Nato a Torino nel 1971, Andrea Succo colleziona dal 1996 arte contemporanea internazionale, scegliendo opere di artisti che “lavorano su spazio, architettura e luce, come Olafur Eliasson, Jeppe Hein, Hague Yang e Renata Lucas, o sulla frontiera tra astrazione, figurazione e process painting, quali Seth Price, Kelley Walker, Wade Guyton e Oscar Tuazon”. Lavora in ambito finanziario nel settore dei fondi d’investimento ed è nel comitato d’onore di miart. Ultimamente compra design italiano e brasiliano, tra gli Anni Quaranta e i nostri giorni. Iper-informato, poliglotta, a suo agio in ogni ambiente e situazione, ha una rete di prim’ordine, per cui non viene messo “in lista d’attesa” dalle gallerie.
Quali artisti attirano la tua attenzione in questi mesi?
Le installazioni di Clara Ianni (San Paolo, Brasile 1987; da Vermelho, San Paolo) e Tania Pérez Córdova (Città del Messico, 1979; da Messen De Clercq, Bruxelles) per la loro sintesi e ambiguità, e i quadri irriverenti di Mathieu Malouf (Canton and Enderbury Islands, 1983; da House of Gaga, Amsterdam). In generale seguo giovani artisti dell’America Latina.

Che tendenze vedi in atto tra gli artisti emergenti?
Noto che molti si sono allontanati dalla pratica di una pittura astratta seriale e un po’ fine a se stessa per approdare a una maggiore sperimentazione e all’utilizzo di tecniche e materiali vari, dal vetro alla ceramica.
Come è cambiato il sistema da quando hai cominciato a collezionare?
Si è allargato, in termini di soggetti attivi, proposte, dinamiche, con un esito a tratti cacofonico e schizofrenico. Iniziare una collezione oggi sarebbe molto più difficile. Nell’ultimo anno il sistema ha rallentato, e credo ciò preluda a una maggiore selezione.
Antonella Crippa
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #33
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