Pietre e scultura. L’installazione di Chiara Camoni a Bologna

Presentata durante la rassegna ArtCity, l’installazione di Chiara Camoni al Palazzo Bentivoglio unisce mistero e tradizioni antiche, pietra e un immaginario in perenne cambiamento. Intervista all'artista.

Silvia Federici, la sociologa naturalizzata statunitense che traduce femminismo e operaismo in occhiali per comprendere il mondo, sostiene che, come l’erba che cresce tra le crepe del cemento urbano, così i mondi altri ispirati dai commons trovano forma e spazio e trasformano la società.
In un certo senso questa osservazione di stampo prettamente sociologico sta alla base del percorso artistico di Chiara Camoni (Piacenza, 1974), che coniuga pratica e ricerca sociale in modo naturale e sempre più organico. C’è una precisa posizione nel mondo data dalle sue opere, sempre più frutto di processi collettivi, di azioni che spingano al cambiamento con la stessa radicalità dell’erba nelle crepe del cemento urbano, che sta lì anche solo a ricordarci che esiste.
La sua recente installazione a Palazzo Bentivoglio a Bologna, inaugurata in occasione di ArtCity e che sarà permanente, è stata l’occasione per questa intervista.

In questa installazione rifletti e operi sul deposito, sull’accumulo dei gesti, su ciò che si cela allo sguardo quando arriva la polvere del tempo. Come hai affrontato i materiali che hai incontrato?
Sono attratta in maniera profonda da tutto ciò che è lontano, non nello spazio ma nel tempo.
In questo sguardo a ritroso cerco un passato arcaico, mitico, in cui non sono più rintracciabili i dettagli, in cui le narrazioni si spogliano delle emozioni transitorie e le vicende narrate diventano assolute, potenti, universali. Proprio lì, quando i materiali – in senso lato – sembrano appunto inscalfibili, mi sembra più semplice poter mettere mano e ripartire. Per portare poi tutto nel presente. Volevo che fosse possibile ancora vivere su quelle pietre, potercisi sedere sopra, farne pavimento. E poi appoggiare altre cose ancora, magari opere, mie e di altri.

Come sei arrivata al risultato finale?
Ho aggiunto sculture-lampadari, brandelli di arredamento, contenitori, motivi vegetali, forme mutevoli, immagini svolazzanti. Tutto questo nella forma di un arredamento non compiuto, solo abbozzato, che all’occorrenza può anche essere modificato o spostato. Non ho lavorato secondo un progetto preciso, preordinato, ma muovendomi passo dopo passo, seguendo il suggerimento delle pietre stesse, come se fossero un puzzle da ricomporre, assecondando l’intuizione del momento. In questo modo le forme sono apparse e si sono assestate. A tal punto che sembrano essere lì da sempre!

Chiara Camoni, Ipogea, 2021. Courtesy l’artista & Palazzo Bentivoglio, Bologna. Photo © Camilla Maria Santini

Chiara Camoni, Ipogea, 2021. Courtesy l’artista & Palazzo Bentivoglio, Bologna. Photo © Camilla Maria Santini

L’INSTALLAZIONE DI CHIARA CAMONI A PALAZZO BENTIVOGLIO

Palazzo Bentivoglio è un luogo misterioso: non conosciamo esattamente chi lo progettò, è di fatto un’opera incompiuta. Se potessi agire su tutto l’edificio, ripensarlo, che cosa immagineresti?
Questa incompiutezza è probabilmente ciò che ha dato spazio all’arte contemporanea e ai progetti che qui sono in corso e che spero proseguano nel futuro. Mi immagino un luogo che si anima, che si accende e si spegne a intermittenza, che produce figure e suoni ma poi ritorna silenzioso e sonnacchioso. Mi immagino le finestre illuminate e i rumori della festa. Poi ci si saluta e si torna a casa, attraversando il giardino immobile. Anche perché là sotto, nell’ultima stanza, accoccolata, riposa la Serpentessa. Non so più dire come sia arrivata, per quale combinazione di pietre sia apparsa. Spesso il momento iniziale delle intuizioni migliori è destinato a scomparire, a essere dimenticato come al mattino i sogni. Ho provato a riparlarne anche con le persone con cui lavoravo e nessuno sa più ripercorrere i gesti e le parole che hanno accompagnato la sua nascita.

Chiara Camoni, Ipogea, 2021. Courtesy l’artista & Palazzo Bentivoglio, Bologna. Photo © Camilla Maria Santini

Chiara Camoni, Ipogea, 2021. Courtesy l’artista & Palazzo Bentivoglio, Bologna. Photo © Camilla Maria Santini

LA SCULTURA DI CHIARA CAMONI

In Storie dalla terra, l’archeologo Carandini scriveva che “la leggenda è il rumore che sta sotto alla storia”. Quali rumori hai ascoltato lavorando a Ipogea?
Credo di aver sentito dei fruscii. Mentre spostavamo pietre pesantissime, macigni rumorosi, dentro di me probabilmente sentivo dei movimenti sinuosi, dei sibili! E poi il rumore delle foglie e dei fiori, quello dell’aria che muove le tende. Il rumore amplificato della penombra. E quello dei sogni.

C’è il rumore quindi in Ipogea delle storie, c’è la Serpentessa, c’è la tua naturale inclinazione al dialogo. Ma come si pone la scultura, che è la tua matrice, rispetto allo spazio?
Per me è la scultura che si espande in tutte le sue possibili declinazioni, che da un lato diventa oggetto, ciotola, piccolo utensile di uso quotidiano e dall’altro si fa architettura, ambiente.
E in mezzo ci stanno i simulacri.

Elettra Stamboulis

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Elettra Stamboulis

Elettra Stamboulis

Scrittrice e curatrice indipendente. Laureata in Lettere all'Università di Roma “La Sapienza”, ha perfezionato i propri studi sulla museografia all'Istituto Albe Steiner di Ravenna. Ha conseguito un Master di secondo livello all'Università di Roma Tre. Collabora con numerose testate (Linus,…

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