Il Centre Pompidou chiuso per le feste di Natale? Sciopero a oltranza dei lavoratori del museo

La chiusura per ristrutturazione del museo parigino, che si protrarrà dal 2025 al 2030, mette in agitazione i dipendenti, che non hanno ottenuto rassicurazioni circa le proprie sorti occupazionali. È sciopero fino al 15 gennaio

La primavera scorsa, il Centre Pompidou confermava la necessità di chiudere al pubblico per un lungo periodo, per lavori di ristrutturazione e ammodernamento non più prorogabili, dovuti innanzitutto alla rimozione dell’amianto che riveste le facciate (ma in cantiere ci sono anche il nuovo piano di sicurezza antincendio, l’ottimizzazione energetica dell’edificio, il ripensamento dei servizi e degli spazi espositivi in funzione di una maggiore accessibilità).

Il Centre Pompidou chiuso per lavori dal 2025 al 2030

A oltre 260 milioni di euro ammonteranno i costi dell’operazione, che si protrarrà per ben cinque anni, dal 2025 al 2030, nonostante in un primo momento si auspicasse una conclusione entro il 2027, anno del cinquantesimo anniversario del museo, progettato da Renzo Piano e Richard Rogers, inaugurato nel 1977 e mai ristrutturato prima d’ora. E invece il trasloco delle opere e delle attività e la graduale chiusura, che saranno predisposti a partire dall’autunno 2024, richiederanno lunghe procedure, dunque il cantiere aprirà effettivamente solo all’inizio del 2026. Un passaggio epocale per uno dei poli museali più importanti e visitati del mondo, che non manca di suscitare comprensibili preoccupazioni sul versante occupazionale. Mentre le opere in collezione saranno ricollocate temporaneamente in altri musei parigini e francesi, non è infatti certo cosa succederà ai dipendenti del Centro durante il periodo di chiusura, fatta eccezione per i lavoratori della Bibliothèque e dell’Istituto di ricerca e coordinamento in acustica/musica, che continueranno a esercitare il proprio ruolo.

Centre Georges Pompidou, l'edificio in costruzione, 1975. Photo Bernard Vincent © Fondazione Renzo Piano © Rogers Stirk Harbour + Partners
Centre Georges Pompidou, l’edificio in costruzione, 1975. Photo Bernard Vincent © Fondazione Renzo Piano © Rogers Stirk Harbour + Partners

I lavoratori del Centre Pompidou in sciopero. I motivi dell’agitazione

La sorte lavorativa di 480 persone (tra amministratori, personale di sala, restauratori, dipendenti a vario titolo), dunque, è in bilico; e dal 16 ottobre scorso alcune di loro hanno indetto uno sciopero intermittente, che ha già costretto alla chiusura del museo per diversi giorni. A fronte della mancanza di rassicurazioni da parte del Governo francese, il sindacato chiede che il salario e i bonus dei dipendenti restino invariati durante il periodo di chiusura, e che sia assicurato loro di rientrare al proprio posto quando il Centre Pompidou riaprirà. A oggi, dopo settimane di scontro, il Ministero della Cultura, nella figura della ministra Rima Abdul Malak, rifiuta di impegnarsi a non esternalizzare servizi e attività, e prende tempo (sarebbe troppo presto per decidere ciò che succederà tra sette anni, spiega): non è stata firmata alcuna garanzia scritta circa il mantenimento dei posti di lavoro nell’attuale configurazione. Lo sciopero si è finora reiterato a giorni alterni – e imprevedibili, per i tanti visitatori che spesso si sono imbattuti nelle porte chiuse, loro malgrado, negli ultimi tempi – coinvolgendo dalla fine di novembre anche la Biblioteca. E l’agitazione monta anche in virtù di ciò che potrebbe succedere durante il periodo di chiusura, quando le mostre che continueranno a essere organizzate dal Centre Pompidou potrebbero non essere allestite al Grand Palais Ephemere, come ipotizzato in un primo momento, ma dislocate in diversi musei nazionali, che già dispongono del proprio personale. I lavoratori del Pompidou, però, dovrebbero essere riallocati in alcuni depositi a nord di Parigi e nella nuova sede di Massy, la cui apertura è prevista per il 2026. A fare le spese di questa sollevazione è anche la dirigenza del museo – direttore Laurent Le Bon in testa – accusata di voler accantonare l’organizzazione gestionale del Centre Pompidou, attualmente fondata sul lavoro di maestranze interne, in favore dell’esternalizzazione delle mansioni. Le Bon, dal canto suo, ha promesso, pur senza metterlo per iscritto, che “tutto il personale con contratto a tempo indeterminato e i dipendenti pubblici in servizio al momento della riapertura saranno reintegrati nei loro posti di lavoro o in posizioni corrispondenti alle loro competenze”.

Lo sciopero durante le feste di Natale

In questo quadro esplosivo matura l’ultimo comunicato dei rappresentanti sindacali del Centre Pompidou, datato 7 dicembre, che rinnova il preavviso di sciopero fino al 15 gennaio 2024. Solidarietà è arrivata da sindacati e dipendenti del Louvre, del Museo Picasso, del Mobilier National e della Cité de la Ceramique – Sèvres e Limoges. Ora il Ministero fornirà le rassicurazioni invocate? L’unica data certa, al momento, è quella fissata dalla direzione del museo per l’incontro che discuterà i termini e le condizioni della riapertura con i sindacati, all’inizio di giugno 2028. Un tentativo di procrastinare a oltranza che certo non piace ai lavoratori: la loro prossima riunione, l’11 dicembre, servirà per stabilire se garantire o meno il servizio durante le festività natalizie.

Livia Montagnoli

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