Educazione al museo. Il libro e l’intervista a Marco Peri

Parola a Marco Peri, educatore museale e autore di un libro che re-immagina la sua disciplina.

A distanza di due anni dalla nostra precedente intervista, siamo tornati a trovare l’esperto di educazione museale Marco Peri in occasione dell’uscita del suo libro Nuovi occhi.

A distanza di due anni ci ritroviamo per parlare dell’uscita del tuo libro Nuovi occhi. Lo consideri un vero e proprio frutto nato dalle esperienze, dai progetti e dalle tue ricerche in campo educativo?
La volontà di scrivere il libro nasce dal desiderio di condividere una serie di riflessioni e dalla necessità di tenere viva la mia ricerca tra arte ed educazione aprendola a una pluralità di voci. Nel testo ho cercato di affermare ciò che per me è importante per creare esperienze coinvolgenti e significative nel museo, tuttavia non è un saggio di metodologie o tecniche da applicare, vuole essere soprattutto uno stimolo per ispirare nuovi progetti e nuove azioni da sperimentare con il pubblico e uno spunto per riflettere criticamente su come rispondere ai bisogni educativi del nostro tempo. Per me rappresenta il tentativo di condividere una ricerca-pratica maturata nella mia esperienza con i visitatori e dall’opportunità di incontrare come docente per la didattica museale la comunità di professionisti che si impegna in campo educativo. Queste esperienze mi hanno permesso di mettere a fuoco un personale approccio che considera gli spazi di relazione del museo uno straordinario contesto in cui mettere alla prova nuove visioni educative per offrire alle persone occasioni di crescita, personale e culturale.

Del volume mi ha colpito l’essere ricco di domande, di interrogativi che immagino tu voglia condividere con la comunità di colleghi, docenti, nonché futuri educatori. Che temperatura pensi abbia attualmente tale dibattito? Ci sono luoghi adatti, o meglio, c’è la reale volontà di discuterne all’interno delle istituzioni?
Il mio auspicio è che questi pensieri possano supportare chi si impegna quotidianamente con il pubblico a far nascere nuove idee, a sviluppare nuovi progetti, a costruire una comunità di educatrici ed educatori museali sensibili e consapevoli del proprio ruolo. Mi pare di riconoscere nel panorama italiano moltissime realtà museali e professionisti che lavorano con ottimi risultati. Se possiamo notare che esiste un cambio di attenzione verso la didattica museale, non siamo ancora di fronte a una vera e propria svolta. Purtroppo nella stragrande maggioranza dei casi i servizi educativi dei musei continuano a vivere nell’ombra, e così i professionisti che si impegnano in quest’avventura pedagogica soffrono costantemente problemi di precarietà o scarso riconoscimento professionale. Tanto nei grandi musei quanto nei piccoli, la ‘didattica’ continua a essere un’attività marginale, o addirittura residuale che spesso risulta avulsa dalle altre funzioni del museo. È necessario un cambio di paradigma per rivendicare all’attività educativa un ruolo strategico di centralità, riconoscerne la capacità di costruire incontri e scambi proficui per far crescere il pubblico sia in senso quantitativo che in senso culturale, che è l’essenza stessa della missione dei musei. Per me è molto importante considerare l’ambito dell’educazione museale come un campo di ricerca che ha bisogno dell’interazione di tante sensibilità e di tante competenze.

Marco Peri – Nuovi occhi. Reimmaginare l'educazione al museo (StreetLib, Milano 2019)

Marco Peri – Nuovi occhi. Reimmaginare l’educazione al museo (StreetLib, Milano 2019)

Spiegati meglio.
Il cosiddetto ‘Dipartimento Educativo’ del museo dovrebbe agire come un ‘centro di ricerca per l’educazione’, che si interroga, con una pluralità di voci, su quale ruolo e quali strumenti l’educazione museale può interpretare per rispondere agli interrogativi del contesto socioculturale contemporaneo. Nel libro segnalo quanto sia importante fare rete, contaminare le pratiche, dare voce ai protagonisti, valutare in senso qualitativo le azioni didattiche per rendere sempre più visibile il ruolo educativo. Dipende da noi, da tutti i professionisti che operano con esperienza, saper andare oltre le consuetudini, impegnarci per realizzare attività educative innovative e restituire centralità al nostro ruolo.

Con il titolo “nuovi occhi” immagino tu voglia metaforicamente invitare ad applicare differenti metodologie e punti di vista rispetto all’educare al museo. Ma ti interessano anche gli approcci multi-sensoriali, corporei, extra-visivi? Li hai mai sperimentati?
Il titolo allude proprio alla volontà di offrire uno sguardo nuovo verso la didattica museale, è un invito ad adottare un cambio di prospettiva per ripensare l’educazione con l’arte. Re-immaginare l’educazione al museo significa per me provare a considerare gli spazi di relazione del museo contemporaneo come il luogo ideale per sperimentare nuovi approcci comunicativi per aiutare le persone a leggere e interpretare il proprio tempo. Non solo stimolare le persone a essere più disinvolte nel rapporto con l’arte, ma favorire un approccio alla complessità, sollecitare capacità di riflessione, emozione, intuizione, creatività, senso di meraviglia e crescita personale. Metaforicamente i *nuovi occhi* sono anche tutti gli strumenti che possono supportare il pubblico per una migliore accessibilità dei contenuti culturali che i musei espongono. È naturale che in questa ricerca il museo si debba aprire all’interazione tra diversi campi del sapere, esplorando con attitudine sperimentale approcci adeguati per ogni contesto e ogni pubblico. Personalmente sono interessato alla sperimentazione, sempre pronto ad accogliere nel mio metodo nuovi approcci per accrescere l’esperienza del pubblico. Nella mia pratica cerco di partire dall’autenticità delle relazioni umane, dall’incontro vivo e diretto tra le opere e il pubblico per aprire spazi di scambio intensi e trasformativi.

Galleria Comunale d'Arte, Cagliari. Photo Marco Peri

Galleria Comunale d’Arte, Cagliari. Photo Marco Peri

La difficoltà del percorso formativo in questo ambito, a livello universitario, rende ancor più difficile, confusa e priva di orientamento la costruzione della figura degli educatori nei nostri musei? Che consigli ti senti di dare?
Le competenze per lavorare nei contesti educativi sono necessariamente trasversali. Mi pare che da qualche tempo ci sia un interesse sempre maggiore per specializzarsi in didattica museale ma probabilmente non sono tanti i percorsi formativi che possono preparare la trasversalità di competenze necessarie per lavorare sul campo. I professionisti che operano nell’educazione museale dovrebbero possedere spiccate abilità comunicative e relazionali, avere conoscenze approfondite sui contenuti del museo e capacità pedagogiche per elaborare proposte adeguate per ogni occasione, inoltre è importante saper fare ricerca e valutare la qualità dei progetti che si realizzano. Mi sembrano determinanti anche alcuni tratti caratteriali come la resilienza, l’empatia e la creatività. Essendo un ambito essenzialmente pratico, è fondamentale poter fare esperienza diretta, accompagnare gruppi di persone diverse a fare scoperte, a conoscere, a dialogare con l’arte, solo questa necessaria esperienza può consentire di trovare il personale approccio educativo per condividerlo con il pubblico.

Infine quali sono le caratteristiche del “contesto educativo” museo che lo differenziano da tutti gli altri e ti hanno portato a sceglierlo, nonostante tutto?
Gli orizzonti che si possono esplorare educando con l’arte sono molto estesi e per queste ragioni le educatrici e gli educatori museali devono essere coscienti del ruolo trasformativo che possono avere per la vita delle persone che incontrano. Interpreto il ruolo del museo nella società contemporanea come spazio totale, uno spazio pubblico dove prende forma la relazione tra cultura e persone. Considero il vero patrimonio del museo non solo le opere in mostra ma specialmente le persone, cioè tutti coloro che ci lavorano e soprattutto gli artisti e il pubblico. Per questo motivo il mio impegno è quello di rendere le persone protagoniste attraverso esperienze di visita coinvolgenti, che permettano di abitare il museo in modo partecipe e creativo, costruendo occasioni in cui l’esperienza di visita si intreccia con la loro vita. Il carattere innovativo e sperimentale delle attività che si possono proporre nel museo può contribuire a dare nuova energia anche al sistema educativo scolastico, offrendo ai giovani visitatori così come ai docenti nuove opportunità per condividere e costruire insieme sapere e conoscenza. Il museo contemporaneo per me è la casa che può accogliere la molteplicità dei linguaggi artistici: dall’architettura alla musica, dalla poesia alle arti performative. Sono convinto che i musei possano assumere il ruolo di agenzie educative straordinarie, perché offrono un contesto ottimale per sperimentare nuovi processi per costruire una cultura condivisa, per contribuire a formare una comunità curiosa e sensibile, dotata di senso critico, aperta alla complessità, alle differenze e ai cambiamenti.

Annalisa Trasatti

Marco Peri – Nuovi occhi. Reimmaginare l’educazione al museo
StreetLib, Milano 2019
Pagg. 120, € 12,49
ISBN 9788835342595
http://www.marcoperi.it/

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Annalisa Trasatti

Annalisa Trasatti

Sono laureata in Beni culturali con indirizzo storico artistico presso l'Università di Macerata con una tesi sul Panorama della didattica museale marchigiana. Scrivo di educazione museale e didattica dell'arte dal 2002. Dopo numerose esperienze di tirocinio presso i principali dipartimenti…

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