A Roma stanno stravolgendo un progetto di Luigi Moretti

L’intervento di restauro dell’edificio di Piazzale Flaminio non rispetta l’opera del grande architetto. Paolo Verdeschi affronta il tema del recupero del patrimonio architettonico del Novecento

Il convegno L’Affaire Moretti ‒ L’architettura moderna tra tutela e nuovi usi, che si è svolto nel giugno 2022 al MAXXI nell’ambito del progetto Architetti Senza Tempo, ha aperto un confronto sul restauro di alcune opere del celebre architetto: La Saracena a Santa Marinella, concluso; la GIL Trastevere, in corso d’opera; la Casa delle Armi e il Foro Italico, in fase di progettazione. Si aggiunge a questa lista la sua ultima opera romana, a firma congiunta con Carlo Zacutti, ovvero gli uffici a piazzale Flaminio della BPM (Banca Popolare di Milano), con un progetto di ristrutturazione a firma dello studio GBPA Architects di Milano, così descritto sul sito ufficiale: “L’intervento di riqualificazione rispetta il progetto originario di Moretti cercando di coniugare l’integrità architettonica e le volontà dell’architetto con le necessità del Ventunesimo secolo. Il restauro filologico, grazie alle tecnologie più moderne e performanti, prevede che le nuove facciate abbiano una verticalità ricercata che ai tempi era impossibile da ottenere”.

Complesso per uffici a piazzale Flaminio, vista Via Luisa di Savoia (Archivio AMMRo)

Complesso per uffici a piazzale Flaminio, vista Via Luisa di Savoia (Archivio AMMRo)

LA STORIA DELL’ULTIMA OPERA ROMANA DI LUIGI MORETTI

Quest’opera ha avuto un iter progettuale e costruttivo movimentato, iniziato nel 1969 e terminato nel 1976 con avvicendamento di più progettisti. È frutto della licenza n.1029 del 14 luglio 1972, a firma di Luigi Moretti e Carlo Zacutti, quale variante alla licenza n.203 del 1971 a firma Del Bufalo. A luglio del 1973 Moretti muore a Capraia e il progetto sarà seguito solo da Zacutti. Il 18 dicembre 1974 viene rilasciato il certificato di agibilità e dal 1975 subentrerà Silvio Galizia, incaricato da BPM della distribuzione interna e arredo. La forma compiuta attuale, evidente già negli schizzi autografi, si differenzia dal progetto approvato e dai particolari dei disegni esecutivi solo nelle fasce verticali, rosse e non bronzo oro, che arrivano fino alla sommità del parapetto del terrazzo. Fasce che, secondo l’architetto Tommaso Magnifico (AMMRo) e l’architetto Giorgio Zacutti, probabilmente sono state decise in corso d’opera da Moretti e Zacutti o solo da quest’ultimo, che ben conosceva il linguaggio di Moretti data la lunga collaborazione progettuale.

Complesso per uffici a piazzale Flaminio, schizzo progettuale di Luigi Moretti. (ACSRo, Fondo Moretti)

Complesso per uffici a piazzale Flaminio, schizzo progettuale di Luigi Moretti. (ACSRo, Fondo Moretti)

L’INTERVENTO IN CORSO NELL’EDIFICIO DI PIAZZALE FLAMINIO

Il nuovo progetto prevede la totale sostituzione del courtain wall tramite dei vetri trasparenti e continui con montanti verticali in ottone lucido; per i pilastri a facciavista bianchi è prevista una nuova cromia grigia. Per quanto riguarda gli interni, vengono ristrutturati senza nessun riferimento al contesto architettonico; al contrario del modus operandi dell’architetto Galizia, che per le finiture interne si rifece ai materiali utilizzati in esterno, come il bronzo, per mantenere una continuità cromatica ed espressiva. I rendering di progetto, con le relative spiegazioni dallo studio GBPA Architects, non hanno nulla del restauro filologico perché non tutelano il preesistente e la sua autenticità mantenendo la storia e gli elementi che lo compongono: è un progetto di restauro redatto sulle ipotesi e non su dati certi. A mio avviso la verticalità ricercata da GBPA Architects è già in essere se si analizza la tettonica del fabbricato.

LUIGI MORETTI FRA BAROCCO E STUDIO DEL COLORE

I riferimenti di Moretti al Barocco sono evidenti: il suo è un sistema di vuoti e pieni, illusori e reali, che distribuiti alle varie quote portano l’osservatore attento a un percorso ascensionale fino alle “nuvole” di copertura. Le modanature in cemento bianco lineari e quelle scure e concave del primo livello, distaccate negli angoli e aggettanti, fanno arretrare illusoriamente il piano terra, innalzando tutto il fabbricato. Le facciate sono concepite come una rivisitazione dell’ordine gigante, i pilastri a facciavista partono dal piano strada e arrivano all’imposta del parapetto del quinto piano contenendo gli ordini minori del courtain wall; le fasce rosse svettano sopra il parapetto dell’ultimo piano. I colori dei vari elementi – bianco, bronzo scuro e chiaro, rosso – contribuiscono ad alleggerire i prospetti mettendoli su piani visivi differenti.
Il ruolo delle cromie è fondamentale: pensiamo alle tonalità del rosa riemerse e accertate nella Saracena o alle ‘pennellate’ di rosso sull’edifico di Corso Italia a Milano. È la composizione di tutti questi elementi, comprese le “nuvole” delle coperture, che sollevano il fabbricato e in questa ottica complessiva si può parlare di verticalità. In questo edificio di piazzale Flaminio evidenti sono le scelte progettuali riconducibili agli studi di Moretti pubblicati su Spazio n.3 (ott. 1950, “I colori di Venezia”) e alle modanature su Spazio n.6 (del 1951/52). Sull’originalità di quest’opera non credo che ci siano dei dubbi tali da consentire il cambio radicale dell’aspetto e delle cromie della forma compiuta arrivata a noi.

Complesso per uffici a piazzale Flaminio, prospetto a colori su via Luisa di Savoia, Licenza n.1029 del 14 luglio1972. (Archivio Zacutti)

Complesso per uffici a piazzale Flaminio, prospetto a colori su via Luisa di Savoia, Licenza n.1029 del 14 luglio 1972. (Archivio Zacutti)

L’ARCHITETTURA DEL NOVECENTO E IL TEMA DEI PIANI DI CONSERVAZIONE

Non può definirsi un restauro filologico il progetto di GBPA Architects, ma solo un intervento di “facciata” a fini commerciali che stravolge un’opera d’architettura riconoscibile e riconosciuta. Fermo restando che tutte le opere d’arte, se originali e ben conservate, hanno un valore commerciale superiore se non sono manomesse. È giusto chiedersi: a cosa servono i vincoli e chi deve sopraintendere al loro rispetto? Qual è l’alternativa? Se si desse inizio alla redazione dei piani di conservazione per singolo edificio e per autore, il lavoro dei professionisti e di chi è preposto al controllo della conformità del progetto presentato sarebbe semplificato e velocizzato. Un piano di conservazione, contenendo tutte le informazioni storiche, grafiche e bibliografiche, supererebbe il generico vincolo di tutela e consentirebbe il restauro prescrittivo e puntuale (caso per caso). I piani di conservazione sono un lavoro imponente ma fattibile, potrebbero essere sviluppati dalle università e con gli studenti di architettura e ingegneria a vario titolo. Servirebbero, inoltre, finanziamenti e sgravi fiscali per gli edifici che volessero virtuosamente attuare il piano di conservazione. La schedatura degli edifici di pregio storico e architettonico sta procedendo lentamente nelle varie regioni italiane, cercando di mettere a punto la metodologia come evidenziato nel recente convegno svoltosi a Roma, nell’ottobre 2022, dal titolo Ereditare il Presente. Conoscenza, tutela e valorizzazione dell’architettura italiana dal 1945 a oggi. Il passo seguente? Sono i piani di conservazione, che contribuirebbero alla salvaguardia del nostro patrimonio storico-architettonico del Novecento.

Paolo Verdeschi

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Paolo Verdeschi

Paolo Verdeschi

Nato a Roma nel 1952, si laurea in architettura nel 1979 e segue i corsi ICCROM. Tra i suoi principali interventi, il restauro di villa La Saracena di Luigi Moretti a Santa Marinella (Roma). È membro della commissione Osservatorio del…

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