Il Centre Pompidou sarà chiuso per tantissimi anni: ecco cosa ci aspetta nel 2030 dopo i lavori

Il Centre Pompidou avvia l’ambizioso progetto di riqualificazione annunciato negli scorsi mesi. Un restyling che durerà cinque anni e darà vita al Centre Pompidou 2030: più sostenibile, accessibile e interattivo

Cinquant’anni dopo la sua inaugurazione, il Centre Pompidou si prepara a vivere una trasformazione senza precedenti. Firmato nel 1977 dagli architetti Renzo Piano e Richard Rogers, il Beaubourg – come viene chiamato dai parigini – ha appena chiuso (come annunciato negli scorsi mesi) per riaprire nel 2030. Cinque anni di cantiere per una ristrutturazione integrale che punta non solo a rispondere alle esigenze tecniche ed ecologiche del nostro tempo, ma anche a riconnettere l’edificio con la sua utopia originaria: essere uno spazio vivo, fluido, democratico, in costante dialogo con la società. Per salutare simbolicamente il pubblico, il museo ha scelto di congedarsi con la grande retrospettiva Wolfgang Tillmans: Nothing could have prepared us – Everything could have prepared us. Una mostra imponente, la più vasta mai dedicata all’artista tedesco, che ha trasformato oltre 6.000 metri quadrati attraverso immagini, video e installazioni in un flusso visivo intenso e quasi meditativo.

Una ristrutturazione da 460 milioni di euro

Con un costo stimato di 460 milioni di euro, il restauro del Centre Pompidou rappresenta uno dei più importanti interventi pubblici su un’istituzione culturale europea del XXI Secolo. Finanziato in parte dallo Stato francese con 280 milioni e per la restante parte da fondi privati (di cui 100 milioni già raccolti), il progetto riflette la volontà politica e culturale di preservare e rilanciare un’icona che, nonostante le iniziali critiche, è ormai riconosciuta a livello mondiale. Non a caso il Centre Pompidou è destinato a ricevere nel 2026 la classificazione ufficiale di Monumento Storico: un riconoscimento raro per un edificio così recente e ancor più significativo considerando che uno dei suoi progettisti, Renzo Piano, è ancora in vita. Questo status speciale implicherà in futuro un’attenzione ancora maggiore nella conservazione della sua struttura originale, contribuendo a consolidarne il valore simbolico e architettonico all’interno del patrimonio nazionale francese. 

L’addio temporaneo al Pompidou segna un nuovo inizio

Il progetto, ribattezzato è stato affidato allo studio franco-giapponese Moreau Kusunoki, tra le altre cose vincitori del progetto per il Guggenheim di Helsinki e sviluppatori del grande polo museale Powerhouse Parramatta a Sydney, in collaborazione con l’architetta messicana Frida Escobedo e i progettisti di AIA Life Designers. Il restyling, sostenuto dal Ministero della Cultura francese, si presenta come una sfida epocale: intervenire su una delle architetture più inconfondibili del XX Secolo senza snaturarne l’identità. 

L’intervento tecnico e culturale sul Centre Pompidou

L’intervento sarà tanto tecnico quanto culturale. Sul piano tecnico, l’obiettivo è adeguare l’edificio agli standard contemporanei in termini di sicurezza, sostenibilità ambientale e accessibilità: dalla rimozione dell’amianto alla sostituzione delle facciate danneggiate, dalla riduzione dei consumi energetici all’abbattimento delle barriere architettoniche. Ma è soprattutto la dimensione culturale e relazionale a definire il cuore pulsante della trasformazione. In linea con lo spirito originario voluto da Georges Pompidou — quello di un centro multidisciplinare — il progetto punta a ripensare profondamente l’esperienza dei visitatori e il dialogo dell’edificio con la città. Gli spazi interni saranno riorganizzati, eliminando i percorsi confusi e restituendo trasparenza visiva tra le varie sezioni. Le aree iconiche del museo — dalla piazza antistante all’Atelier Brancusi, dal Forum all’Agorà, fino alla Biblioteca Pubblica d’Informazione e alle gallerie espositive — verranno completamente rinnovate per diventare ambienti polifunzionali e intergenerazionali. Un progetto che mira non solo a conservare un patrimonio architettonico, ma a rilanciare il Centre Pompidou come organismo urbano vivo, in sintonia con le nuove pratiche sociali e culturali del XXI Secolo.

Il Centre Pompidou e un’architettura che parla al futuro

La metamorfosi del Centre Pompidou non sarà una semplice ristrutturazione, ma un esercizio di ascolto. Fin dalla fase concorsuale, il progetto è fondato sulla partecipazione attiva degli utenti: visitatori, artisti, ricercatori e personale hanno contribuito a ridefinire funzioni e spazi, in un processo di co-progettazione inedito per un’istituzione culturale di questa scala. I quattro principi guida del nuovo progetto — porosità fisiche e visive, chiarezza dei percorsi, attivazione e riqualificazione degli spazi e dialogo con l’esistente — sono pensati per rigenerare un’architettura diventata simbolo e al contempo, mantenere intatta l’audacia originaria. Il nuovo Pompidou sarà più aperto e accessibile: una vera “città nella città”, in dialogo con il tessuto urbano di Beaubourg. Il rooftop diventerà un punto panoramico pubblico, mentre le nuove configurazioni degli interni offriranno esperienze immersive e trasversali. L’obiettivo non è solo migliorare la fruizione, ma riconnettersi con l’utopia sociale degli Anni Settanta: un centro vivo, multidisciplinare, in continua evoluzione. Appuntamento al 2030, per la rinascita di uno dei luoghi più emblematici dell’arte e dell’architettura del nostro tempo.

Gaia Rotili

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