Oscillazioni del tempo. Marguerite Humeau a Bolzano

Museion, Bolzano – fino al 26 gennaio 2020. Museion si trasforma in una grotta del tempo all’interno della quale forme senza volto e veneri senza carne si lasciano attraversare dalla luce del giorno. L’artista francese Marguerite Humeau racconta da dove nascono l’allegoria e la ricerca che hanno dato vita a “Oscillations”.

Nella sua prima personale in un museo italiano, Oscillations, Marguerite Humeau (Cholet, 1986) indica non solo l’atteggiamento dell’artista che si muove tra realtà e finzione, tra fatto storico e ipotesi, tra spazio fisico e mentale, ma anche quello che Humeau auspica per il pubblico invitato a vivere l’esperienza che l’ha impegnata nell’ultimo atto di un lungo progetto.
La mostra a Bolzano è infatti la terza e ultima tappa di una più ampia ricerca e collaborazione, che ha toccato le sedi del New Museum di New York (Birth Canal, 2018) e gli spazi del Kunstverein di Amburgo (Ecstasies, 2019).

L’INTERVISTA

In Oscillations, qual è il primo lavoro che accoglie i visitatori e perché? Potresti descriverlo?
La primissima opera che i visitatori incontrano si intitola Venere di Kostenki, una donna di 35 anni che ha ingerito il cervello di un marmoset. Raffigura una femmina che ha ingerito un cervello marmoset: questo cervello potrebbe contenere sostanze psicoattive. Lei sta lentamente entrando in trance, sta mutando, si trasforma in uno spirito e viaggia attraverso varie frequenze cerebrali scoperte di recente. La scultura è stata prodotta in un alabastro molto fine, leggermente traslucido, che ricorda una pelle.

Secondo quali modalità ritieni che la tua ricerca storico-antropologica sulla Venere potrebbe incarnare o rivelare la nostra società contemporanea?
Mentre il pianeta sta bruciando, stiamo cercando una via di fuga. Il cervello potrebbe essere un paradiso perduto per un futuro esilio. Quando la nostra Terra sta morendo e noi umani stiamo morendo con essa, abbiamo due scelte: fonderci in Gaia o creare la propulsione tecnologica necessaria per decollare e partire, ma per dove? Forse la mente e i suoi territori sconosciuti potrebbero essere il nostro ultimo rifugio.

Marguerite Humeau, Future Exile, 2019, Museion Passage. Foto Luca Meneghel. Courtesy the artist and C L E A R I N G New York/Brussels

Marguerite Humeau, Future Exile, 2019, Museion Passage. Foto Luca Meneghel. Courtesy the artist and C L E A R I N G New York/Brussels

In che modo il suono è legato alla scultura?
Ho chiesto a dieci donne di respirare in modi molto specifici in modo da poter entrare in lievi stati di trance. Ho quindi chiesto loro di trasformarsi in vari elementi naturali: un uccello, una balena, un serpente, una foresta, un vulcano, una tempesta. Ho registrato le loro voci in un modo molto preciso: il microfono era molto vicino alla loro laringe così da sentire ogni vibrazione. Ogni rumore stridente, ogni lotta venivano registrati. Volevo registrare il momento in cui l’involucro corporeo umano non è abbastanza, quando questi esseri devono liberarsene, trascendere sé stessi, trasformarsi e mutare in altre entità per mantenere la loro esistenza.

Potresti descrivere l’installazione più “reattiva”, in termini di dialogo con l’architettura di Museion?
L’intera installazione risponde all’architettura del Museion: il suono si è infiltrato nelle pareti e oltre, trasformando gli spazi in un grande cervello/grotta, le figure di Venere sono sedute direttamente sul terreno, la grande vetrata è illuminata dalla luce naturale e risponde direttamente nel suo design all’architettura della galleria.

Come dunque offrire ai visitatori tre chiavi di lettura, tre argomenti o tre punti di vista che inquadrano Oscillations?
Non so se posso davvero determinare tre angolature specifiche, ma ecco la mia proposta originale per la mostra, una struttura che potrebbe evidenziare: durante la mostra mi sono imbattuta in The Shamans of Prehistory di Clottes e Williams. In questo libro gli autori spiegano che le grotte preistoriche potrebbero essere state usate per pratiche sciamaniche. Gli uomini preistorici avrebbero potuto pensare che le pareti, le volte e il terreno delle caverne fossero membrane o pelli veramente sottili che le separavano dal mondo degli spiriti. E se tutte le pareti, le volte e i terreni della galleria diventassero anche membrane o pelli davvero sottili che separano noi umani e le Veneri dal mondo degli spiriti? E se lo spazio del museo fosse stato uno spazio di transizione tra il mondo umano (ingresso della caverna) e il mondo degli spiriti? Chi sono gli spiriti e come sono incarnate le loro presenze?

Marguerite Humeau, Oscillations, Museion 2019. Foto Luca Meneghel

Marguerite Humeau, Oscillations, Museion 2019. Foto Luca Meneghel

Quindi tre chiavi di lettura potrebbero essere…
Dunque, il sole che illumina naturalmente diverse luci sulla “grotta”; il museo in diversi momenti della giornata; le voci di Venere mentre stanno mutando e trasformandosi in vari animali, elementi naturali, diventando letteralmente “spiriti”. I disegni potrebbero anche apparire sulle pareti come i graffiti compaiono sulle pareti in grotte preistoriche.

In che modo lo spazio del museo influenza Oscillations?
Lo spazio del museo sarebbe uno spazio tra il mondo degli spiriti (il sole che proietta la luce colorata su un lato attraverso una vetrata, le pareti che vibrano) e gli umani (la luce naturale proveniente dalla facciata opposta ‒ che potrebbe anche essere vista come l’ingresso in una grotta). La luce colorata entra da un lato e si trasforma gradualmente in luce naturale proveniente dall’altro lato. Lo spazio non ha alcun punto di riferimento, è impossibile determinare quale sia la scala di ciò che stiamo vedendo/sperimentando. Il motivo sulla vetrata è un evento micro biologico che si verifica nel cervello, che è anche un immenso paesaggio di origini. Anche le sculture di Venere, collocate in questo spazio senza orizzonte, perdono la loro scala. Potrebbero essere percepite come modelli in scala 1/1 di esseri umani o modelli in scala ridotta di esseri che sarebbero molto più grandi nella realtà.

Ginevra Bria

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Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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