Musei e società di servizi aggiuntivi

Perché non assegnare a società di servizi aggiuntivi la direzione scientifica dei musei? Questa la proposta di Stefano Monti.

I musei, secondo la legislazione vigente, sono un servizio pubblico. In quanto tali, sulla base dei principi di management maggiormente adottati anche dalla Pubblica Amministrazione, dovrebbero perseguire la conoscenza del proprio pubblico al fine di poter fornire un servizio sempre più orientato (centrato) sui visitatori.
Non serve scomodare lo statuto di ICOM per capire, quindi, quanto la conoscenza del proprio utente, sia un’attività funzionale al perseguimento dei propri fini statutari. Pacifico, vero?
Eppure, analizzando le ultime gare, pare che questa funzione venga ribaltata sul soggetto gestore dei servizi aggiuntivi. A tali società spetta strutturare servizi per poter comprendere come rendere il museo più attrattivo, comprendere e migliorare il livello di soddisfazione dei visitatori del museo e, infine, strutturare le modalità per poter favorire l’incremento dei flussi di visitatori.

STATO E SOCIETÀ TERZE

Niente di male, anzi. È fuor di dubbio che una società che gestisce i servizi aggiuntivi abbia una maggiore aderenza al mercato (e alle innovazioni che il mercato propone) rispetto a una Pubblica Amministrazione. Ciò che però dovrebbe far riflettere è che così facendo: 1. un’attività statutaria è demandata a una società terza; 2. che tale delega non ha provocato grandi sconvolgimenti nell’intellighenzia culturale; 3. che la guida scientifica del museo rappresenta un’attività statutaria, al pari della conoscenza dei visitatori; 4. che una delega di quest’ultima attività solleverebbe proteste di massa.
Perché? Perché non delegare l’intera gestione del museo a una società esterna? [Che è poi quello che, in una certa misura, succede ad esempio al Mudec di Milano, N.d.R.] Non è una provocazione. Riflettiamoci. I grandi musei continuano ad avere difficoltà con la gestione delle collezioni permanenti e spesso fondano la loro sostenibilità sulla distribuzione di mostre blockbuster (prodotte da altri). Sono spesso costretti (avendo finanziamenti irrisori) a destinare in outsourcing quasi tutte le attività di front-office (dalla guardiania alle visite guidate, dalle audioguide alla sicurezza, e via dicendo). Hanno difficoltà nella gestione dei depositi museali, non riescono a comunicare bene il patrimonio che custodiscono e spesso attraggono pochissimi visitatori (anche quando sono gratuiti).

LE POSSIBILITÀ

Perché, dunque, non demandare a una società terza tutta la gestione del museo? Istituendo maggiori controlli sarebbe possibile demandare a società private (non a capitale pubblico) tutti gli aspetti legati alle gestione del museo (dalle risorse umane al direttore, dal percorso tecnico-scientifico ai valori di investimento e di rientro stimati sulla base dei visitatori e del prezzo medio del bookshop). Estremo? E perché?
L’incarico di gestione andrebbe assegnato attraverso una gara pubblica, e i criteri di valutazione sarebbero comunque stabiliti dall’ente pubblico. Che senso ha che chi raccoglie informazioni sui visitatori poi non possa adottare scelte strategiche che potrebbero essere rilevanti? Che senso ha che chi cura l’aspetto della biglietteria debba fare il sito web di vendita ma non quello istituzionale?
Non sarebbe meglio integrare tutte le deleghe e attribuire la gestione del museo a un manager (un manager reale, please) facendo in modo che tale manager renda conto del proprio operato (accountability, la ricordate?) sulla base di un piano strategico (economico e culturale) previamente concordato con l’amministrazione?

Stefano Monti

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Stefano Monti

Stefano Monti

Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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