Se la cultura architettonica passa anche per la fotografia. Un ciclo di incontri al MAXXI

In che modo lo scatto fotografico incide sulla conoscenza di un’architettura, sulla sua percezione e narrazione? Fino a dicembre, il MAXXI ospita Obiettivo Architettura, un format che esamina il rapporto tra un edificio, il suo progettista e il fotografo incaricato di ritrarlo.

“Nel nostro tempo, comprendiamo la realtà se ne vediamo uno scatto fotografico e in questo senso, lo spazio costruito ne è forse l’esempio più eclatante, perché vive di racconti di immagini. Lancio una provocazione: la cultura che pensiamo architettonica è invece fotografica.” Con queste parole Lucia Bosso introduce ad Artribune gli incontri del progetto Obiettivo Architettura. Dialoghi tra fotografia, immagine e progetto, nato da una sua idea e in programma al MAXXI di Roma, fino al 12 dicembre prossimo. Cinque occasioni di confronto, animate da alcune delle voci di maggiore rilievo del panorama architettonico e fotografico nazionale. A sollecitarli, con domande e osservazioni, saranno giornalisti ed esperti del settore, tra cui Silvia Botti, direttore del mensile ABITARE e Anna Iuzzolini, photoeditor di Pagina99.

5+1AA Alfonso Femia Gianluca Peluffo, BNP Paribas Headquarters, Roma © Ernesta Caviola

5+1AA Alfonso Femia Gianluca Peluffo, BNP Paribas Headquarters, Roma © Ernesta Caviola

DALLE ARCHISTAR ALLE PHOTOSTAR

L’analisi proposta dal museo capitolino acquisisce un carattere di urgenza alla luce del moltiplicarsi dei mezzi fotografici e degli strumenti di condivisione – come Instagram -, incoraggiando una riflessione che inevitabilmente si intreccia al più vasto tema della comunicazione del progetto di architettura. “Un decennio nella comunicazione dell’architettura, in particolare nella relazione con la stampa”, prosegue Bosso, “mi ha insegnato a cogliere l’evoluzione del valore di un servizio fotografico. Gli anni 2000 hanno dimostrato come un oggetto architettonico possa diventare materia mediatica e il fotografo colui capace di cogliere ed evidenziare la potenza di immagine che le architetture possiedono. È stato il periodo dell’esaltazione della fotogenia dei progetti, quando l’immagine sovrastava lo spazio costruito.” Da allora, la situazione ha subito un’evoluzione, orientandosi verso “una maturità, una maggiore consapevolezza del linguaggio fotografico anche in questo ambito: la fotografia non è solo la migliore descrizione iconografica del progetto, e il fotografo è un autore chiamato ad interpretare l’architettura, che torna ad essere materia pura da cui creare una storia di immagini svincolata dalla storia progettuale. Una volta le archistar, oggi le photostar.”

Werner Tscholl, Cascina di Tregarezzo, Segrate © Piermario Ruggeri

Werner Tscholl, Cascina di Tregarezzo, Segrate © Piermario Ruggeri

LABICS, PARK ASSOCIATI E GIANLUCA PELUFFO TRA I PROTAGONISTI

Avviato il 6 ottobre, con il dialogo tra MoDusArchitects – Sandy Attia e Matteo Scagnol – e il fotografo Marco Pietracupa, Obiettivo Architettura proseguirà il 18 ottobre – con ospiti Park Associati e Andrea Martiradonna; il 10 novembre – con Gianluca Peluffo ed Ernesta Caviola; il 17 novembre – con Werner Tscholl e Piermario Ruggeri -, fino alla conversazione conclusiva, il 12 dicembre, di cui saranno protagonisti Labics – Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori – e Marco Cappelletti. All’incontro di apertura, introdotto da Margherita Guccione, Direttore MAXXI Architettura, interviene anche Alessandra Ferrari, coordinatore del Dipartimento Cultura del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. Un’occasione per comprendere le dinamiche che entrano in campo nel rapporto tra architetti e fotografi, indagando influenze e connessioni. “I rapporti sono vari, emotivamente non sempre facili”, anticipa Bosso. “I fotografi sono pur sempre una sorta di psicologi dei progettisti, che li pongono davanti ai loro progetti ovvero a se stessi; molto spesso sono rapporti simbiotici. Pensiamo a Maria Giuseppina Grasso Cannizzo e Hélène Binet o il primo Fernando Guerra con Álvaro Siza. Resistono quei progettisti che vogliono mantenere il controllo sugli scatti, e limitano la libertà di interpretazione, arrivando spesso ad immagini ‘forzate’ che appaiono come purificate, snaturando il progetto. Tuttavia anche ai progettisti è sempre più chiaro come la fotografia sia strumento linguistico, dimostrando quanto l’intenzione sia evitare la semplice rappresentazione fotografica ed affidare il progetto al fotografo perché lo interpreti come autore narrativo”. E dovendo citare qualche caso riuscito, Bosso indica come emblematico “il lavoro di Pietracupa – che nasce fotografo di moda – sull’architettura di MoDus. Chiamato non a descrivere, ma a guardare lo spazio, che attraverso le sue immagini muta natura. Anche il lavoro di Cappelletti per Città del Sole di Labics è notevole: lo definirei iperrealismo urbano. Indagare i significati nascosti dell’architettura contemporanea che emergono dal lavoro dei fotografi è il senso di questo programma.”

– Valentina Silvestrini

www.maxxi.art

http://www.basedarchitecture.com/

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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