
Dopo aver raccontato come ritrarre l’intera collezione di un museo, nel catalogo della collezione del Castello di Rivoli, e come riflettere sull’emblematica produzione artistica di Mario Merz, nel volume dedicato ai suoi Igloo, potrebbe sembrare riduttivo orientare l’attenzione verso il più tradizionale fra i cataloghi: quello di una mostra.
In realtà, non è così. La sopravvivenza dei progetti espositivi, almeno sul piano documentario – quella culturale, invece, passa anche attraverso le reminiscenze dell’esperienza dei visitatori – dipende proprio dai cataloghi. Il volume edito da Marsilio in occasione della retrospettiva dedicata a Nari Ward, presso il Pirelli HangarBicocca, si presta perfettamente a evidenziare alcune scelte editoriali capaci di esaltare una pubblicazione di questo tipo.
Fondamentale è ricordare quanto tutto dipenda dalla mostra stessa, in questo caso una retrospettiva sull’artista di origini giamaicane Nari Ward, naturalizzato statunitense, in cui sono stati esposti lavori che attraversano l’intero arco della sua carriera, accanto a interventi specificamente ideati per l’occasione. Tra questi, alcuni rappresentano l’adattamento site-specific di progetti concepiti per altri luoghi e altri usi, il cui contesto originario viene approfondito all’interno del catalogo.

La copertina del catalogo della mostra su Nari Ward del 2024
Giudicare il catalogo dalla copertina con Nari Ward. Ground Break, a cura di Roberta Tenconi e Lucia Aspesi, è possibile. Esso conserva infatti una delle qualità ricorrenti nei volumi dell’HangarBicocca: una copertina capace di trasmettere, fin dalla sua superficie, il carattere della mostra a cui è dedicata. Come già avvenuto per la carta ruvida e satinata del catalogo di NOw/Here, che evocava le superfici metalliche arrugginite dei ritratti di Gian Maria Tosatti, o per i tagli netti nel cartone che rivestiva Bruce Nauman. Neons Corridors Rooms, simili alle finiture delle sue installazioni. Anche la copertina blu elettrico di Ground Break richiama un elemento dell’allestimento, ovvero l’intricato filamento dell’opera ambientale Hunger Cradle (1996), posta in apertura del percorso. Un vezzo, questo, che eleva il catalogo a oggetto estetico, invitando anche i non addetti ai lavori alla sua lettura.

Catturare la mostra con il catalogo
Il primo capitolo del catalogo è dedicato interamente alle immagini della mostra, catturata nella sua monumentale estensione. Nelle Navate dell’HangarBicocca, Ground Break non si limita a occupare la superficie, ma si sviluppa anche in verticale, con opere sospese che scendono dal soffitto e contribuiscono a definire l’architettura dello spazio. In circa settanta fotografie, realizzate da Agostino Osio – tra cui numerose installation views su doppia pagina e diversi dettagli – le caratteristiche principali della mostra vengono restituite con grande nitidezza. Riuscire, attraverso le immagini, a trasmettere l’ampiezza degli spazi e l’entità dei volumi è un aspetto cruciale della documentazione espositiva. Spiccano, tra le immagini, la verticalità dei lavori più alti e sospesi; i fondali scenografici ideati da Nari Ward per la Geography Trilogy (1997–2004) del coreografo Ralph Lemon, qui adattati al contesto espositivo; e Happy Smilers: Duty Free Shopping (1996), una delle installazioni presenti nella prima grande personale in galleria dell’artista.

Saggi e interviste per raccontare la pratica artistica di Nari Ward
A compendio di una pratica artistica solida, nonostante gli antenati ingombranti che si ereditano lavorando con l’oggetto trovato e l’installazione ambientale, i testi contenuti nella seconda parte del catalogo raccontano lo sviluppo dell’opera di Nari Ward lungo l’arco di una carriera. Christina Sharpe indaga il significato stratificato degli oggetti recuperati dall’artista – spesso materiali di scarto – che, una volta ricontestualizzati, rivelano una densità culturale e storica inattesa. Ne è esempio emblematico la presenza ricorrente delle manichette antincendio, un tempo strumento di repressione razziale. A completare questo ritratto della pratica di Ward, il contributo di Jessica Bell Brown restituisce il ruolo decisivo della collaborazione nella costruzione delle opere. A partire dalla scenografia ideata per Geography di Ralph Lemon – dove l’installazione diventa ambiente performativo e dialogico – emerge un approccio aperto, inclusivo, che si radica nei luoghi vissuti (Harlem su tutti) e nelle relazioni tra corpi, oggetti e memorie. Ordinati cronologicamente e alternati ai saggi, seguono testi autonomi, ciascuno titolato con il nome di una o più opere, approfondendole singolarmente ed evitando il formato impersonale delle schede, spesso presenti al fondo dei cataloghi. Coronano il percorso testuale due conversazioni: nella prima, fra Ward e le curatrici Roberta Tenconi e Lucia Aspesi, si riaffacciano i temi del contesto urbano e della condivisione progettuale; nella seconda, con Ralph Lemon, si riscopre invece la genesi di una collaborazione fondativa, capace di intrecciare scultura, coreografia e memoria sociale.
Unica nota a margine di un catalogo ineccepibile è la doppia lingua, inglese ed italiano, nel quale la seconda non è integrata organicamente nella pubblicazione.
Mattia Caggiano
Nari Ward. Ground Break
a cura di Roberta Tenconi, Lucia Aspesi
pag. 304, € 65
ISBN 9791254631959
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