Architetti italiani emergenti: lo studio noa* – network of architecture

Alla vigilia dell’apertura della terza sede di noa* - network of architecture (entro il 2022 a Milano) l’architetto partner dello studio Andreas Profanter ripercorre il primo decennio di attività. Auspicando che in Italia si dia piena fiducia ai giovani professionisti del settore

Fondato undici anni fa da Lukas Rungger e Stefan Rier, noa* – network of architecture è uno studio giovane, ma già con molte realizzazioni all’attivo. A caratterizzarlo sono l’approccio interdisciplinare e aperto al mondo, fortemente legato ai luoghi dove lavora e progetta. Lo studio è composto da un team di 27 persone tra architetti e interior designer, dislocati nelle due sedi di Bolzano e Berlino. Progettisti che negli anni si sono confrontati con la realizzazione di diverse tipologie spaziali, dal residenziale al commerciale, passando per installazioni e hôtellerie, campo nel quale eccellono. Molti i premi vinti, tra cui citiamo l’Architect of the Year Award 2020, e varie edizioni dei premi Archilovers Best Project, Dezeen Award e The Plan Award.
L’intervista ad Andreas Profanter, partner dello studio dal 2015, architetto curioso e appassionato, si concentra sui progetti e sulle prospettive future di noa*, di cui è protagonista e promotore in prima persona.

Noa_, Floris, progetto d’architettura e d’interni per delle case sospese sul parco, 2020

Noa*, Floris, progetto d’architettura e d’interni per delle case sospese sul parco, 2020

INTERVISTA AD ANDREA PROFANTER

Partiamo dal nome: perché avete scelto la parola “network”?
Noa* è l’acronimo di network of architecture. Il nome è intrinsecamente legato all’organizzazione e al modus operandi del nostro studio: non c’è una figura sopra le altre che decide e gestisce, ma un network di professionisti che collaborano tra loro e mettono in campo le proprie capacità e idee. Il network, inteso come entità più ristretta, è formato dagli architetti e dagli interior designer interni allo studio, ma la nostra idea è più grande: spesso infatti collaboriamo con artisti, fotografi, musicisti… Il progetto non nasce dall’idea di un singolo, ma dalla fusione di più punti di vista e professionalità, e dal coinvolgimento di figure specifiche: per esempio, nel progettare un albergo per bambini, abbiamo collaborato con una psicologa. Cerchiamo persone speciali, che diano un valore aggiunto: ci vuole umiltà nel nostro mestiere, l’umiltà di capire che noi le cose le sappiamo fare, ma non sappiamo fare tutto.

E la presenza dell’asterisco? È un vezzo grafico oppure ha un significato?
È frutto dello stesso approccio aperto e multidisciplinare appena descritto: è un rimando a una nota non esplicitata a piè di pagina, quella che ti avverte che dietro al nome, al logo, c’è molto di più di quello che leggi, è un contenitore di più cose, non limitato.

Quindi anche un piccolo segno grafico, come l’asterisco apre una porta sulla vostra filosofia. A proposito di questo, nel descrivervi parlate di un approccio che segue il concetto di “emergence”. Ovvero?
Emergence è un concetto che abbiamo mutuato dalla scienza e dalla teoria dei sistemi. In questi campi, emergenza è quando un’entità ha proprietà o comportamenti che emergono solo quando le sue e altre parti interagiscono in un tutto più ampio, creando qualcosa che prima non c’era. Con il nostro network cerchiamo di fare la stessa cosa: far nascere qualcosa di nuovo, che sia il risultato del lavoro congiunto dei singoli. Perché l’architettura non nasce dal nulla, ma avviene, accade, mettendo insieme vari componenti che già ci sono. Il network è l’idea di base, l’emergence è ciò che nasce dal network.

Noa_, Gfell, progetto d’architettura e d’interni per un hotel a Fiè allo Sciliar, particolare della sala colazioni, 2020

Noa*, Gfell, progetto d’architettura e d’interni per un hotel a Fiè allo Sciliar, particolare della sala colazioni, 2020

IL METODO DI LAVORO DI NOA* – NETWORK OF ARCHITECTURE

Oltre al concetto di “emergence”, parlate anche di approccio olistico; una parola ultimamente abusata. Nel vostro lavoro quale significato assume?
All’interno dello studio siamo metà architetti e metà interior designer. Siamo infatti convinti che un progetto non sia solo appoggiare sul suolo una nuova entità. Per noi è importante che, entrando in un edificio, si percepisca subito la coerenza tra interno ed esterno, tra il contenitore e il contenuto. Questo è il motivo per cui cerchiamo sempre ‒ e riusciamo a farlo nella maggior parte dei casi ‒ di occuparci anche della progettazione degli interni, dalle finiture agli elementi decorativi, fino al singolo arredo: un risultato olistico a 360°, tutto finalizzato alla qualità del progetto. Soprattutto quando ci occupiamo della progettazione delle strutture alberghiere, cerchiamo di raccontare una storia: da qui nascono l’architettura e gli interni e il visitatore a livello subconscio sente questa coerenza. Questo è il nostro approccio olistico, una parola certamente abusata, ma che noi vogliamo tradurre nel suo significato più autentico.

Uno studio composto da metà architetti e metà interior designer. Come combinate i diversi approcci?
Il progetto parte dal gesto architettonico, ma fin da subito architetti e interior designer si interfacciano per lavorare assieme a un’idea comune e condivisa. A un kick-off meeting di presentazione sulle sfide ed esigenze progettuali seguono varie riunioni di brainstorming e di dialoghi, a volta anche accesi, dove cerchiamo di anticipare le fasi più lontane del progetto. Non è facile, ma per raggiungere una coerenza progettuale è importante chiamare in campo fin da subito gli interior designer. In questo modo anche gli architetti sono agevolati, perché riescono a creare degli spazi con cui gli interior designer possono lavorare bene.

Noa_, Nicolai Paris, progetto d’interni per un appartamento in un hôtel particulier di Parigi, 2021

Noa*, Nicolai Paris, progetto d’interni per un appartamento in un hôtel particulier di Parigi, 2021

LA NASCITA E IL FUTURO DELLO STUDIO DI ARCHITETTURA NOA*

Proviamo a fare un passo indietro. Come è nato lo studio?
Lukas e Stefan (Lukas Rungger e Stefan Rier, soci fondatori, N.d.R.) si sono incontrati nello studio di Matteo Thun a Milano; lavorando insieme a progetti piuttosto impegnativi del famoso studio, hanno riscontrato una sinergia umana e professionale e hanno capito di condividere una visione comune sull’architettura (e un po’ anche sulla vita). Dopo aver peregrinato tra New York, Londra, Berlino, Milano, Ferrara e Graz, tra formazione ed esperienze lavorative, hanno deciso di “tornare a casa” in Alto Adige (sono originari dell’Alpe di Susi e di Brunico) e aprire noa*. Bolzano è stato il giusto compromesso per partire in un ambito cittadino, ma a loro familiare. A mio parere, è sempre importante partire, scoprire, studiare per poi tornare a casa; anche io ho seguito un percorso simile e, dopo essermi laureato all’Università di Innsbruck, sono tornato a Bolzano.

Tra poco però partirai per occuparti della nuova sede che lo studio aprirà, entro la fine del 2022, a Milano. Da dove nasce l’esigenza di aprire questo ufficio e, prima ancora, quello di Berlino?
Dalla stessa matrice: il desiderio, e per certi versi anche l’urgenza, di aprirsi al mondo. Bolzano è stupenda, è la mia città, ma è comunque una città di provincia. Come studio noi cerchiamo sempre di crescere e di sviluppare il nostro modo di concepire i progetti; crediamo che questo sia possibile solo attraverso lo studio e gli stimoli esterni. A differenza di altri studi, che aprono sedi nuove in occasione di cantieri in quella città specifica, noi non abbiamo seguito la stessa logica. A Berlino abbiamo aperto cinque anni fa, chiedendoci: dove andiamo per avere internazionalità e dinamismo? Dalla fine di quest’anno le sedi diventeranno tre, con quella di Milano. E io, felicissimo, mi trasferirò nella città meneghina per far prendere forma a questa nuova avventura.

Noa_, Ötzi Peak 3251M, progetto per una piattaforma panoramica sul ghiacciaio della Val Senales, 2020

Noa*, Ötzi Peak 3251M, progetto per una piattaforma panoramica sul ghiacciaio della Val Senales, 2020

HÔTELLERIE, ABITAZIONI, SPAZI COMMERCIALI: I PROGETTI DI NOA*

Dunque, uno studio giovane, con un approccio olistico, internazionale, curioso e interdisciplinare. E i progetti da dove nascono?
I punti di partenza fondamentali per noi sono due: il genius loci e le persone. Come è fatto un luogo, la sua storia, il contesto e il landscape sono le prime cose alle quali ci interessiamo in maniera approfondita. E poi le persone, la storia del committente, chi è e cosa desidera. Una volta raccolte tutte le esigenze tecnico-pratiche e i desiderata del cliente, li riportiamo in un documento; seguendo un iter preciso e analitico. Da questo documento creiamo uno schema di massima dei vani e dei dimensionamenti, che riportiamo in un disegno 3D. Questo perché riteniamo fondamentale l’aspetto funzionale di ogni progetto: un’architettura deve raccontare una storia, ma deve anche essere una macchina che funzione bene, anzi benissimo. Poi, certo, l’idea architettonica parte da un gesto, da uno schizzo, da una linea che diventa progetto, interfacciandosi con l’analisi dei dati. Il lavoro dell’architetto è impegnativo perché sartoriale: soprattutto in un edificio grande, come un hotel, bisogna far coesistere e convivere armoniosamente tutto.

Concentriamoci su un vostro intervento che forse ha richiesto un approccio diverso, data la complessità del luogo in cui avete operato: la piattaforma panoramica Ötzi Peak 3251M.
Questo è stato un progetto sicuramente singolare, dove le richieste funzionali erano sicuramente più ridotte, ma il binomio genius loci e persone è rimasto. Abbiamo ascoltato attentamente la richiesta del committente: proprietario di un comprensorio sciistico, voleva creare un belvedere per dare la possibilità a tutti ‒ anche a chi non scia o è meno avvezzo alle alte quote ‒ di godersi la vista. Ci siamo sentiti muovere la critica che si tratti di una struttura senza funzione, ma non è così: è un’architettura che valorizza un luogo e lo rende fruibile, offre la possibilità di godersi un panorama incredibile in totale sicurezza, semplicemente percorrendo circa 100 metri di dislivello con una scalinata che porta alla piattaforma, studiata per inquadrare e dialogare con il paesaggio in cui è immersa.

La montagna è sicuramente un luogo che vi appartiene. Qual è il vostro rapporto con il territorio, quello che abitate e quello dove progettate, e di conseguenza con le tipologie e i materiali che vi circondano?
Il nostro rapporto con il territorio parte dal rispetto, bisogna sempre guardarsi intorno. Come hai giustamente ricordato, il nostro studio nasce in un ecosistema delicato, quello alpino. Tutti i nostri progetti realizzati qui riflettono il legame con il luogo, con le tipologie architettoniche storiche e i materiali, come il legno dei vecchi fienili. Ma questo ragionamento non riguarda solo l’ambiente montano; attualmente stiamo lavorando a molti progetti in contesti internazionali, dall’Olanda al Canada, oppure vicino al mare, in Croazia, e anche in questi casi il rispetto per il territorio è fondamentale. Questo perché crediamo nell’atto di prendere tutti elementi esistenti e trasformarli in un’architettura che racconta allo stesso tempo una storia nuova e una che già c’era. Non vogliamo “piazzare” un oggetto che non ha niente a che fare con quello che lo circonda. In alcuni casi apprezziamo gli oggetti architettonici calati dall’alto, ma non è la nostra filosofia.

Filosofia che vi guida nella progettazione di tipologie molto diversificate, dalle strutture ricettive al residenziale, fino alle installazioni (come quella realizzata per il Fuorisalone) e alla piattaforma panoramica sul Ghiacciaio in Val Senales, di cui parlavamo prima.
Occuparsi di funzioni molto diverse è quello che per me rende interessante e stimolante questo lavoro. È bello avere un know-how importante in un settore, come negli alberghi per noi, ma, se si fanno cose diverse, si impara sempre qualcosa che può essere utile anche in un campo in cui pensavi di sapere tutto; è un lavoro circolare.

Chiudiamo con uno sguardo rivolto alla scena architettonica italiana. Cosa pensate della situazione attuale? E, soprattutto, cosa vi augurate per il futuro?
Domanda molto difficile. Quello che vedo oggi è che ci sono molti giovani progettisti con ottime idee e un approccio profondo a questo mestiere, olistico, come nel nostro caso. Ed è bello sentire questa comunità d’intenti che ti fa ben sperare nel futuro. Devo però dire che spero che ci diano la possibilità di viverlo questo futuro; mi auguro infatti che gli studi giovani vengano valorizzati di più. Senza voler essere polemico, ma sincero e realista, in Italia quando non hai i capelli bianchi vieni preso meno sul serio. Questo è un peccato, perché davvero le forze ci sono. Fateci spazio, non ve ne pentirete. Serve fiducia nei confronti dei nuovi architetti, può essere un arricchimento l’unione tra giovani e meno giovani, non perdiamo questa occasione.

Silvia Lugari

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Silvia Lugari

Silvia Lugari

Organizza viaggi ed eventi culturali nell’ambito dell’architettura. Una vocazione che è nata dalla sua formazione universitaria, trasformata in professione. Collabora con Casabella formazione e ProViaggiArchitettura, per i quali si occupata dell'organizzazione di mostre, conferenze e workshop nazionali e internazionali, anche…

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