Il Centro Pecci di Prato licenzia dipendenti per problemi di bilancio. Polemiche e proteste

Due dipendenti sui diciotto in organico sarebbero stati sacrificati per sanare una situazione economica non florida, contrariamente alle rassicurazioni fornite del presidente Bini Smaghi di recente. Ancora peggio, la procedura di licenziamento non rispetterebbe il contratto di Federculture

È la protesta dei sindacati (Cigl e Uil) a dare notizia del licenziamento in tronco di due dipendenti del Centro Pecci di Prato, quando i contorni della vicenda appaiono ancora poco chiari, ma non rassicuranti.
Si parte allora dal dato certo: nel 2022, il bilancio della Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana presieduta da Lorenzo Bini Smaghi, ha fatto registrare, relativamente al Centro Pecci, perdite per 333mila euro, dovute ufficialmente al rincaro dei costi energetici. Un quadro complicato, si dice oggi, dal taglio dei contributi da parte del Comune di Prato e della Regione Toscana. Eppure lo stesso Bini Smaghi, poco più di un mese fa, in sede di Commissione di controllo comunale, avrebbe fornito rassicurazioni sullo stato dei conti del Centro Pecci, rivendicando il raggiungimento del “pareggio” per l’anno in corso, il 2023 (addirittura con l’obiettivo di accantonare 50mila euro di utili).

Il Centro Pecci licenzia due dipendenti: perché è polemica

E allora perché, si chiedono ora i sindacati, si arriva al licenziamento senza preavviso di due dipendenti “non apicali” sui diciotto che compongono l’organico del museo? La prima notifica di licenziamento è arrivata il data 28 agosto, la seconda aspetta ancora di essere consegnata, lasciando incertezza sulla prossima “vittima” designata. Ma l’intera procedura su cui poggia l’iter avviato in fretta e furia dalla Fondazione sarebbe da invalidare: il contratto di Federculture, infatti, prevede un confronto con i sindacati prima di qualsiasi “ristrutturazione” aziendale, qual è anche il licenziamento. Inoltre, accusano Cigl e Uil, il museo avrebbe già provveduto ad assicurarsi collaborazioni esterne per rimpiazzare le figure tagliate. Mentre sempre a proposito di date, risale al 31 luglio scorso (meno di un mese fa), l’incontro dei rappresentanti sindacali con il direttore del Centro Pecci Stefano Collicelli Cagol, che allora escludeva l’eventualità di ripercussioni nell’immediato per i lavoratori del museo, pur non smentendo le difficoltà economiche della Fondazione.

Centro Pecci, Prato. Photo © Fernando Guerra
Centro Pecci, Prato. Photo © Fernando Guerra

Comune e Regione chiedono spiegazioni

Ora anche il sindaco di Prato Matteo Biffoni e l’assessore alla cultura della città Simone Mangani – che a loro volta hanno informato il presidente della Regione Eugenio Giani – chiedono spiegazioni su quanto accaduto: “Comune e Regione si sono sempre fortemente interessati al Centro Pecci sotto ogni profilo. La gestione spetta al Cda, peraltro in prorogatio, al suo presidente e al direttore, a loro spetta spiegare un fatto compiuto”. Di più si dilunga la consigliera regionale Pd Ilaria Bugetti, presidente della Commissione Sviluppo economico, parlando di “fatto grave e irricevibile”, tanto più che “nonostante le difficoltà di bilancio che come Regione ci hanno costretto a tagliare i contributi a vari enti, il Pecci è quello che ha subito le conseguenze minori. Indice dell’attenzione che la Regione ha verso questo museo. Sul futuro del Pecci serve avviare una riflessione ampia e approfondita”.
A questo proposito, sempre per attenerci ai dati, evidenziamo alcuni elementi poco confortanti dell’ultimo periodo, a cominciare dai giorni di chiusura al pubblico, saliti a tre a settimana, dal lunedì al mercoledì. Piuttosto desolante è stata anche la programmazione di eventi nelle ultime settimane (il periodo estivo non dovrebbe essere occasione per attrarre nuovo pubblico e offrire servizi culturali di qualità a chi resta in città?): il Centro Pecci Cinema è chiuso dal 5 luglio scorso, e le proiezioni riprenderanno solo il 14 settembre. E tutte le attività, dai laboratori alla presentazioni di libri, si sono fermate nel mese di agosto, com’è facile rilevare consultando il calendario sul sito del museo. Per contro, occorre ammettere, continua l’investimento su progetti espositivi di rilieve: dopo il nuovo allestimento della collezione permanente affidato a Formafantasma, svelato in primavera, l’autunno si aprirà con la mostra di Diego Marcon, nel più ampio progetto espositivo mai presentato dall’artista in un’istituzione italiana. Segnali contrastanti: che si debba davvero avviare una riflessione sul futuro?

Livia Montagnoli

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