Cent’anni sul pianeta Sottsass. A Milano

Triennale, Milano ‒ fino all’11 marzo 2018. La Galleria dell’Architettura celebra i cento anni dalla nascita del vulcanico designer. La mostra “There is a Planet” prende avvio da un progetto fotografico, suddiviso in cinque sezioni e mai realizzato, negli Anni Novanta. La rassegna include non solo il mondo di Ettore Sottsass fermato dall’obiettivo, ma anche le sue derive, le espansioni, le interpretazioni e le icone intuitive riportate nel pianeta design.

Il centenario di Ettore Sottsass (Innsbruck, 1917 – Milano, 2007) non passerà. O, perlomeno, non passerà inosservato. Fra i numerosissimi omaggi, saranno tre le principali mostre da visitare, facendo ben attenzione ai necessari déjà vu. Tre esposizioni dislocate in altrettanti angoli della terra, tre vedute su un caleidoscopio di visioni.
A New York, al Met Breuer, ha già inaugurato Ettore Sottsass. Design Radical, una rivisitazione e, anche, una rivalutazione della carriera del designer, analizzata in chiave mediale, attraverso architettura, disegni, interior, arredi, macchine, ceramiche, gioielli, dipinti, tessuti e fotografie. La mostra presenta un ottimo grado di comparazione tra il lavoro di Sottsass e alcuni oggetti contemporanei, influenzati dalle sue pratiche precorritrici. Un dialogo che ha messo in luce quali siano state le intuizioni che lo hanno reso, e che lo rendono ancora oggi, un’icona di paragone, riposizionata all’interno di un discorso più ampio sul ruolo del design italiano.
Ad Amsterdam, allo Stedelijk Museum, ad aprile 2018, inaugurerà la prima retrospettiva olandese dedicata al designer e critico italiano, a seguito non solo dell’acquisizione di un corpus di lavori degli Anni Sessanta, ma anche del monumentale Cabinet n. 70 (2006) e del gigantesco Superbox (1966). Un’ottantina di pietre miliari che ripercorreranno in maniera cronologica il percorso tra Modernismo e Funzionalismo, valorizzando le influenze apprese da altre culture, il grado di sperimentazione con materiali e forme, l’umanesimo e infine la dilagante sagacia dei suoi lavori.

Ettore Sottsass. There is a Planet. Exhibition view at Triennale Design Museum, Milano 2017

Ettore Sottsass. There is a Planet. Exhibition view at Triennale Design Museum, Milano 2017

L’OMAGGIO DI MILANO

A Milano, proprio nel giorno del centesimo centenario dalla nascita di Ettore Sottsass, e a dieci anni dalla scomparsa, la Triennale, con la curatela di Barbara Radice, dedica allo sguardo caotico e ordinatore del pupillo – per autodefinizione ‒ del pittore sloveno Spazzapan, un percorso dal titolo There is a Planet. A piano terra, l’esposizione comincia con una teca che chiama a raccolta alcuni tra i cento piatti dedicati a Shiva (Offerta a Shiva, 1964), un suggerimento, in modo molto primitivo, dell’idea del cosmo e dei suoi ritmi e stagioni come unico ambiente reale, proprio perché non è misurabile né prevedibile, né controllabile né conoscibile (Esperienza con la ceramica, 1970). I lunghi corridoi a seguire compongono fitte pareti espositive, che ortogonalmente accompagnano i visitatori all’interno di nove sezioni, nove stanze raggruppate secondo le suggestioni di titoli tratti da appunti e scritti di Sottsass.
Si procede in ordine cronologico: da Per qualcuno può essere lo spazio (fino al 1955 circa), a Il disegno magico (Anni Cinquanta e Sessanta), a Memorie di panna montata (Anni Sessanta), a Il disegno politico (Anni Settanta) per poi arrivare a Vorrei sapere perché… (fino al 2007).

Ettore Sottsass. There is a Planet. Exhibition view at Triennale Design Museum, Milano 2017

Ettore Sottsass. There is a Planet. Exhibition view at Triennale Design Museum, Milano 2017

TEMI E FRAMMENTI

I titoli si collegano direttamente ad altrettanti titoli di scritti, nomi di oggetti o titoli di opere individuati come assi tematici intorno ai quali organizzare la molteplicità dei lavori di Sottsass. Ma There si a Planet si presenta, prima di tutto, come una gigantografia prismatica della terra, vista attraverso le lenti di un conoscitore continuo.
Da Le Ragazze di Antibes degli Anni Sessanta a Houses have an inside, la frammentazione riproduttiva accompagna lo spettatore non solo tra arredi, materiali, forme, pattern e accostamenti, ma amplifica la sua iniziale portata, attraverso la realizzazione tridimensionale di un progetto inedito. Un omaggio, quello milanese dunque, che prende spunto da un libro mai nato, negli Anni Novanta, e mai realizzato. Un volume che origina, genera e si auto-include in una mostra reale, affollatissima, talvolta sentimentale (come quando seleziona alcune Metafore 1972–1974), un cammino che dimentica il progetto del Mart di Rovereto del 2005 (Sottsass. Progetti 1946-2005) e anche l’ultima lezione appresa, con Ettore in vita, al Salone degli Incanti dell’ex Pescheria, a Trieste, nel 2007 (per l’appunto Vorrei sapere perché).

Ginevra Bria

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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