Apre il Museo delle Navi Antiche di Pisa. Ecco le immagini

Gli Arsenali Medicei pisani rinascono, accogliendo l’unico museo europeo in grado di includere nel proprio percorso quattro imbarcazioni di epoca romana ancora integre. La sua apertura è l’atto conclusivo di un’affascinante storia iniziata nel 1998, quando nel corso dei lavori alla stazione ferroviaria di San Rossore riaffiorarono i resti di una nave…

Imprevedibili, impreviste e di grande rilievo”. Sceglie esattamente queste parole Andrea Camilli, responsabile di progetto per la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Pisa e Livorno, per qualificare le informazioni desunte dai reperti emersi nell’imponente cantiere archeologico di cui è stato direttore scientifico negli ultimi due decenni. Sotto le campate e nelle ampie sale degli Arsenali Medicei, a lungo inutilizzati seppur a due passi dal centro storico, i preziosi materiali rimasti silenti per secoli nel sottosuolo si apprestano a dare voce alla storia più remota – e, per molti, ancora sconosciuta – della città d’arte toscana. L’apertura al pubblico del nuovo Museo delle Navi Antiche di Pisa, alla cui inaugurazione è atteso anche il ministro Bonisoli, non costituisce soltanto la migliore conclusione auspicabile per una delle più rilevanti operazioni archeologiche degli ultimi anni, interamente finanziata con fondi statali. Disposti in 5000 metri quadrati, i circa 800 reperti esposti – tra cui sette imbarcazioni databili tra il III secolo a.C e il VII secolo d.C., quattro delle quali ancora integre – ricostruiscono lo spaccato della vita produttiva e sociale di Pisa dalle origini all’ascesa dei Longobardi. Una narrazione fin qui del tutto assente, dalla quale emerge, con forza ed estrema chiarezza, l’imprescindibile legame della città con l’acqua, in ogni sua declinazione. È proprio a questo elemento che, in un certo senso, si deve la genesi stessa del museo. È percorrendo vie d’acqua – fluviali o marine – che le navi qui esposte, cariche di merci e corredi, contribuivano alla vitalità dei commerci locali. È attraverso una delle più catastrofiche e temibili “manifestazioni” dell’acqua – ovvero, la serie di disastrose alluvioni nella piana pisana – che queste preziose testimonianze sono giunte fino a noi. Miracolosamente conservate tra sabbia, terra e detriti.

COME UN IMMENSO GIOCO DI SHANGAI

In oltre 20 anni di lavoro, nello scavo e nell’area di restauro hanno lavorato circa 400 persone”, racconta Camilli, affiancato dal sindaco di Pisa, Michele Conti, e dal soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Pisa e Livorno, Andrea Muzzi. Anziché ricorrere alla più consueta immagine del puzzle, per descrivere i passaggi che hanno permesso di riportare alla luce le opere esposte nel nuovo museo Camilli adotta il gioco dello Shangai o Mikado: le navi, in larga parte rinvenute capovolte, hanno richiesto la stessa meticolosa concentrazione, l’equilibrio e la precisione necessari nel recupero dei bastoncini di legno del gioco. “Quando con l’archeologa Elisabetta Setari abbiamo iniziato a ragionare in merito al museo, abbiamo pensato che fosse importante unire un rigoroso approccio scientifico con una componente di divertimento. Abbiamo cercato di eliminare il tradizionale feticismo nei confronti dell’oggetto. Questo museo non è una wunderkammer di splendidi oggetti, seppur alcuni, senza dubbio, lo siano. Il nostro obiettivo è stato contestualizzarli e raccontare, in modo visivo, delle storie. La presenza dell’Alkedo – la più spettacolare delle quattro navi integre del percorso espositivo, N.d.r. -, sia nell’originale, sia ricostruita, consente a colpo d’occhio di comprenderne la storia, evitando lunghi testi didattici. Il linguaggio del museo non punta a stupire, ma utilizza un sistema di comunicazione plurilivello che non eccede nel multimediale”, precisa ancora Camilli.

Anfore

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L’INTERVENTO ARCHITETTONICO

Nel layout espositivo, progettato dagli architetti Maurizio di Puolo e Anna Ranghi, come sottolinea la dottoressa Setari – che negli anni scorsi si è occupata anche del percorso di visita e dei dispositivi di comunicazione all’interno del cantiere, dei depositi e della zona di restauro – “si è dovuto tenere conto dei forti condizionamenti dell’architettura degli Arsenali Medicei”. Situato sul lungarno pisano, l’immobile era stato edificato per ospitare le attività di costruzione e manutenzione delle galee dei cavalieri di Santo Stefano, dediti alla difesa dagli attacchi saraceni. Caduti in disuso, gli Arsenali vennero successivamente impiegati come alloggi militare e, infine, come stalle. Un passaggio, quest’ultimo, del quale sono testimoni le celle che si incontrano all’inizio del percorso museale, oggi destinate alla presentazione di “micro argomenti” nell’ambito di tematiche più strutturate. “Inevitabilmente, viste le dimensioni considerevoli, le navi sono state allestite nella grande sala che già in passato aveva ospitato una mostra dedicata al rapporto tra Pisa e il mare”, prosegue Setari. “Nonostante la frammentarietà degli spazi, si è cercato di mantenere unità, prediligendo uno sviluppo storico e approfondimenti legati alle navi e alla navigazione, come la capacità di orientarsi attraverso le stelle, proposta all’interno di un piccolo planetario. Il corridoio centrale è la spina dorsale di questo museo, l’asse portante di un’organizzazione architettonica e allestitiva che è molto compenetrata”.

UN INVESTIMENTO DI CIRCA 16 MILIONI DI EURO

Si attesta sui 16 milioni di Euro l’investimento complessivo del Ministero per questo progetto. La cifra copre l’intero ventennio di attività e comprende anche il recupero integrale della struttura architettonica e l’allestimento museale (pari a 4 milioni e mezzo di Euro). La concessione per la gestione è stata affidata alla Cooperativa Archeologia, soggetto che ha seguito anche lo scavo e il restauro delle navi e degli altri reperti negli anni scorsi. In altre parole, nelle giornate di apertura (ogni venerdì, sabato e domenica dalle 10.30 alle 18.30; ogni mercoledì dalle 14.30 alle 18.30), pisani e turisti avranno l’opportunità di farsi raccontare aneddoti e curiosità anche dai tecnici e dagli specialistici che hanno contribuito, in prima persona, al recupero dei pezzi esposti. E per il futuro? L’attenzione si concentra ora sulla prossima fase del programma: l’annunciata apertura del Centro di Restauro del Legno Bagnato. In questo laboratorio le conoscenze acquisite e le strategie messe in campo dagli archeologici, nel corso di due decenni, potranno crescere e divenire, anch’esse, un sapere condiviso.

-Valentina Silvestrini

https://www.navidipisa.it/

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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