimenti pubblici o a forme di vita microscopiche (come nel caso del pattern Bacterio, disegnato dallo stesso Sottsass).

Memphis. Plastic Field. Exhibition view at Fondazione Berengo Palazzo Franchetti, Venezia 2018. Photo credit Karolina Sobel. Courtesy Fondazione Berengo

Memphis. Plastic Field. Exhibition view at Fondazione Berengo Palazzo Franchetti, Venezia 2018. Photo credit Karolina Sobel. Courtesy Fondazione Berengo

NUOVA VITA PER MEMPHIS

Mai dimenticata, l’esperienza di Memphis è tornata sula scena in maniera prepotente negli ultimi anni, in concomitanza con il centenario della nascita di Sottsass, con numerose iniziative celebrative, riedizioni ed edizioni ex-novo di prodotti disegnati all’epoca ma mai messi in produzione. La capsule collection proposta da Kartell nel 2015, ad esempio, comprendeva, oltre a una serie di imbottiti riproposti in motivi firmati da Sottsass e Nathalie Du Pasquier, due sgabelli e un vaso del tutto inediti.
Intanto, nuovi mobili e complementi vedono la luce sotto l’etichetta Memphis – due membri storici del collettivo, Du Pasquier e l’inglese George Sowden, sono tornati a lavorare insieme e proprio quest’anno hanno presentato una collezione di arredi, ceramiche, tappeti e disegni – e la sua estetica continua a influenzare moda e design.

LA MOSTRA

In pieno “rinascimento Memphis” e durante la Biennale di Architettura, la Fondazione Berengo di Venezia dedica un omaggio al movimento con una mostra curata da Jean Blanchaert e Adriano Berengo. Ospitata nelle lussuose sale dal quattrocentesco Palazzo Franchetti, sede della Fondazione e luogo molto diverso dall’interno borghese al quale erano destinate le creazioni di Memphis, la retrospettiva dal titolo Memphis – Plastic Field copre tutto il periodo di attività del collettivo, dal 1981 al 1987, con un allestimento che riplasma la pianta del palazzo attraverso la struttura geometrica della celeberrima libreria Carlton di Sottsass.

Memphis. Plastic Field. Carlton. Exhibition view at Fondazione Berengo Palazzo Franchetti, Venezia 2018. Photo credit Francesco Allegretto

Memphis. Plastic Field. Carlton. Exhibition view at Fondazione Berengo Palazzo Franchetti, Venezia 2018. Photo credit Francesco Allegretto

I lavori di Zanini, De Lucchi, Bedin, Cibic, Kuramata, Mendini, Cibic, Thun, Umeda, Sowden, Branzi, Du Pasquier e altri, oltre a quelli dello stesso Sottsass, arredano le antiche stanze come se si trattasse di una vera abitazione mentre alcuni angoli a tema mettono in evidenza particolari filoni della loro produzione. L’uso del vetro, per esempio, materiale che a Venezia è di casa e al quale Sottsass e alcuni dei suoi accoliti (ricordiamo il vaso Alpha Centauri di Marco Zanini) dedicarono molto tempo studiando un’originale sintesi tra tecniche artigianali e gusto postmoderno.
Non mancano le icone assolute, dalla poltrona Bel Air di Peter Shire alla lampada a rotelle Super di Martine Bedin, passando per i mobili Casablanca di Sottsass e D’Antibes di Sowden. Un omaggio più emozionale che rigoroso alla rivoluzione estetica che ha inaugurato il decennio eccessivo e sfavillante degli Anni Ottanta e sdoganato la forma come superfluo necessario.

– Giulia Marani

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Giulia Marani

Giulia Marani

Giornalista pubblicista, vive a Milano. Scrive per riviste italiane e straniere e si occupa della promozione di progetti editoriali e culturali. Dopo la laurea in Comunicazione alla Statale di Milano si specializza in editoria a Paris X-Nanterre. La passione per…

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