Dentro al nuovo Museo dell’Opera del Duomo di Pisa. Le immagini

La ristrutturazione e il riallestimento, a cura degli studi di architettura Adolfo Natalini e Magni&Guicciardini, traghettano il Museo dell’Opera del Duomo di Pisa verso il futuro. Le 380 opere esposte sono espressione della potenza e della devozione della città, che emerge come luogo d’elezione per l’incontro tra culture.

Dopo aver superato le schiere di turisti intenti a farsi ritrarre con le braccia tese verso la più famosa torre pendente del pianeta, varcare la soglia del nuovo Museo dell’Opera del Duomo di Pisa concede l’improvvisa sensazione di sentirsi altrove. Eppure l’edificio dell’antico Seminario Vescovile, sede dal 1986 dell’istituzione museale gestita dall’Opera della Primaziale Pisana, si trova anch’esso nella stessa, affollatissima, piazza del Duomo. Dopo cinque anni di lavori, dettati da urgenze di carattere impiantistico e dalla volontà di procedere con un profondo rinnovamento dell’identità espositiva, dai 3000 metri quadrati del rinnovato museo emergono gli intrecci culturali e la maestria degli artisti che plasmarono l’immagine della Repubblica marinara di Pisa. Inscindibile è il legame tra ciascuno dei 380 pezzi esposti e i monumenti della piazza, a tal punto che non è azzardato qualificare la visita al museo come l’esperienza chiave per un concreto approfondimento “della devozione e della magnificenza di Pisa a partire dal XII”. Un’opportunità, insomma, per chi non raggiunge la città toscana attirato solo dalla – legittima – fama delle sue architetture.

IL VALORE DELLA MEMORIA NELL’ALLESTIMENTO

L’allestimento museografico, sviluppato dallo stesso team che quattro anni fa si occupò del  Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, “è tutto costruito attorno ad ogni singola opera, variando di volta in volta le modalità espositive di fronte a opere con significati diversi, così come di fronte a spazi diversi, in modo da agevolarne la lettura”. A raccontarlo è l’architetto Giuseppe Lo Presti, dello studio fiorentino Magni&Guicciardini, che sollecitato da Artribune si sofferma anche sulle scelte adottate sul fronte dei materiali e dei colori. Entrambe sono basate su un netto rifiuto del modello “white cube”. “I materiali che trovate all’interno del Museo sono sia nuovi, sia ripresi dalla storia locale e, in questo caso, risemantizzati affinché assumano un significato diverso. Tra questi c’è l’encausto, una tecnica di cui si è abusato soprattutto negli anni Ottanta, ma che è stata impiegata in abbondanza all’interno del Duomo di Pisa. Grazie a nuovi supporti e alle resine oggi è stato possibile realizzare superfici senza soluzioni di continuità. L’aspetto dell’encausto è completamente nuovo e riesce a ricontestualizzare le sculture, già abituate a quei colori, a quelle finiture.” E, inoltre, “sono stati usati la pietra arenaria, il corian, la resina per i pavimenti e alcuni fondi leggermente dorati. Questi ultimi sono evocativi dell’abside e di parte del soffitto della Cattedrale, entrambi completamente dorati”, precisa Lo Presti.

NON SOLO GIOVANNI PISANO: UN PIANO PER LA GRANDE SCULTURA PISANA

L’operazione condotta risulta ispirata a una sorta di “principio di purificazione”, prosegue l’architetto, “poiché non c’è mai il proposito di ricostruire la realtà. Non siamo di fronte a delle scenografie. Abbiamo inserito quel che basta all’opera per farle riassumere la connotazione che aveva in origine.” Antichi e nuovi materiali risultano dunque combinati in un percorso scandito da opere “che rimandano ai luoghi per cui furono concepite, nella mirabile Piazza dei Miracoli”, come ha affermato  Adolfo Natalini richiamando il concetto di “nuova alleanza tra il sacro e il profano, tra i tempi e i luoghi”. Coordinato dal Prof. Marco Collareta, il programma museografico segue un criterio di tipo non solo cronologico: soprattutto nel primo piano dell’edificio, infatti, privilegia una diretta connessione proprio con i monumenti della piazza. Dalla Cattedrale al Campanile, le sale di apertura sono dedicate alla grande scultura pisana; ad affiancarle ci sono video e supporti grafici, grazie ai quali si possono chiarire le influenze islamiche – impossibile non soffermarsi sul Grifo bronzeo del XII secolo, in origine posto sul timpano absidale del Duomo – e di matrice provenzale. Le vetrine espositive sono state realizzate da Goppion e dispongono di sistemi di controllo dell’umidità e della qualità dell’aria, oltre che di dispositivi per la sicurezza.

OREFICERIA, TESSUTI E PARAMENTI SACRI

Il registro cambia al piano primo, raggiungibile tramite un corpo scala di nuova realizzazione, destinato, in particolare, agli arredi interni e ai paramenti sacri. Percorrendo gli ambienti di questo livello, opportunamente definiti “più intimi e densi di misticismo”, non si fatica a identificare vette di assoluto lirismo. È il caso della sala 13, con l’intesa esposizione della scultura lignea del Cristo Bergognone, capace davvero di incoraggiare una sosta o una forma di raccoglimento. L’apertura del nuovo Museo dell’Opera del Duomo, dotato anche di un bookshop, una caffetteria con terrazza panoramica, un auditorium e, prossimamente, di spazi per la didattica, arriva a qualche mese di distanza dall’inaugurazione del Museo delle Navi Antiche Pisane. A conferma di una fase di vivacità della scena culturale di Pisa, che accanto alle sue più frequentate mete può vantare un patrimonio di opere, artisti e storie di indubbio rilievo.

-Valentina Silvestrini

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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