La storia di Zerynthia, un esperimento artistico nomade

Ci sono Mario Pieroni e Dora Stiefelmeier alla base di Zerynthia, il progetto che per anni ha portato l’arte in luoghi impensabili. Oggi un libro ne ripercorre la storia.

Quando nel 1992 Mario Pieroni e Dora Stiefelmeier chiudono la galleria di via Panisperna, nessuno aveva capito cosa pensavano di fare “invece e dopo”. Forse tanto bene non lo sapevano neanche loro, così come nessuno di noi sapeva che ci avrebbero costretti a seguirli tra borghi e cave, parchi e paesini, cantine e pinete, stalle e castelli.
Anche Zerynthia, il nome scelto per tanta impresa, non era chiaro cosa fosse. È infatti grazie a loro che abbiamo scoperto trattarsi di un lepidottero diurno dalle ali ricamate in nero e rosso su fondo giallo, presente ovunque in Italia tranne in Sardegna. Luogo che, a differenza della farfalla, l’intrepida coppia Dora&Mario (che impropriamente chiamiamo Pieroni per puro maschilismo) ha ovviamente raggiunto e conquistato nel 2018 in quel di Sassari, dove gli scaffali della ex biblioteca universitaria rimasta vuota furono riempiti da opere di artisti a cui era permesso usare ogni tecnica, ma richiesto di obbedire a due condizioni: le misure e un allestimento ordinato secondo un rigoroso ordine alfabetico.

I PROGETTI NOMADI DI ZERYNTHIA

È un tipico esempio di un’operazione alla Zerynthia, un caso di nomadismo eclettico che mette in relazione artisti con poeti, architetti con scienziati, e soprattutto accademici, rettori, sindaci, assessori di cittadine e borghi fino allora impenetrabili ai linguaggi contemporanei.
Come facessero a convincerli resta un mistero. Come coinvolsero, ad esempio, nel 2001 i pubblici laziali amministratori di Carpineto, Colleferro, Paliano, Piglio e Valmontone ad aprire le porte di castelli e palazzi a Luigi Ontani, Bruna Esposito, Karel Appel in un percorso a bordo della politica e policroma Auto panoramica di Elisabetta Benassi?
Come sono riusciti nell’estate del 1996 ad avere i permessi necessari di apertura al pubblico delle cave di Rapolano, con le pareti scoscese tagliate nel travertino e il laghetto spuntato dalle viscere della terra? Cave, che nel “Solstizio d’estate” orchestrato da Zerynthia, diventano stupefacente palcoscenico di eventi e performance. E che indimenticabili performance! Franz West, Alfredo Pirri, Jan Fabre, Annie Ratti, musiche di Carlo Crivelli, canti dell’Ensemble Georgika, versi di Daniele Bollea: una maratona.
Questa pazzia è fantastica!, si chiamava l’intervento di Jan Fabre: come dargli torto?
È la stessa fantastica pazzia che ha permesso a Vettor Pisani di costruire il Museo della Catastrofe nella sghemba, puntuta casetta in bilico sul candido e allucinato dirupo della cava. Un luogo che Böcklin avrebbe amato almeno quanto lo ha amato Vettor. E poi in disordine sparso arrivano ricordi di Paliano: il simposio curato da Caroline e Hans Ulrich nel Parco degli Uccelli con Fabrice Hybert, Rosemarie Trockel, Jimmie Durham accanto a ornitologi, etologi, scrittori e le schede dei pennuti firmate Chris Marker. E sempre in questo bellissimo angolo di Lazio, le tante mostre, chiacchiere, pranzi sul prato e grigliate ospitati nel casale delle scuderie Colonna con le sue sette sale affrescate da Sol LeWitt, dove tra quei muri nasce tra l’altro anche il Progetto Oreste di Cesare Pietroiusti.

Dora Stiefelmeier, Mario Pieroni e Alberto Moravia in occasione dell'inaugurazione della mostra di Gilbert & George, Galleria Pieroni, Roma 1984. Photo Enrica Scalfari

Dora Stiefelmeier, Mario Pieroni e Alberto Moravia in occasione dell’inaugurazione della mostra di Gilbert & George, Galleria Pieroni, Roma 1984. Photo Enrica Scalfari

LA STORIA DI ZERYNTHIA IN UN LIBRO

Zerinthya era un luogo senza sede fissa, con la porta sempre aperta a musicisti, artisti, critici, giornalisti. Un calendario di eventi memorabili come l’ultimo capodanno del secolo a casa di Christine Ferry per celebrare, insieme al nuovo millennio, il compleanno di Mario Merz e il poetico commiato esposto nella foresteria di Piazza Vittorio. L’ultimo disegno del 1999, una mostra collettiva, un intenso e poetico saluto a quei cento anni di rivoluzioni, avanguardie, movimenti, che avevano cambiato l’essenza stessa dell’arte.
E adesso ecco, nel pieno di un tempestoso nuovo secolo, arriva Il libro di Zerynthia: uno zibaldone, un archivio, un album di famiglia soprattutto in 520 pagine di immagini, articoli, inviti, foto e ricordi. Non una documentazione ma “una narrazione capace di evocare l’atmosfera nella quale queste mostre sono nate“, è scritto nell’incipit.
Bella atmosfera, caotica e generosa, lontana da quella molto più paludata che viviamo oggi tra vip card, fiere e feste con dress code. O meglio: vivevamo fino a ieri. Ma forse domani, dopo questa lunga, esasperante parentesi da Covid che ci ha privato del rapporto con l’arte e con gli artisti, verrà di nuovo voglia di sperimentare “una pazzia fantastica “nel segno dei Pieroni/Stiefelmeier e sull’esempio di questo volumone di ricordi e di Storia, dove tra un Franz West che beve una birra, Ettore Spalletti che fuma una sigaretta e Gerhard Richter che riceve la medaglia capitolina, tra migliaia di persone, centinaia di foto, decine di eventi che queste pagine raccontano, magari, guardando bene, vi riconoscerete anche voi.

‒ Alessandra Mammì

Dora Stiefelmeier (a cura di) – Il libro di Zerynthia
Di Paolo Edizioni, Spoltore 2020
Pagg. 516, € 70
ISBN 9788897676195
www.dipaoloedizioni.it

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