La rivoluzione digitale di Istituto Marangoni Firenze. Intervista a Francesca Giulia Tavanti

La didattica, ma anche i settori di moda e arte, hanno affrontato in questi mesi una importante sfida. Istituto Marangoni Firenze ha risposto con una programmazione importante e lavorando ancora di più sul digitale. Ecco cosa accadrà nella prossima stagione.

L’emergenza Covid-19 ha messo in discussione molti degli aspetti produttivi e professionali che riguardano i settori della moda e dell’arte. E naturalmente della didattica. Istituto Marangoni Firenze, che nella propria proposta formativa prepara i professionisti del domani integrando gli aspetti organizzativi, comunicativi e professionali di questi due mondi, lasciando che arte e moda si contaminino, si è posta una domanda: come rispondere alle sfide del presente? Ci risponde Francesca Giulia Tavanti, Programme Leader Arts, raccontandoci anche come sarà l’anno scolastico 2020-21. 

L’emergenza Covid-19 ha messo in discussione molti degli aspetti fondamentali delle filiere della moda e dell’arte, ma ha anche portato alla luce tutta una serie di domande che erano già emerse nel periodo pre-Covid, ad esempio la questione dell’ambiente o l’importanza del digitale. Cosa è cambiato secondo te, anche a livello di percezione collettiva?
In questi mesi mi sono messa in ascolto. Ho letto molto, partecipato a webinars, mi sono confrontata con amici, colleghi, professionisti di entrambi i settori. Capire cosa sia cambiato o cosa stia cambiando, è un esercizio arduo, soprattutto perché mentre l’Italia è uscita già da qualche mese dalla fase acuta dell’emergenza, altre parti del mondo sono ancora in grande difficoltà. Di conseguenza lo scenario internazionale continua a mutare e per quanto il dibattito critico e teorico sia vivo e puntuale, credo che ancora non siamo in grado di mettere completamente a fuoco l’impatto effettivo di questa pandemia. Trovo che la parola accelerazione, spesso associata ai cambiamenti di questo periodo, inquadri perfettamente la situazione attuale.

Spiegati meglio…
L’emergenza Covid-19 ha di fatto velocizzato una serie di processi già in atto da alcuni anni; li ha resi evidenti, necessari e imprescindibili, non solo in riferimento ad alcuni settori specifici, ma in relazione alla sopravvivenza fisica e mentale del singolo individuo. La rivoluzione digitale per esempio, di cui tanto si sta discutendo anche nei settori dell’arte e della moda, è uno di quei processi a cui la pandemia ha permesso una fortissima accelerazione. La fascinazione per le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie e dal virtuale, non è infatti qualcosa di nuovo. Il lockdown ha, però, imposto a tutti noi una relazione completamente inedita. Il digitale era nelle nostre vite prima del Covid, era nelle nostre case, nei nostri rapporti privati e professionali, aveva già modificato le nostre abitudini, la nostra quotidianità e i nostri comportamenti sociali. Se fino a qualche mese fa aveva ancora un carattere accessorio, con la quarantena è diventato qualcosa di assolutamente necessario.

Pitti, gennaio 2020, Camilla Riccò

Pitti, gennaio 2020, Camilla Riccò

In che modo?
Definire il significato di reale e virtuale (se ancora possiamo parlare di due concetti distinti) è una delle urgenze di oggi, come lo è sondare la validità delle esperienze associate a ciascuna di queste dimensioni. Ci stiamo interrogando tutti su questi punti, perché ognuno di noi, dal bambino al manager, dal gallerista al fashion photographer, ha dovuto testare in prima persona lo spazio digitale. La domanda che sembra quindi affiorare a livello collettivo è se la virtualità possa davvero reggere il confronto con la dimensione reale, esserne una valida alternativa. E qui, ovviamente, potremmo andare avanti ad infinitum, addentrandoci in una discussione assolutamente affascinante sui concetti di reale e di virtuale, ma preferisco fermarmi.

E invece a livello professionale?
Penso che la riflessione di prima possa essere applicata anche a un livello professionale. Come storica dell’arte e docente mi sono posta tante domande in questo periodo. Ho riflettuto sul futuro dell’arte e più che sulla fase di produzione, mi sono concentrata molto su quella di fruizione, su come cambierà la nostra esperienza dell’arte. Mi ritengo molto aperta al cambiamento e non condivido lo scetticismo nei confronti dell’applicazione delle nuove tecnologie. Sono, però, molto curiosa di capire dove ci porterà la dimensione virtuale in relazione all’incontro con l’opera d’arte. Lo stesso pensiero mi viene da applicarlo nei confronti della moda: il digitale sarà capace di imporsi come valido sostituto dell’esperienza fisica, dell’incontro e del contatto? Arte e moda hanno un carattere evenemenziale molto spiccato, legato a una precisa modalità di socializzazione. Come verrà appagato tutto questo?

Domande importantanti…
Sì, un altro aspetto che mi affascina è il cambiamento innescato nei due sistemi economici e strutturali che le sostengono. Non è un caso che in questi mesi si siano levate in coro richieste di un rallentamento dei ritmi frenetici a cui stilisti e artisti devono sottostare. Il desiderio di un tempo nuovo, non più scandito dalle necessità del mercato, ma dalla fisiologia dello stesso processo creativo è qualcosa di estremamente attuale. E qui mi vengono in mente le dichiarazioni di Giorgio Armani o di Alessandro Michele, ma anche le graffianti parole di Jerry Saltz e di tanti altri amici e colleghi: accorati appelli per sfruttare la crisi attuale come preziosa occasione per rifondare, su basi nuove, entrambi i sistemi.

Francesca Giulia Tavanti

Francesca Giulia Tavanti

Istituto Marangoni Firenze lavora sulle contaminazioni tra arte e moda: come queste due discipline possono incontrarsi per costruire un nuovo immaginario efficace nei mesi che verranno?
Il dialogo tra arte e moda ha radici molto profonde e questo scambio ha sempre generato innovazione e cambiamento. Se fino a qualche decennio fa era possibile delimitare questa relazione attraverso il concetto di ispirazione, oggi questo non è più sufficiente a contenere tutta una serie di progetti, collaborazioni e sconfinamenti disciplinari che alimentano la produzione culturale contemporanea. L’interesse per questo spazio interstiziale dove arte e moda s’incontrano e si mescolano l’una all’altra, è una delle principali caratteristiche del DNA della scuola di Firenze. È un territorio ibrido, che sfugge ancora a una definizione e questo gli permette di avere un grandissimo potenziale per il futuro non solo a livello di immaginario, ma anche di nuove professioni. L’accelerazione digitale di questi mesi ha ulteriormente ampliato il ventaglio di possibilità, le strade percorribili, le diverse direzioni da esplorare. Noi siamo fermamente convinti che questo incontro tra arte, moda, digitale e vorrei aggiungere anche scienza, darà vita a soluzioni inattese e rivoluzionarie. Per questo motivo negli ultimi mesi abbiamo aggiornato tutti i nostri piani di studio e introdotto nuovi percorsi formativi.

In che modo Istituto Marangoni ha e sta lavorando su contenuti e digitali per offrire una didattica ancora più interessante e funzionale alle nuove professioni?
L’attuale panorama internazionale e lo scenario futuro che si sta configurando, richiedono una visione completamente nuova, audace. Per questo motivo, come ho accennato anche prima, abbiamo voluto aggiornare tutti i nostri corsi delle aree di arte, fashion design, business e styling, introducendo al loro interno focus didattici che supportino la preparazione di figure professionali idonee al presente e pronte per le sfide del futuro. Tutti i docenti che insegnano in Istituto Marangoni sono dei professionisti e questo ci permette di modificare in tempo reale i contenuti dei nostri corsi in base alle esigenze del mondo esterno. Ovviamente questo periodo ha richiesto, però, una riflessione più profonda e, di conseguenza, un intervento più strutturato. Abbiamo organizzato plenary meeting tra docenti, round table con esperti esterni, conferenze con i maggiori protagonisti dei due settori per portare all’interno dei programmi innovazione e avanguardia. 

Pitti, gennaio 2020, Camilla Riccò

Pitti, gennaio 2020, Camilla Riccò

Il digitale dunque è sempre più importante…
Possiamo dire che in Istituto Marangoni è in corso una rivoluzione tecnologica dettata dalla volontà di anticipare e prevedere le trasformazioni dell’identità di queste discipline e dei sistemi economici che le sorreggono. Tutti i nostri corsi hanno un focus sulle nuove tecnologie (3D design, 3D printing, VR, AR, Video Mapping) e un approccio appunto interdisciplinare. Intersecare una solida preparazione con le possibilità offerte dal mondo hi-tech è un obiettivo importante per il futuro degli studenti.

Come si integreranno gli strumenti offerti dal digitale con la didattica in presenza?
Il lockdown ha velocizzato un orientamento già presente all’interno di Istituto Marangoni: di fatto in 48 ore siamo riusciti a trasformare un’eccellenza formativa offline nell’equivalente in formato digitale. Per i docenti è stata ovviamente una grandissima sfida, poiché hanno dovuto riformulare e adeguare i programmi alle esigenze della piattaforma online, oltre a creare un nuovo tipo di relazione con gli studenti. Con il nuovo anno accademico l’esperienza acquisita durante la quarantena verrà riportata in aula, mentre a tutti gli studenti che non potranno raggiungere Firenze, daremo la possibilità di partecipare alle lezioni mediante piattaforme online. Questo significa che ci avvarremo di sofisticate tecnologie per assicurare anche agli studenti che seguiranno le lezioni online, una fruizione perfetta e una learning experience di altissimo livello.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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