La verità di Brera: il degrado dello storico quartiere di Milano

Dall’Accademia a San Carpoforo: il degrado dello storico quartiere milanese che ha dato ospitalità a tanti artisti nel racconto dell’architetto Renata Cristina Mazzantini

È all’alba, quando è ancora deserta, che Brera, quartiere centrale di Milano tra i più famosi della città, noto per la presenza dell’Accademia di Belle Arti e, quindi per il suo storico rapporto profondo con gli artisti, appare più malinconica, perché il degrado del tessuto urbano storico e dell’atmosfera del quartiere simbolo della cultura milanese si fa più evidente. Il contrasto delle strutture posticce con il contesto, infatti, si percepisce meglio nel silenzio del mattino che nell’insopportabile chiasso della notte, quando l’area pedonale si trasforma in un immenso ristorante all’aperto.

Brera, via Fiori Chiari

Brera, via Fiori Chiari

IL DEGRADO DEL QUARTIERE BRERA

Negli ultimi anni Brera è mutata: un turismo volgare, ben diverso da quello culturale che meriterebbe, ne ha spento lo spirito artistico, deprimendo i residenti e allontanando i milanesi, mentre i dehors, esplosi con il Covid, ne hanno offeso il paesaggio. Svanito il sogno della Grande Brera, molte gallerie l’hanno abbandonata, insieme con alcuni nomi altisonanti della moda e del design, da Gucci a Bottega Ghianda, per trasferirsi là dove ancora si passeggia ammirando le vetrine. Si, perché le pittoresche ma anguste strade di Brera oggi sono talmente strozzate dalle strutture dei dehors, che si percorrono con fatica, soprattutto con le carrozzine che non trovano liberi i percorsi lastricati sul ciottolato. Strutture eterogenee, per lo più in plastica, nate come provvisorie, quindi non studiate o tantomeno approvate dalla Soprintendenza, che sfregiano l’architettura, svilendo con cartelli, banconi-bar e peluche.

Brera, via Madonnina

Brera, via Madonnina

Si tratta di veri e propri volumi addossati ai palazzi, che occupano selvaggiamente il suolo pubblico, nascondono le vetrine e le facciate e negano persino la visione prospettica di Via Fiori Chiari, strada-gioiello di Milano. Oggi è impossibile fotografare senza i gazebo le chiese del Carmine e di San Carpoforo; persino la stessa Pinacoteca senza inquadrare disordinate bancarelle. Il cuore di Brera è irriconoscibile: la magia che aveva non troppi anni fa, quando vi si incontravano Manzoni o Fontana, è scomparsa. Vi si avverte, invece, una provvisorietà preoccupante ma consolidata. Va osservato che Brera è tra i pochi quartieri che non hanno beneficiato degli investimenti per l’Expo. Lo dimostra quanto sia mal illuminata di notte e poco pulita di giorno (non per l’ineccepibile lavoro di Amsa ma per la mancanza di cestini) o come sia mortificato il verde. Emblema della trascuratezza sono le misure provvisorie antiterrorismo che deturpano da cinque anni piazzetta e via Brera: guard-rail in cemento disseminati per rendere tortuosi i percorsi e costringere i veicoli a moderare la velocità. Anche gli investimenti privati a Brera sembrano in stallo. I cantieri non sono conseguenza dei bonus edilizi: vari ponteggi, snobbati anche dalle pubblicità, sono fermi da anni, con teli ingrigiti dallo smog.

UNA RIFLESSIONE PROGETTUALE SU BRERA

Una volta superata l’emergenza Covid, che ha messo a dura prova anche un’efficiente amministrazione come quella meneghina, sarebbe auspicabile una profonda riflessione progettuale sull’area pedonale di Brera. Non solo per arrestare il degrado, ma per rilanciarla con una visione identitaria del territorio, capace di orchestrare interventi che favoriscano un’integrazione armoniosa del nuovo con il vecchio. Le ragioni per cui furono adottate misure straordinarie temporanee in situazioni emergenziali sono comprensibili: dopo l’attentato di Nizza era necessario provvedere subito allo sbarramento delle strade, per cui ben vennero i guard-rail; con il Covid era opportuno consentire alle attività di ristorazione di espandersi all’aperto, quindi via all’installazione di strutture effimere senza le autorizzazioni previste in zona vincolata. Ma se tali condizioni perdurano e le costruzioni provvisorie diventano permanenti, occorre mettere in campo una progettualità più consapevole della tutela del paesaggio. E, soprattutto sul suolo pubblico, occorre garantire la qualità dei manufatti edilizi, sottoponendoli al regolare iter autorizzativo, come tutti i progetti che riguardano Brera, anche quelli in ambito privato e di minore impatto. Così facendo, si potrebbe trasformare il declino in una opportunità, ridare dignità all’isolato e trattenere gallerie e residenti in fuga. In pratica, visto che si convive con la minaccia del terrorismo, si potrebbe cominciare con la sostituzione dei guard-rail con delle sculture, riprendendo un’idea proposta tramite il Bilancio Partecipativo al Comune. O almeno con delle fioriere. Nella stessa prospettiva, se il Consiglio Comunale ignorasse le proteste e decidesse di stabilizzare il nuovo uso del suolo pubblico, autorizzando i dehors in via definitiva (come proposto il 9-12-21) occorrerebbe rivedere tutte le concessioni e riprogettare lo spazio pubblico, per renderlo di nuovo piacevole, accessibile e fruibile da tutti. Negli anni recenti Milano ha avviato diverse trasformazioni positive, spingendo molti quartieri a rifiorire o addirittura a nascere: nei prossimi, sarebbe magnifico se restituisse anche a Brera la bellezza dei luoghi e la vocazione artistica per cui era famosa.

Renata Cristina Mazzantini

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