Intervista ad Anna Perach, l’artista delle sculture indossabili

Performance e installazione si mescolano nella pratica di Anna Perach, che fa dell’interazione tra performer, opera e pubblico un elemento cardine della sua pratica

Sculture indossabili e figure ibride e antropomorfe abitano lo spazio dei progetti installativi e performativi di Anna Perach (Ucraina, 1985; vive a Londra). L’abbiamo incontrata per approfondire temi e processi alla radice della sua ricerca e il ruolo del corpo come soggetto principale delle sue opere.

Anna Perach, Transformer, 2021. Courtesy of ADA, Roma. Photo Roberto Apa

Anna Perach, Transformer, 2021. Courtesy of ADA, Roma. Photo Roberto Apa

Da Alkonost, uno dei tuoi primi personaggi performativi, a Spidora, protagonista del progetto recentemente presentato alla galleria Edel Assanti, le figure che abitano la narrazione dei tuoi progetti sono spesso creature simboliche del folklore slavo, o tratte da miti e fiabe. È corretto affermare che il tuo lavoro muove da questo tipo di narrazioni?
Mi piace sempre avere in mente un testo quando inizio un nuovo lavoro. Un testo che può essere una storia, un’immagine o anche uno schema particolare, in grado di accendere la mia immaginazione e che faccia riferimento a temi interessanti per la ricerca. Il testo mi aiuta a radicare il lavoro su una narrativa familiare, che posso usare come punto di partenza per poi renderla mia. I personaggi e le narrazioni che scelgo sono spesso di natura primordiale e rispondono a fluidità, identità ed emozioni. Sono stratificati e aperti a una nuova rivisitazione. La mia intenzione è creare delle opere che appaiano familiari e al contempo estranee. Catturare un sogno, una qualità inquietante.

Come Rusalka e Dorothea (The Moon Prophecy, 2021), la maggior parte dei tuoi progetti vive una doppia esistenza: la fase statica/scultorea e quella attiva/performativa. Qual è il ruolo del corpo in entrambe queste fasi delle tue opere?
Inizialmente ho concentrato il mio lavoro sulla maschera, come strumento con il quale è possibile esaminare l’identità. Quando le maschere si sono espanse in sculture indossabili per l’intero corpo e l’elemento performativo si è sviluppato, il corpo è diventato un punto focale del mio lavoro. In progetti recenti ho iniziato a riflettere sul ruolo dei “nuovi corpi” che creo e sulle esperienze dei performer nel momento in cui li indossano. In ogni progetto si instaura una relazione tra quattro corpi: il mio, che fornisce l’idea e il lavoro fisico per realizzare l’opera, la forma delle sculture indossabili, il corpo del performer e quello del potenziale spettatore. Quando le sculture indossabili sono esposte come installazioni, vengono posizionate su supporti in legno che imitano il movimento sviluppato con la performance. In questo modo aspiro a mantenere la tensione tra la scultura indossabile installata e la sua capacità di diventare viva.

Anna Perach. Gasp. Exhibitio view at ADA, Roma 2021. Photo Roberto Apa

Anna Perach. Gasp. Exhibitio view at ADA, Roma 2021. Photo Roberto Apa

LA PERFORMANCE SECONDO ANNA PERACH

Puoi raccontarci come concepisci le tue performance, in termini di processo di costruzione narrativa, movimenti e scelte musicali?
Ogni progetto inizia con la ricerca su un personaggio o una narrazione. Questo porta alla formazione di immagini nella mia mente che poi disegno con gli acquerelli e accompagno con un breve testo. In questa fase stabilisco l’ambiente dell’installazione/performance, la natura delle sculture indossabili e l’esperienza che voglio creare. E presento l’idea a dei meravigliosi professionisti, con cui ho la fortuna di poter collaborare continuativamente nel corso degli ultimi tre anni. Il mio team è composto da un modellista, un falegname, un produttore del suono, una o più performer e, soprattutto, un coreografo ‒ Luigi Ambrosio ‒, che è un collaboratore sotto diversi aspetti e ha la capacità di tradurre le mie idee in una partitura di movimento. Una volta che la scultura indossabile è pronta, iniziamo a provare e modellare lo schizzo iniziale dell’opera in modo più dettagliato. L’elemento coreografico è molto dinamico e, sebbene ci siano elementi essenziali, la performer contribuisce personalmente alla dinamica performativa, prendendo decisioni in tempo reale in base alla sua esperienza del momento. Il suono è un altro elemento chiave per l’atmosfera dell’installazione/performance. Lavoro con Jamie Hamilton e spesso creiamo il suono dai materiali che compongono il lavoro (ad esempio: dal metallo, dal tufting, o dal respiro degli artisti). Come con Luigi Ambrosio, mi piace molto la capacità che ha Hamilton di contribuire ai miei progetti e tradurre la narrativa visiva in suoni provocatori.

E i rapporti con il pubblico? Quali sono i campi di relazione specifici che ti interessano?
Quando ho iniziato a lavorare con la performance, si protraevano per tutto il tempo dell’opening, circa due/tre ore. In questi casi le sculture indossabili si relazionavano occasionalmente con il pubblico in base alla natura del pezzo indossabile. Quando ho iniziato a lavorare a mostre personali, la mia attenzione si è spostata sulla creazione di mondi a tutto tondo, abitati dalle sculture indossabili: rivelando l’esistenza di questi mondi al pubblico, questi ne diviene spettatore. Era più opportuno quindi ridurre l’interazione diretta e sviluppare invece la performance come un evento, con una durata media di 15-20 minuti. Credo che sia l’arco di tempo giusto per consentire un adeguato sviluppo del momento performativo, lasciando anche al pubblico la sensazione di assistere a qualcosa di misterioso che potrebbe invece risultare meno potente se durasse più a lungo.

Anna Perach, Alkonost, 2019. Photo Paul Chapellier

Anna Perach, Alkonost, 2019. Photo Paul Chapellier

LE TECNICHE DI ANNA PERACH

Come è nata la decisione di scegliere il tufting come elemento strutturale principale delle tue opere scultoree? Il tuo approccio a questa specifica tecnica è cambiato nel tempo?
La mia ricerca è iniziata guardando la casa dei miei genitori ed esplorando come gli oggetti domestici siano in grado di farci riflettere su identità, cultura e temi emotivi. Ho sperimentato tessuti, ceramiche e ricami oltre che assemblaggi di oggetti di natura domestica, fino a quando ho scoperto il tufting durante l’MFA presso la Goldsmiths University. Questa tecnica e il materiale utilizzato possono essere associati a diversi temi che ho esaminato all’interno della mia ricerca, come la domesticità, il patrimonio culturale e i ruoli di genere. È un medium che ho sentito particolarmente vicino perché mi ricordava il ricamo, ma con una potenzialità capace di espandersi su scala più ampia. Ho iniziato realizzando opere installate su parete e poi, gradualmente, ho realizzato sculture indossabili.

Puoi presentarci il tuo prossimo progetto?
Ho recentemente lavorato a Eye of the Collector, in occasione dell’apertura della galleria Cooke Latham a Londra, e a una mostra collettiva presso la galleria Hales, sempre a Londra. In entrambe le mostre espongo opere scultoree a ciuffo con elementi in legno e metallo. Entro la fine del 2022 parteciperò ad Artissima Art Fair con la galleria ADA.

Eleonora Angiolini

https://www.annaperach.com/

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Eleonora Angiolini

Eleonora Angiolini

Eleonora Angiolini è curatrice d’arte contemporanea e project manager culturale. La sua formazione è multidisciplinare: laureata in Arti Visive presso il DAMS di Bologna, ha conseguito un Master in Photography and Visual Design presso NABA e la laurea magistrale in…

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