LA MOSTRA E IL PROGETTO
Tra dicembre 2014 e febbraio 2015, la Galleria Biffi Arte di Piacenza ha ospitato una mostra collettiva che raccoglieva opere di autori come Giacomo Balla e Umberto Boccioni, Corrado Cagli e Giuseppe Capogrossi, Carlo Carrà e Giorgio de Chirico, Piero Dorazio e Jean Fautrier, Renato Guttuso e Ottone Rosai, Scipione e Ardengo Soffici, e l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo. Cosa, o meglio chi, li accomunava? Giuseppe Ungaretti.
La mostra, dal titolo Ungà. Giuseppe Ungaretti e l’arte del XX secolo, costituiva infatti la prima parte di un progetto che comprende anche un libro omonimo, edito da Nomos di Busto Arsizio. Entrambi, mostra e volume, curati da Angela Madesani.
COME TI COMPLETO UN MERIDIANO MONDADORI
Perché dunque parlarne in questa rubrica? In fondo, il libro è un prodotto ben confezionato, ma da sé non giustificherebbe questa rilevanza. Il fatto è che si tratta nientemeno che di un addendum al Meridiano che Mondadori dedicò, nel 1974, a Saggi e interventi dello stesso Ungaretti.
Un tomo fondamentale per conoscere l’anima non strettamente poetica di Ungà (come lo chiamava Fautrier), questo è fuori di dubbio, ma che ahinoi non comprende i suoi numerosi scritti dedicati all’arte. Insomma, qui si tratta di colmare una lacuna non da poco, con pagine pubblicate fra il 1926 e il 1968 su riviste, quotidiani e cataloghi di mostre che non sono certo di facile reperibilità.
E così si riesce pure a ricostruire agevolmente una parte importante della figura di Ungaretti, che al rapporto con le arti visive e con gli artisti ha dedicato moltissimo, come rammenta la stessa Madesani nelle pagine introduttive al volume.

UNGARETTI SALVA DE CHIRICO
Si comincia dunque nel 1912, quando Ungaretti è a Parigi, a stretto contatto con quell’ambiente d’avanguardia che rese la capitale francese un luogo magico per almeno un paio di decenni. E la storia prosegue, punteggiata da inevitabili aneddoti, con il poeta che vive nello stesso stabile in cui c’è lo studio di de Chirico, che però è costretto ad abbandonarlo e a lasciare pure le sue tele; solo grazie a Ungaretti non finiscono al mercato delle pulci, ma nelle mani di André Breton. E ancora, nel breve e colto testo della Madesani si racconta di questo amore per l’arte che prosegue anche a Roma, e del sodalizio con la Scuola di via Cavour, fino al sostegno nei confronti di Mario Schifano.
E poi, e poi ci sono i testi di Ungaretti. Dagli stili molteplici, dal più lirico al più graffiante. Giusto un passo, datato 1927: “Un vizio portato dalle idee romantiche è quello di chiamare a giudice il pubblico. Chi è il pubblico? Chi è costui? Questo testone sapientissimo, questo gusto squisito, quest’assoluta probità dov’è? Eppure ci sono editori, direttori di giornali, critici che vi dicono: ‘È roba che non va per il pubblico’. Non vi dicono: ‘Per il mio gusto non va; per l’indirizzo estetico o morale che voglio dare al mio pubblico, non va’”.
Marco Enrico Giacomelli
Ungà. Giuseppe Ungaretti e l’arte del XX secolo
a cura di Angela Madesani
Nomos, Busto Arsizio 2014
Pagg. 136, € 14,90
www.nomosedizioni.it
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #24
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