Il Pritzker Prize 2024 va all’architetto giapponese Riken Yamamoto

Ancora una volta il Giappone trionfa al premio internazionale più ambito nel campo dell’architettura. Dopo Arata Isozaki nel 2019 ora è la volta di Riken Yamamoto 

È ancora una volta il Giappone a trionfare al Pritzker Prize. Ad appena cinque anni di distanza dall’attribuzione al compianto Arata Isozaki, la più alta onorificenza internazionale in ambito architettonico raggiunge di nuovo il paese dell’Estremo Oriente: classe 1945, l’architetto giapponese Riken Yamamoto è infatti il 53° vincitore del Pritzker Architecture Prize. Prosegue nel segno di un progettista per molti versi “fuori dal coro”, artefice di un’architettura che “sfuma i confini tra la dimensione pubblica e quella privata, moltiplicando le opportunità di incontro tra le persone, attraverso strategie progettuali precise e razionali” come evidenzia la motivazione, il percorso di successo dell’architettura giapponese contemporanea sulla scena globale. Con Yamamoto, che sarà premiato a Chicago e terrà la sua Laureate Lecture all’Illinois Institute of Technology il prossimo 16 maggio, salgono a quota nove i Pritzker Prize attribuiti agli architetti giapponesi: dopo la vittoria del maestro Kenzo Tange, premiato nel 1987, negli anni Novanta abbiamo assistito alla consacrazione di Fumihiko Maki (1993) e Tadao Ando (1995). A seguire, gli anni Dieci del nuovo secolo sono stati caratterizzati da un’eccezionale (e chissà se ripetibile) successione: Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa (2010), Toyo Ito (2013), Shigeru Ban (2014) e, appunto, Arata Isozaki (2019). Eppure, nonostante la “familiarità” del Giappone con questo riconoscimento, nonostante l’influenza e l’autorevolezza dei suoi progettisti, la scelta di Riken Yamamoto coglie di sorpresa.

Pritzker Architecture Prize 2024. Chi è Riken Yamamoto 

Nato a Pechino nel 1945 e trasferitosi nella città giapponese di Yokohama nel secondo dopoguerra, Riken Yamamoto si è formato alla Nihon University, laureandosi nel 1968. Figlio di un ingegnere (scomparso quando aveva cinque anni) e di una farmacista, si è successivamente specializzato alla Tokyo University of the Arts, dove ha conseguito il Master of Arts in Architecture nel 1971. Due anni più tardi ha fondato il suo studio, Riken Yamamoto & Field Shop, del quale è ancora oggi al timone. A differenza di alcuni dei suoi connazionali già insigniti del Pritzker Prize, nel corso di cinque decenni di attività professionale ha operato quasi esclusivamente nel quadrante orientale. Eccezion fatta per The Circle Convention Center di Zurigo – multiforme polo per l’ospitalità, la congressista, gli eventi e il commercio a ridosso dell’aeroporto della città svizzera –, gli edifici di Yamamoto si concentrano infatti tra Giappone, Cina e Repubblica di Corea. Sono residenze private (come l’“opera prima”, la Yamakawa Villa di Nagano, datata 1977, con la sua terrazza-copertura lignea coraggiosamente immersa in un bosco e scandita da piccoli volumi chiusi), complessi di edilizia popolare, strutture scolastiche, poli universitari, sedi istituzionali, caserme, musei. Sarebbe tuttavia un errore associare al profilo del progettista a un’idea di stanzialità in quest’area del mondo. In particolare, a inizio carriera, Yamamoto ha infatti viaggiato intensamente; a motivarlo il condivisibile obiettivo di “vivere in prima persona la cultura e la vita quotidiana delle comunità di altri continenti. Dal Nord al Sud America, attraverso il Mediterraneo il Medio Oriente l’Asia, Yamamoto ha indagato le radici e la storia della vita comunitaria”, ricorda nel suo testo la commissione del Pritzker Prize, ancora una volta presieduta dal cileno Alejandro Aravena. Ed è proprio tenendo a mente la necessità di tutti esseri umani, a qualsiasi latitudine, di misurarsi con la dimensione collettiva e conviviale che ha progressivamente sviluppato e perfezionato il suo linguaggio. 

Riken Yamamoto, Pangyo Housing. Photo courtesy of Nam Goongsun. Courtesy of The Pritzker Architecture Prize
Riken Yamamoto, Pangyo Housing. Photo courtesy of Nam Goongsun. Courtesy of The Pritzker Architecture Prize

La storia e i progetti dell’architetto giapponese Riken Yamamoto

Per lui un edificio ha una funzione pubblica anche quando è privato. Riken Yamamoto non è uno storico dell’architettura, ma impara dal passato così come dalle diverse culture. Come architetto non copia dal passato, ma adatta, riutilizza ed evolve”, evidenziano i giurati in uno dei passaggi chiave della motivazione. Tra i progetti esemplari citati rientra una delle sedi universitarie da lui disegnate. Composta da nove edifici, tra loro connessi da un sistema di percorsi, terrazze, spazi verdi e cortili, la Saitama Prefectural University (1999) è “concepita come una comunità”. In questo caso, l’architetto “suggerisce piuttosto che imporre la dimensione condivisa attraverso un linguaggio sobrio”: di fatto incentiva l’interazione fra gli utenti e la connessione visiva tra gli spazi per la formazione e la formazione ricorrendo a volumi trasparenti e sfocando il confine fisico tra gli ambienti destinati alle funzioni collettive, come l’auditorium, la biblioteca, la palestra e la mensa. “Per me, riconoscere lo spazio, significa riconoscere un’intera comunità“, afferma lo stesso Yamamoto, sottolineando che “l’attuale approccio architettonico enfatizza la privacy, negando la necessità delle relazioni sociali”.

Riken Yamamoto, Nagoya Zokei University. Photo courtesy of Shinkenchiku Sha. Courtesy of The Pritzker Architecture Prize
Riken Yamamoto, Nagoya Zokei University. Photo courtesy of Shinkenchiku Sha. Courtesy of The Pritzker Architecture Prize

La trasparenza: elemento essenziale nell’architettura di Riken Yamamoto

Ribaltare tale status quo, secondo la sua visione, è sempre possibile. Sia quando si affronta la questione abitativa – lo testimonia “l’impostazione open” del complesso per famiglie a basso reddito Pangyo Housing (2010), situato a circa un’ora e mezza di macchina dal centro di Seoul, nella città di Seongnam – sia dinanzi a interventi che devono rispondere a un programma funzionale predefinito e rigido. È il caso della stazione dei vigili del fuoco di Hiroshima (2000), in cui raggiunge probabilmente l’apice la sua volontà di associare il concetto di trasparenza a quello di accessibilità e piena comprensione degli spazi. Cosa si fa tutto il giorno e di notte all’interno di una caserma? Cosa avviene all’interno di questa tipologia di strutture? Ebbene, se fossimo a Hiroshima potremmo capirlo in autonomia, attraverso la semplice osservazione diretta. Facciata, pareti interne e persino porzioni di solai in questo edificio sono realizzati in vetro: il risultato è un manufatto quasi prezioso, in cui le attività quotidiane dei vigili del fuoco sono sotto gli occhi di tutti, in qualsiasi momento. Una scelta che rafforza il legame di fiducia tra la comunità e i dipendenti pubblici, oltre ad assolvere a una finalità “educativa”: così facendo, si contribuisce a tenere sempre alto il livello di attenzione sull’importanza della prevenzione e sui rischi che si corrono, specie quando si vive in un arcipelago regolarmente scosso da violente calamità naturali. E, proprio quella che ha segnato in maniera drammatica e irreversibile la storia recente del Giappone, ha inciso nella carriera di Yamamoto. 

Riken Yamamoto, Tianjin Library. Photo courtesy of Nacasa & Partners. Courtesy of The Pritzker Architecture Prize
Riken Yamamoto, Tianjin Library. Photo courtesy of Nacasa & Partners. Courtesy of The Pritzker Architecture Prize

Riken Yamamoto e il disastro naturale del 2011

In seguito al terremoto e allo tsunami avvenuti l’11 marzo di 13 anni fa, il vincitore del Pritzker Architecture Prize 2024 ha fondato la Local Area Republic Labo, un istituto che si occupa di attività comunitarie attraverso la progettazione architettonica; ha inoltre lanciato il Local Republic Award riservato alle voci emergenti della professione architettonica. In seguito alla calamità, con altri “pesi massimi” dell’architettura giapponese (inclusi Kengo Kuma, Kazuyo Sejima e Toyo Ito) ha preso parte al gruppo KYSYN-NO-KAY, occupandosi dell’emergenza abitativa. Recentemente nominato visiting professor alla Kanagawa University, nella “sua” Yokohama, Riken Yamamoto ha insegnato presso la Tokyo University of the Arts, la Nihon University e in altri atenei giapponesi. Il riconoscimento appena attribuitogli dalla Hyatt Foundation – che dal 1979 a frequenza annuale conferisce il Pritzker Prize – si unisce alla nutrita serie di premi ricevuti nel corso della sua carriera: tra questi, si segnala in particolare il Japan Institute of Architects Award, risalente al 2010. Lo ha vinto per il Yokosuka Museum of Art (2006), edificio museale in cui ha collocato gallerie e sale espositive parzialmente sottoterra, consentendo ai visitatori e alla cittadinanza locale di vivere una parallela esperienza di contemplazione del paesaggio accedendo liberamente alla terrazza soprastante. Una scelta in perfetto stile giapponese.

Valentina Silvestrini

https://www.pritzkerprize.com/

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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