È morto Massimo Mattioli, leggenda italiana del fumetto

Addio a Massimo Mattioli, leggenda del fumetto mondiale. fondatore della rivista “Cannibale” negli anni settanta, creatore di mondi impossibili e personaggi indelebili. Quest'anno era tornato in libreria dopo un lungo periodo di silenzio.

Scompare all’età di 75 anni Massimo Mattioli. Disegnatore geniale ed eclettico, creatore di stili e soprattutto di storie. Nato il 25 agosto del 1943, il fumettista si è spento a Roma lo scorso 23 agosto dopo una breve malattia. Le sue vignette hanno saputo far ridere, impressionare, passando dall’umorismo più splatter ai racconti per bambini, dal porno nonsense alla fantascienza. Un talento incontenibile, dirompente come pochi, e che era tornato in libreria proprio quest’anno con ben tre pubblicazioni dopo un lunghissimo periodo di quasi invisibilità.

GLI ESORDI

Conosciuto soprattutto per aver legato il suo nome a quello della storica rivista Cannibale negli anni Settanta, Mattioli aveva esordito nel mondo del fumetto nel 1965 con le prime strisce sulle pagine de Il vittorioso. Un esordio peraltro già indicativo di quello che sarebbe stato il suo linguaggio artistico negli anni a venire: segno scarno e diretto, animali parlanti e i primi accenni a una comicità poetica e surreale. Caratteristiche, queste, che troveranno modo di affinarsi negli anni successivi, grazie alle collaborazioni con la rivista francese Pif e quella inglese Mayfair.
Nel 1973 arriva invece uno dei personaggi più memorabili di Mattioli. Sulle pagine de Il giornalino esordisce Pinky, il coniglietto rosa destinato a durare per decenni nella memoria di intere generazioni di amanti del fumetto. Col piccolo fotoreporter sempre a caccia di notizie l’umorismo di Mattioli si fa ancora più tagliente, a tratti cinico. Il segno diventa più asciutto, la provocazione è dietro l’angolo e, nonostante la matrice cattolica della rivista che ne ospita le storie, Pinky si conferma presto come uno dei fumetti più amati (e longevi) del nostro tempo.

GLI ANNI DI CANNIBALE

Ma Massimo Mattioli è stato, prima di tutto, artefice e testimone di una stagione irripetibile del fumetto italiano – quella di fine anni Settanta quando, insieme a Stefano Tamburini, fonda la rivista underground Cannibale: più che un magazine, un crogiolo di sperimentazione per un’intera generazione di fumettisti.
Da Cannibale passano nomi tra i più freschi della scena del tempo: Andrea Pazienza, Tanino Liberatore e Filippo Scòzzari su tutti. Un dream-team di fumettisti giovanissimi, originali, ma soprattutto liberi: il loro disegno è sovversivo, guardano tutto e prendono tutto con una verve sperimentale esplosiva, creando storie e immagini dissacranti, frutto dello spaesamento di un’intera generazione lasciata alla deriva.
Sono di questi anni altri personaggi memorabili del percorso di Mattioli: su tutti Joe Galaxy, una specie di cornacchia alle prese con situazioni assurde, violento e sempre comico. Il gusto nonsense, ricorrente nell’opera dell’artista romano, in questo periodo si assoda e trova in Cannibale tutto lo spazio per esprimersi a dovere.

UN SABOTATORE DEL DISEGNO

L’indagine di Mattioli continua negli anni Ottanta, grazie alla collaborazione con Frigidaire.
Sulle pagine della celebre rivista esce, nel 1984, Squeak the Mouse, il topolino sanguinario: una sorta di Tom & Jerry in salsa splatter, con dosi spropositate di violenza e pornografia. La leggenda vuole che anche Matt Groening, creatore dei Simpson, se ne fosse innamorato al punto da lasciarsene influenzare nella creazione dei suoi Grattachecca e Fichetto. E poi ancora i fumetti per Il Male, Corto Maltese, Comic Art e le illustrazioni per alcuni tra i magazine internazionali più acclamati, da Vogue a Vanity Fair. Le mostre, i videoclip animati, le sceneggiature per il cinema e la televisione…
Il percorso di Massimo Mattioli è stato lungo ed eclettico come pochi, e scriverne rischierebbe solo di sminuirlo. Più che un fumettista è stato un “sabotatore” del disegno. Un artista “pop” nella misura più completa del termine, capace di una ricchezza espressiva fuori dal comune.
Perché ostinarsi a cercare parole per descriverlo, dunque? Correte a leggerlo e ad innamorarvi della sua feroce poesia.

Alex Urso

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Alex Urso

Alex Urso

Artista e curatore. Diplomato in Pittura (Accademia di Belle Arti di Brera). Laureato in Lettere Moderne (Università di Macerata, Università di Bologna). Corsi di perfezionamento in Arts and Heritage Management (Università Bocconi) e Arts and Culture Strategy (Università della Pennsylvania).…

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