Il Discobolo negato: il primo caso di Cancel Culture nella storia? 

Continua a far discutere il caso della presunta richiesta di restituzione del Discobolo Lancelotti alla Germania. Una questione che però pone altri interrogativi circa la circolazione delle opere d’arte e la legittima proprietà quando in ballo ci sono guerre, regimi totalitari, politica

Più che un affaire, la vicenda del Discobolo Lancelotti è stata una semplice boutade, che tuttavia lascia degli stimoli su cui dovremmo riflettere. 
Prima delle analisi, però, sarebbe opportuno ripercorrere la vicenda, sebbene il suo colore di pseudo-scontro ne abbia determinato un posto in prima fila nelle vicende di cronaca nazionale.

L’annosa vicenda del Discobolo

Prologo: il Direttore del Museo Nazionale Romano invia una richiesta di restituzione della base marmorea del Discobolo al proprio omologo della Gliptoteca di Monaco, dove il Discobolo è stato esposto durante la Seconda Guerra Mondiale dopo che lo stesso era stato venduto per volere di Mussolini alla Germania. 
Atto 1: Il direttore della Gliptoteca di Monaco, rinverdendo una battaglia italo-tedesca che si è tenuta durante e dopo la seconda guerra, risponde a quella lettera non solo negando la restituzione della base marmorea, ma facendo intendere che c’erano altresì gli estremi per richiedere che fosse l’Italia a dover restituire il Discobolo, oggetto di contesa. 
Atto 2: Il Ministro della Cultura Italiano Sangiuliano replica: “dovranno passare sul mio cadavere”;
Atto 3: Visita del Ministro all’Ambasciatore tedesco in Italia. Si smonta il caso: azione isolata del Direttore. Berlino non ha mai avuto intenzione di richiedere il Discobolo;
Atto 4: Il vicedirettore della Gliptoteca cerca di correre ai ripari: il Museo non ha mai richiesto il Discobolo né intende farlo. Assolti i doveri di sintesi, però, è opportuno ribadire che al centro di questa riflessione non è la vicenda di cronaca, ma alcuni spunti che da tale vicenda possono emergere.

Discobolo Lancellotti, II sec. d.C., marmo. Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme. Photo Alberto Novelli
Discobolo Lancellotti, II sec. d.C., marmo. Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme. Photo Alberto Novelli

Il ruolo della cultura greco-romana nel mondo

Il primo riguarda il ruolo che la diffusione delle arti ha avuto nell’affermazione dell’Italia nella storia e nel mondo. Ferma restando l’esigenza di agire all’interno delle regole nazionali ed internazionali, infatti, è pur sempre opportuno riconoscere come la diffusione di elementi materiali della cultura greca e romana nel mondo ne abbia favorito la riconoscibilità presso il grande pubblico.
Attenzione: è chiaro quanto sia stato il ruolo che tali civiltà hanno avuto nella storia della civiltà occidentale a determinarne la “domanda” iniziale. Così come è chiaro che è la loro rilevanza ad aver sviluppato, nei potenti di tutto il mondo e di tutte le epoche, la volontà, più volte soddisfatta, di impossessarsi di testimonianze artistiche e archeologiche di quelle epoche. 
Ma deve essere però altrettanto riconosciuto quanto l’insieme di quei tentativi, che non sempre sono stati condotti seguendo delle legislazioni nazionali (o perché violate, o perché inesistenti) e che oggi sono ormai istituzionalizzati, possa aver giocato nella diffusione della “fama” di Roma e di Atene nel mondo. 

La questione della circolazione delle opere

Riformuliamo. Attesa l’importanza che nella storia hanno avuto i Romani e i Greci, e attesa quindi il naturale interesse verso queste civiltà nutrito da persone di cultura di tutto il mondo e di tutte le epoche, siamo sicuri che, in assenza di reperti “itineranti”, tali civiltà avrebbero goduto, ad oggi, di tale incontrastata notorietà anche tra persone che, in un museo, non ci hanno mai messo piede? Sarebbero state così fortemente note anche in assenza di opere e di testimonianze? 
Chiaramente è una domanda che non ammette una risposta univoca. È soltanto un interrogativo che probabilmente può essere utile introdurre all’interno del dibattito. Anche alla luce delle istanze che vorrebbero la libertà delle “immagini” delle opere d’arte. Certo, la libera circolazione delle immagini è un tema, la libera circolazione degli “oggetti” ne è un altro. Ma fino a che punto i benefici che si ascrivono alla libera circolazione delle immagini possono essere applicati anche alla libera circolazione degli oggetti?

Sangiuliano all'incontro di Ferragosto con i direttori generali
Sangiuliano all’incontro di Ferragosto con i direttori generali. Still da video

Arte, nazionalismi e globalismo

Dimenticando la “rivalità al consumo”, qual è il confine tra diffusione e inflazione? Quale il limite tra nazionalismo e globalismo? Tale limite esiste, ed è chiaramente replicabile, o si modifica a seconda dei casi specifici e degli interessi?
Altra domanda aperta: qualora la ricostruzione della vicenda che propone Monaco fosse confermata e certificata, davvero si potrebbe adottare un principio di abrogazione retroattiva perché le parti che hanno siglato il contratto, da rappresentanti delle rispettive nazioni, si sono macchiati di efferati crimini? Perché il Discobolo, secondo le informazioni indicate da Monaco, e ricostruite con attenzione da Gaetano De Angelis Curtis dell’Università di Cassino, è stato legittimamente venduto dall’Italia alla Germania. Su volere di un dittatore, certo.
Ma sotto il volere di quel dittatore sono state fatte anche tantissime altre cose che non sono state poi abrogate “di diritto”, attraverso un’attenta azione diplomatica, che non ha lesinato scontri tra studiosi.
In questa epoca di guerre, è legittimo porsi queste domande, ed è legittimo chiedersi se questo caso specifico possa essere, nei fatti, generalizzato. Varrebbe, in altri termini, per tutti i contratti? E per tutti coloro che nella storia hanno esercitato il potere ricorrendo alla forza? O c’è un limite minimo di crimini di cui bisogna essere accusati dalla comunità internazionale per poter essere etichettati come dittatore in senso giuridico e pertanto vedere annullate la totalità o una parte delle azioni intraprese?
I confronti, tra le persone come tra gli Stati, sono utili allo sviluppo del proprio pensiero nel momento in cui chi dibatte si impegna a comprendere il punto di vista della propria controparte.
È chiaro che soltanto aver rappresentato la possibilità di voler fare richiesta è un’azione tutt’altro che elegante e costruttiva. Ma il nostro punto di vista sarebbe lo stesso se fossimo tedeschi?

Stefano Monti

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Stefano Monti

Stefano Monti

Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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