Matera 2019: Virgilio Sieni riattiva il Teatro Quaroni a Borgo La Martella. L’intervista

Un grande progetto che racconta gli archivi della Basilicata e dei gesti. Riaprendo, insieme ai cittadini, uno storico teatro patrimonio della comunità, nel segno di Adriano Olivetti

È un processo a vocazione fortemente partecipativa quello del noto coreografo per Matera 2019. Parallelamente alla mostra e alle azioni del progetto (nell’ambito di I-DEA, a cura di Joseph Grima in collaborazione con Chiara Siravo) “Thauma. Atlante del gesto”, presentate nei giorni scorsi a Cava Paradiso, Sieni ha messo a punto il programma “Officina Tattile” per il Teatro Quaroni, rimasto a lungo chiuso. Si tratta del Teatro progettato da Ludovico Quaroni per volontà di Adriano Olivetti tra il 1952 e il 1954: in seguito all’uscita del libro Cristo si è fermato ad Eboli di Carlo Levi un movimento di idee percorse lo Stivale. Il Borgo La Martella è un risultato del grande progetto urbanistico, utopico e visionario, voluto dal grande imprenditore italiano a Matera. In questo teatro rimasto chiuso per anni e mai espressamente utilizzato, fin dall’anno della fondazione, per performance e spettacoli teatrali, Sieni insieme ai cittadini del quartiere, ai materani tutti e ai “cittadini temporanei” condurrà un laboratorio partecipativo che sfocerà nella presentazione al pubblico nelle serate del 25 e del 26 settembre alle ore 21 con le azioni Danza cieca e Di fronte agli occhi degli altri. Grande festa infine il 28 settembre con il Ballo Comune, una grande danza collettiva aperta a tutti. Abbiamo intervistato Sieni e gli abbiamo chiesto di raccontarci il progetto.  

Per il terzo appuntamento di I-DEA, Thauma, Atlante del Gesto, ha “abbandonato” i panni di coreografo e danzatore ricoprendo il ruolo di curatore. Com’è andata?

Mi sono sentito a mio agio: in fondo, la prassi per affrontare movimento, per mettere in opera il corpo è estremamente legata ai processi di ricerca analitici. Si è trattato di fare un lavoro che mi è proprio, ovvero sondare l’origine del gesto, pur coscienti che, in larga parte, essa resti indicibile e indeterminata. 

Il progetto Thauma è stato preceduto da una ricerca negli archivi della Basilicata, volto alla riscoperta. dei “gesti perduti”. In quale modo sono stati tradotti gli esiti?

La composizione di Thauma è stratificata, articolata. È legata ad un’analisi del concetto di archivio, preceduta da domande sulla genesi del gesto: quando può ritenersi davvero perduto? È davvero tale oppure si annida e rannicchia in alcune parti del corpo? Questi sono alcuni dei temi e la ricerca condotta è stata finalizzata a scovare tutto quello che potesse avvicinarsi al senso profondo della gestualità. Sono partito da cinque “momenti” fondamentali dell’uomo, che racchiudono altrettante idee di movimento: fuori dal corpo; verso il corpo; il corpo che posto sulla soglia si piega; la dimensione orizzontale del corpo, in cui tutti i tessuti perdono la loro tonicità per riacquistarne un’altra; il corpo sdraiato, che riposa.

Con Elisa Giuliano, Martha Schwindling, Antonio Elettrico e l’Open Design School si è occupato anche del layout espositivo, concepito in maniera fluida e su elementi modulari.

Sì e tre sono i livelli che possono identificare. Il primo è verticale, restituito attraverso cinque tavole che ricordano ciascuna uno dei “momenti” e il processo di ricerca. Qui sono state raccolte immagini, fotografie e reperti di varia natura: insieme vanno a formare una sorta di atlante. C’è, quindi, una dimensione orizzontale, costituita da piattaforme e riservata al progetto denominato Accumuli. Si tratta di un’iniziativa molto particolare: sono stati scelti dieci abitanti di Matera, siamo entrare nelle loro case e abbiamo acquisito da ognuno un centinaio di “oggetti dimenticati”, rappresentativi di un mondo e di un tempo perduti, scomparsi. Con questo migliaio di oggetti è stata composta una figura che gli stessi abitanti hanno proposto, all’interno di una sequenza coreografica. Infine, il terzo livello della mostra, che per me è quello determinante: si tratta della coesistenza di un apparato iconografico-installativo con le pratiche, rivolte a cittadini e performer.

Sarà un suo progetto ad attivare il Teatro Quaroni di Matera, a Borgo La Martella, da tempo inutilizzato. Cosa può anticiparci?

La questione di Borgo La Martella è molto intrigante, anche in relazione al concetto contemporaneo di vicinanza. Il Borgo nasce negli anni Cinquanta del secolo scorso, sulla base di una visione di Adriano Olivetti. Include ancora oggi, nel suo DNA, il senso della comunità. Dopo il primo sopralluogo mi sono letteralmente commosso dinanzi al Teatro Quaroni, uno spazio unico, addirittura privo delle poltrone nella platea perché, nel progetto, si prevedeva che fossero gli abitanti a portare le sedie da casa. Tuttavia è un luogo che non è mai stato aperto, usato o frequentato. E, dopo averlo visitato, mi sembrava davvero che l’edificio invocasse una presenza. 

Quali obiettivi si pone con Officina Permanente?

Si tratta di un progetto parallelo a Thauma, della durata di una settimana. La volontà è coinvolgere più cittadini possibili e creare un’idea di spazio tattile, che porterò avanti con i miei collaboratori. Come era già accaduto alla Biennale Internazionale di Venezia e alla Fondazione Prada con Rem Koolhaas, anche questa volta, la volontà è mantenere un continuum di pratiche e di trasmissioni rivolte alla cittadinanza, nell’ottica di un’acquisizione di una maggiore consapevolezza verso il proprio corpo.

I-DEA, la mostra di Virgilio Sieni a Matera

I-DEA, la mostra di Virgilio Sieni a Matera

Dunque c’è una prospettiva di attivazione del Teatro anche nel lungo periodo?

Nei progetti che curo cerco sempre di chiedermi, prima di iniziare, cosa posso fare per provare a salvare un luogo. In Officina Permanente c’è l’idea di un’apertura non solo con degli spettacoli, ma anche con iniziative in grado di dare una continuità al percorso di riattivazione. Nell’immediato, intanto, il cartellone include il progetto di Danza Cieca (con il danzatore non vedente Giuseppe Comuniello) e il Ballo Comune.

Spostandoci da Matera a Firenze, cosa può anticiparci del futuro di PIA – Palazzina Indiano Arte?

PIA nasce per creare una relazione forte con il parco monumentale de Le Cascine, in un’ottica di recupero del contatto tra uomo e Natura. Ospita con regolarità laboratori, workshop e pratiche. Senza dubbio, nei prossimi mesi, continueremo a portare avanti tutto il processo di attività associate alle piante, con i cittadini di ogni età. Inoltre, in inverno, verranno sviluppati dei moduli sul gesto e sul paesaggio, nei quale creeremo degli approfondimenti e occasioni di riflessioni sul tema dei parchi pubblici, in un momento storico in cui, anche a Firenze, vengono troppo spesso assaliti (talvolta pure in maniera selvaggia).

I-DEA, la mostra di Virgilio Sieni a Matera

I-DEA, la mostra di Virgilio Sieni a Matera

A Firenze sta per terminare la monografica su Isadora Duncan; il Centro Nazionale di produzione Sieni terrà le “Lezioni di gesto” l’ultimo giorno di apertura. La mostra ha ottenuto riscontri positivi, anche in termini di pubblico e critica. Come ritiene stia cambiando la relazione tra la città e la danza?

La danza non è solo spettacolo. Dunque estenderei la valutazione, guardando oltre Firenze. Il problema, più in generale, è che l’uomo sta abbandonando il senso di consapevolezza del suo corpo. La danza però lo pone su una soglia: gli impone di guardare non solo ai suoi movimenti abitudinari. In ogni intervento che faccio, cerco sempre di stimolare il coinvolgimento umano e la rigenerazione dei luoghi. Solo così si può essere concepita una “comunità del gesto”.

-Valentina Silvestrini

www.ideamatera.eu
www.matera-basilicata2019.it

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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