Niente Caravaggio in Sicilia per Red Ronnie. “Il Green Pass ce l’ho ma non te lo mostro”

Red Ronnie e la sua ultima uscita sui social. Il caso scoppia in Sicilia, per via di una collezione museale inaccessibile a chi non rispetta le regole. E al margine della bufera mediatica, l’ospite indesiderato rivendica anche la pubblicità fatta al museo...

Da apprezzata voce della critica musicale italiana, appassionato conoscitore e divulgatore della scena pop/rock internazionale, tra carta stampata, radio e tv, a rappresentante di quella deriva populista, complottista e antiscientista, che sui social trova negli ultimi anni infinite praterie e spazi di diffusione. Il settantenne Red Ronnie ha scelto di restare sulla piazza mediatica, ma utilizzando questa scorciatoia. Inspiegabili militanze, tra subculture di massa e ideologie alla buona, cavalcate senza timore di perderci la faccia.
L’ultima disavventura, diffusa su Facebook con tanto di video di denuncia, spinge il disagio fino alla categoria del grottesco. Quando vuoi spiegare il significato della parola “cringe” e ti viene in soccorso l’esempio perfetto. Davvero non si riesce a capire il senso della vicenda e della protesta (a parte le solite guerriglie da tastiera, con tutto l’arsenale dei “poteri forti”, i “noncielodicono”, le paventate dittature sanitarie e non).

I due Caravaggio esposti al MuMe di Messina

I due Caravaggio esposti al MuMe di Messina

PORTE CHIUSE AL MUSEO DI MESSINA

Succede che Ronnie, atterrato in Sicilia, si sia trovato fra le vie di Messina, deciso a concedersi un momento di sosta culturale tra le sale del MuMe, museo regionale dalle grandi e inespresse potenzialità, con un’importante collezione che annovera anche due imponenti Caravaggio: la “Resurrezione di Lazzaro” e l'”Adorazione dei pastori”. Ed era proprio desideroso di ammirare i due capolavori caravaggeschi, il buon Red, rimasto purtroppo a bocca asciutta. Bloccati all’ingresso, nonostante spiegazioni e rimostranze, lui e i suoi accompagnatori hanno dovuto girare i tacchi e uscire, dopo un inutile teatrino.
Il motivo? Problemi di Green Pass. Documento posseduto, come candidamente ammesso – “ho detto che ce l’avevo (e ce l’ho perché ieri ho fatto tampone per prendere l’aereo)” – ma non adeguatamente esibito, come previsto dai regolamenti. A farsi spiare da custodi e bigliettai lui proprio non ci sta. Il Green Pass, ha spiegato, non può essere rilevato da nessun controllore, dal momento che “la Costituzione ritiene lo stato di salute di un cittadino un dato sensibile protetto dalla privacy”. Motivo per cui sarebbe legittimo non consegnarlo ad estranei: non sia mai che uno scanner possa rivelare di un libero cittadino nome, cognome, data di nascita, risultati dell’ultimo tampone o iter vaccinale (non si capisce allora a cosa dovrebbe servire il pass). In aeroporto, ha poi voluto precisare, il problema non si era posto, perché il foglio non era stato scansionato: era bastato sventolarlo rapidamente sotto il naso degli addetti alla sicurezza.

Dunque, dal suo profilo Facebook – piattaforma che dei propri iscritti incamera e gestisce non solo dati personali, ma ogni movimento, spostamento, valutazione, interesse tematico, ricerca commerciale – Ronnie arma una battaglia sulla privacy, allo scopo di non utilizzare un documento di cui si era dotato proprio per poter accedere a luoghi pubblici ed eventi. Non fa una piega.
Tranchant il commento del direttore del Museo, Orazio Micali, riportato da Repubblica: “Siamo un servizio pubblico, rispettiamo le norme, le applichiamo e le facciamo rispettare a chiunque. Che si chiami Red Ronnie o meno. Con rammarico mi trovo a commentare un’azione che ritengo premeditata e con finalità tutt’altro che onorevoli. Il signor Ronnie si è avvicinato alla biglietteria senza mascherina, rifiutandosi di metterla, così come gran parte dei suoi accompagnatori. E poi si è rifiutato di esibire il Green Pass. Si è creata una situazione che definisco imbarazzante, in quanto il signor Ronnie si è poi rifiutato di lasciare l’area, creando solo disagi e mancando di rispetto ai visitatori e a chi stava in quel momento lavorando. Poi è andato via, ma nel frattempo abbiamo chiesto l’intervento della polizia che ha subito acquisito tutte le nostre dichiarazioni. Ci tengo a ribadire che il Museo è un luogo di cultura e di culture, di pensieri e dialettiche. Un luogo che vanta opere di artisti e geni che hanno anche manifestato il loro dissenso attraverso l’arte. Perché è giusto manifestare il proprio pensiero, ma con gli strumenti adeguati e rispettando il pensiero e l’opinione altrui”.

Una sala del MuMe

Una sala del MuMe

LA LINEA DURA DI RED

Nulla di nuovo dal fronte di incalliti Novax e opinionisti bastiancontrari, tutti presi dalla loro missione di guerrieri naïf. Nel mezzo del dibattito rovente su pandemia, lockdown e vaccino – o meglio, “siero sperimentale genico”, come direbbero quelli di cui sopra, certi delle mutazioni in atto nel dna delle inconsapevoli cavie – Ronnie si era più volte espresso in modo netto. Il Covid? “Un esperimento di comunicazione mediatica per distruggere il nostro Paese e svenderlo”. Il governo? Ha nascosto la Pandemia agli italiani, ha impedito le autopsie ai cadaveri e poi ha cavalcato la paura, che notoriamente (come carne e latticini) “abbassa le difese immunitarie“. Il vaccino obbligatorio? Per carità. Incostituzionale, sempre. Il Dottor. De Donno (fautore delle terapie con plasma iperimmune, trovato morto suicida)? Lo hanno ammazzato perché la sua cura doveva essere insabbiata (e qui il delirio degenerò in improbabili teorie cospirazioniste, tirando dentro pure Stefano Montanari, medico al centro di polemiche e denunce per le sue teorie complottistiche anti-vaccinali). E via così, in linea con quelle pratiche di disinformazione, che trovano nella costruzione di facili nemici comuni un meccanismo efficace, condiviso da certa propaganda politica: che siano l’OMS, Big Pharma, la Cina, gli States, l’Europa, Bill Gates, il 5G, le scie chimiche, oppure i migranti, la musica non cambia.
Già nel 2016, quando il Coronavirus non era nemmeno nei nostri incubi peggiori, proprio per alcune affermazioni in tema vaccini il “Barone Rosso” si era beccato una querela, da parte dell’aspro (e permaloso) Professor Roberto Burioni: vaccinare i bambini, per lui, era (ed è) una follia. Il rischio di prendersi l’autismo c’è e Burioni lo avrebbe negato per interessi personali, in quanto beneficiario di lauti proventi da parte delle case farmaceutiche. Per il tribunale la diffamazione non ci fu, ma restano infondate le argomentazioni: nessuno studio serio ha mai comprovato la relazione tra autismo e vaccini, come la comunità scientifica internazionale ha sempre ribadito. La storiella, peró, negli ultimi anni ha trovato ampio consenso popolare, creando l’ennesimo, gratuito spauracchio. E l’ex stella di “Roxy Bar” e “Be Bop a Lula” ha scelto da che parte stare: non con la scienza, ma – per dirne una – con le cause di una Eleonora Brigliadori, ormai irrimediabilmente calata, con le sue colorite liturgie, nei panni di profetessa new age antisistema. Ognuno ha i compagni di battaglie che si merita.

Il tweet di Red Ronnie a proposito della morte di De Donno

Il tweet di Red Ronnie a proposito della morte di De Donno

Il PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO

Rispetto alla questione del Green Pass, va da sé, uno come Red non poteva allora che allinearsi a posizioni duramente critiche. Lo strumento sarebbe sbagliato. E non per finezza di principio, come ha voluto argomentatore l’ottimo professor Alessandro Barbero, firmatario di un discutibile appello contro la certificazione verde, diffuso da alcuni docenti universitari, il quale ha motivato con garbo la sua scelta, chiedendo una più chiara e trasparente legge per l’obbligo vaccinale in luogo dell'”ambiguo” passaporto verde (tema tutto politico e rivendicazione anche legittima, ma che nella pratica poco e niente sposta rispetto al metodo attuale, inclusa la responsabilità del governo dinanzi a eventuali danni causati da vaccini, obbligatori o solo raccomandati, come la giurisprudenza insegna).
Nel caso di Red Ronnie, la motivazione è invece assolutamente concreta: non far accedere nessuno alle proprie informazioni personali. Peccato che il Consiglio di Stato si era espresso giusto pochi giorni addietro: richiedere il GP, nei luoghi in cui va esibito per decreto, non comporta violazione della privacy. Ribadite dunque validità ed efficacia delle disposizioni attuative (Dpcm del 17 giugno 2021) del sistema basato sulla certificazione verde Covid-19. La sentenza ha confermato la decisione del Tar Lazio n. 4281/2021, respingendo le istanze di 4 cittadini non vaccinati, convinti che la richiesta del passaporto verde lederebbe la riservatezza sanitaria, in contrasto con la relativa disciplina europea. E invece, secondo le autorità, “non essendo stata dimostrata l’attualità del pregiudizio lamentato dai ricorrenti, restando salva la libera autodeterminazione dei cittadini che scelgono di non vaccinarsi, risulta prevalente l’interesse pubblico all’attuazione delle misure disposte attraverso l’impiego del Green pass, anche considerando la sua finalità di progressiva ripresa delle attività economiche e sociali“.
Al povero Red, turista sull’orlo di una crisi di nervi, la notizia era probabilmente sfuggita. E a poco vale rifugiarsi dietro l’ennesimo teorema, figlio di una retorica ormai stucchevole: “Non ci fanno entrare nei musei e nei teatri perchè ci vogliono ignoranti”. E allora ci vogliono anche stanziali (non si entra in stazione e in aeroporto), digiuni (non si entra al ristorante), astemi (non si entra in bar e locali), disoccupati (non si va a lavoro, che sia nel pubblico o nel privato). Parliamo di indolenza e disinteresse, piuttosto che di una reale intenzione di obnubilamento dei cervelli: la politica è spesso più mediocre che luciferina.

CHE IL MUSEO RINGRAZI!

L’epilogo in piena notte. Riuniti attorno a un tavolo, Red Ronnie e i suoi compagni nel corso di una diretta Facebook riassumono i fatti della giornata. E ci tengono a sottolineare di non aver disturbato nessuno con le loro proteste in biglietteria, essendo il museo privo di visitatori. Al direttor Micali, poi, rintuzzano così: essere ribelli senza tradire le regole è impossibile. Lo stesso Caravaggio è il primo dei ribelli. E loro, arrivati lì per ammirare il genio “controcorrente”, amico di “emarginati” e “prostituite“, nemico della massa, contro le regole volevano andare. Incompresi e mazziati. Una perla, sul finire: “Anche i nazisti rispettavano la legge. Ci sono molte somiglianze”. Ed è subito stella di David sul petto e sui cartelli dei Novax, fra l’oltraggio e l’idiozia.
Chiudono vantandosi per lo spot involontario regalato al museo, che dovrebbe solo ringraziarli: finalmente qualcuno sa che ci sono dei Caravaggio a Messina. Argomento trend-topic del giorno ed enorme copertura mediatica per l’imbarazzante siparietto, ma se al MuMe si riuscirà davvero a dare una mano in più, in quanto a programmazione, comunicazione, identità e politiche culturali, non v’è subbio che temi e testimonial saranno ben altri. Magari nell’ottica di un serio progetto di rilancio e valorizzazione.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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