Per numero di opere contenute può equipararsi al deposito di un grande museo come gli Uffizi, quello che, ai piedi di Spoleto, ospita le opere salvate dalle zone terremotate dell’Umbria. Si tratta di un deposito regionale creato per il ricovero delle opere d’arte in momenti di crisi e attrezzato con sistemi di sicurezza e microclima.
Trasportate qui dalle forze dell’ordine preposte alla tutela del patrimonio, accolte e schedate dagli addetti del Ministero, messe in sicurezza dalle mani sapienti di dieci ex allievi dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, tutte queste opere “fuori contesto” lasciano un po’ di amaro in bocca.

IL PATRIMONIO
Ognuna sembra raccontare più della propria storia secolare: la sua commissione, realizzazione e collocazione fino a prima del terremoto dello scorso ottobre.
Sebbene vi siano conservati lavori di grande pregio, gli storici dell’arte, addetti alla pianificazione degli interventi più immediati sui manufatti che mostrano un degrado avanzato, non vogliono assegnare a essi un maggior valore rispetto agli altri.
Più di quattromila opere – dai reperti archeologici del museo della Castellina alle grandi pale cinquecentesche delle chiese di Norcia fino alle sculture lignee che vanno dall’epoca arcaica a quella rinascimentale e alle tele datate fra il Seicento e l’Ottocento – sono custodite insieme a oggetti sacri della devozione popolare come gli ex voto, ad abiti per le rappresentazioni in costume, a strumenti musicali, a vetrate.

BENI MATERIALI E NON
Tutti insieme costituiscono il Patrimonio Culturale dell’Umbria nella sua accezione più ampia, quella che prevede, oltre ai beni materiali, anche quelli immateriali. Tutti quegli oggetti di valore artistico minore rappresentano “le arti performative, le pratiche sociali e rituali, le conoscenze e le abilità artigiane, che sono trasmesse da generazione in generazione, costantemente ricreati dalle comunità e dai gruppi in stretta correlazione con l’ambiente circostante e con la sua storia, ciò che permette alle comunità, ai gruppi nonché alle singole persone di elaborare dinamicamente il senso di appartenenza sociale e culturale, come li definisce l’Unesco, e che la dichiarazione di Friburgo sancisce come diritti culturali che devono essere garantiti.
In questo spirito di salvaguardia operano le persone che lavorano qui, in attesa che le opere ritrovino il loro contesto originale.
– Lucilla Loiotile
[…] Amatrice al “bunker” di Spoleto e al Palazzo ducale di Sassuolo ‒ dove sono conservate le opere in attesa di trovare di nuovo […]