Peter Paul Rubens, star del suo tempo. A San Francisco

La Legion of Honor di San Francisco rende omaggio a Rubens celebrandone la storia artistica nei primi anni di carriera. Dal 1609 al 1621.

Ci sono artisti la cui fama e successo sono tali da avvicinare il loro lavoro più a quello di un grande marchio che allo stereotipo del creativo inquieto e travagliato. E se oggi vengono in mente nomi come Jeff Koons, sarebbe sbagliato pensare che questo tipo di artisti non esistesse prima della Pop Art. Anche il Barocco aveva i suoi artisti-brand che gestivano le proprie operazioni con piglio da businessmen. Una mostra in corso alla Legion of Honor di San Francisco racconta la creazione di uno dei più celebri pittori del Seicento fiammingo, Peter Paul Rubens (Siegen, 1577 ‒ Anversa, 1640).
Con una trentina di dipinti e circa venti lavori su carta, la mostra Early Rubens, in corso fino all’8 settembre, ripercorre i primi anni di carriera del pittore di Anversa, anni in cui trovò il suo stile distintivo. L’esposizione, curata da Kirk Nickel, assistente curatore per la pittura europea dei Fine Arts Museums di San Francisco e Sasha Suda, curatore per l’arte europea della Art Gallery of Ontario, Toronto, ruota intorno a due pezzi centrali, Il tributo della moneta (1610-15), della collezione del Fine Arts Museum di San Francisco di cui la Legion of Honor è parte, e Il massacro degli innocenti (1611-12), di proprietà della Art Gallery of Ontario, dove la mostra si trasferirà in ottobre.

LA MOSTRA

Il focus è sul periodo dal 1609 al 1621, ma la mostra comincia con un preludio, una stanza dedicata al periodo italiano di Rubens, gli anni tra il 1600 e il 1608, quando il giovane pittore si trasferì nella penisola e, dopo qualche settimana di immersione nell’arte di Tiziano, Tintoretto, Veronese e altri, trovò impiego alla corte dei Gonzaga. Furono anni di studio e viaggi in cui Rubens ebbe occasione di affinare il suo gusto e perfezionare il suo stile, risentendo inizialmente dell’influsso manierista da cui poi si distaccò. I lavori di questo periodo sono ritratti di corte, dipinti a tema sacro e scene bibliche. Interessante l’Autoritratto con amici a Mantova (1602 -04), che immortala un gruppo di amici espatriati in una città culturalmente vivace e progressista. Nella composizione, Rubens sceglie un posizionamento non frontale, ottenendo un effetto informale e dinamico, in grado di suggerire la natura del gruppo rappresentato. Ne La Conversione di San Paolo (1601-02), dipinto su legno, si iniziano a trovare elementi di quello che la sua pittura diventerà negli anni a seguire, con scene complesse e piene di personaggi colti in azione, un forte dinamismo interno e una elaborata narratività. In questi anni l’artista sperimenta anche con la pittura su rame, molto diffusa all’epoca tra i fiamminghi che la preferivano per la definizione che garantiva al tratto, ma rara nella produzione di Rubens che se ne serve in modo molto diverso, producendo immagini a bassa definizione, dove domina la grana del colore, come appare evidente ne La lamentazione (1605).
Nel 1608 il pittore ricevette notizia da Anversa della malattia della madre e decise di lasciare l’Italia per tornare nella città natale, dove nel frattempo era stata dichiarata una tregua nella sanguinosa guerra che aveva visto le province del Sud dei Paesi Bassi, rimaste fedeli alla Spagna cattolica, contrapposte a quelle indipendentiste del Nord calvinista. La tregua consentì un periodo di sviluppo del commercio e della cultura. La città, devastata da anni di guerra, aveva bisogno di nuove opere che testimoniassero del ritrovato benessere. In questo clima, Rubens trovò terreno fertile per lo sviluppo della propria arte. Da quel momento in poi, la storia e le sorti di Anversa e di Peter Paul Rubens corrono parallele. La mostra evidenzia questo rapporto, raccontando una storia che è quella di un pittore e della sua città.
In quegli anni l’arciduca di Bruxelles offrì a Rubens la posizione di pittore di corte. L’artista era riluttante, temeva di perdere la propria indipendenza e di essere costretto a fare prevalentemente ritratti di nobili, senza avere la libertà di scegliere i propri soggetti. Ma non rifiutò; da buon uomo d’affari, invece, contrattò: oltre che una retribuzione a pezzo, chiese e ottenne uno stipendio, decise che non si sarebbe trasferito a Bruxelles ma che avrebbe tenuto bottega ad Anversa e si fece garantire che a lui non sarebbero state imposte le restrizioni che valevano per altri artisti, come per esempio quelle che stabilivano un numero massimo di assistenti. Nel frattempo ci fu il primo matrimonio, anche questo ben congegnato: Rubens sposò la figlia di un ricco uomo delle istituzioni cittadine, Isabella Brant, relazione che gli consentì di espandere il numero di committenti e mecenati interessati al suo lavoro. Furono tali scelte a porre le basi di quella che sarebbe diventata una delle prime e meglio riuscite imprese artistiche su larga scala del secolo.

Early Rubens. Installation view at Legion of Honor, San Francisco 2019. Photo Gary Sexton

Early Rubens. Installation view at Legion of Honor, San Francisco 2019. Photo Gary Sexton

I RITRATTI

A raccontare quegli anni, una sala dedicata ai ritratti realizzati dal pittore. Oltre a quelli di ricchi e potenti personaggi dell’epoca, pensati per rappresentare uno status e il potere politico ed economico di una città in espansione, sono di quegli anni anche i ritratti della moglie e del fratello Philippe, qui esposti. Questi non sono dipinti intesi a convogliare un’immagine istituzionale, bensì ritratti più intimi e umani, destinati a rimanere nell’ambiente privato di casa e in cui Rubens lascia più spazio alla sua pennellata e si permette una libertà espressiva e compositiva che non si trova nei ritratti più ufficiali.
Lontano dalla corte per cui lavorava, Rubens aveva la libertà di scegliere i propri soggetti e, oltre alla sua famiglia, tra le sue preferenze c’erano personaggi della storia dell’arte e della cultura. Ne è un esempio il ritratto di Paracelso (1915-20) che, con una composizione tipica dell’inizio del ‘500, mostra il tentativo (probabilmente indotto dalla corte) da parte di Rubens di rivalorizzare (citandola) la pittura fiamminga del secolo precedente. Infatti, in quegli anni di aumentata disponibilità economica da parte dei collezionisti, c’era uno sforzo di rivalutazione di opere appartenenti a un periodo che veniva presentato come età dell’oro della pittura fiamminga e i cui prezzi potevano di conseguenza salire.

I SOGGETTI SACRI

La mostra prosegue entrando nel vivo della pratica artistica di Rubens e della sua abilità nella composizione di scene complesse. Si tratta spesso di soggetti sacri che Rubens rappresentava con una particolare intensità. In quegli anni di tregua, Anversa era la città cattolica più a nord d’Europa e, a seguito del Concilio di Trento, diventò il centro di campagne culturali da parte della Chiesa per recuperare ascendente su una popolazione che in grossi numeri si stava spostando verso varie espressioni del protestantesimo. Rubens fu uno degli artefici di questo sforzo di restyling del linguaggio e dei codici visivi della narrazione e della propaganda cattolica. I principi erano quelli della chiarezza della dottrina, della persuasività dell’immaginario visivo e della spinta all’azione. Elementi ritrovabili nelle opere di Rubens esposte nella sala che raccoglie dipinti a tema sacro come L’annunciazione (1610), in cui la scena è attraversata da una tensione e da un movimento volti a commuovere lo spettatore. L’opera presenta tratti fortemente italiani nella composizione, nell’uso dei colori e nella fisicità dei personaggi: sembra esserci un richiamo quasi diretto all’opera dallo stesso titolo di Federico Barocci (1582-84) che Rubens aveva probabilmente visto durante la sua permanenza a Roma. Nella stessa sala, troviamo una delle opere su cui il museo ha voluto costruire la mostra, Il tributo della moneta, che ritrae la famosa scena del vangelo in cui Cristo pronuncia la frase “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Rubens ritrae la scena con una composizione in cui domina una chiara dinamica di conflitto e opposizione, accentuata dalle traiettorie degli sguardi dei farisei, su cui si erge la placida posa della saggezza di Cristo. Altra opera sorprendente di questa sezione è La sacra famiglia (1608-09), in cui il pittore fiammingo ritrae, in maniera inusuale, una scena informale, intima, familiare, in cui Gesù bambino e il cuginetto Giovanni giocano a strapparsi dalle mani una colomba, tra le braccia di Maria e sotto lo sguardo affettuoso di Elisabetta e Giuseppe.
Il dipinto era probabilmente destinato a una residenza privata e non a una chiesa o una sede istituzionale: un tipo di commissione che consentiva a Rubens maggiore libertà.

Early Rubens. Installation view at Legion of Honor, San Francisco 2019. Photo Gary Sexton

Early Rubens. Installation view at Legion of Honor, San Francisco 2019. Photo Gary Sexton

LE OPERE A TEMA BIBLICO

Proseguendo nel percorso espositivo, si incontrano opere a tema biblico in cui Rubens adotta toni più drammatici e in cui trovano spazio emozioni umane, vizio e violenza. In questa sezione troviamo dipinti di grandi dimensioni raffiguranti scene cariche di tensione, nelle quali Rubens mostra tutto il proprio talento nel costruire una narrazione interna alla composizione. Il dipinto che ritrae Lot ubriacato dalle figlie o quello che mostra Sansone nel momento della sua rovinosa cattura o ancora quello in cui Sansone cade vittima dell’inganno di Dalila sono incredibili esempi di una profonda sensibilità verso ciò che oggi chiameremmo storytelling e della capacità dell’artista di lavorare sulla profondità della narrazione, sovrapponendo diversi livelli della storia. Pezzo forte è Il massacro degli innocenti (1610), un soggetto che nella storia dell’arte è stato considerato banco di prova di abilità pittoriche straordinarie, test che Rubens supera più che egregiamente costruendo una scena brutale e scioccante, destinata a rimanere impressa negli occhi e nella mente dello spettatore.
La mostra prosegue con una sezione dedicata alle stampe. Da buon uomo d’affari, Rubens si rese conto che il suo lavoro poteva avere una diffusione maggiore grazie alle possibilità offerte dalle tecniche di incisione e iniziò ad accettare commissioni per illustrazioni di libri, breviari e almanacchi, settore che esplorò a lungo, grazie anche a una relazione di fiducia con un famoso litografo dell’epoca.

RUBENS, LA STAR

L’ultima parte della mostra racconta una fase della carriera di Rubens in cui il pittore era ormai diventato una star. Ogni corte d’Europa voleva avere una sua opera e l’artista poteva contare su decine di assistenti che facevano la fila per fare pratica nella sua bottega. Le commissioni realizzate in quel periodo mostrano la disponibilità economica del committente e consentono all’artista una grande libertà espressiva. Di questo periodo è, ad esempio, una grande scena di caccia al cinghiale che conclude la mostra, come un compendio delle abilità pittoriche di Rubens che qui mette insieme una scena dal forte dinamismo e carica di tensione, in cui il colore guida l’occhio verso dettagli in grado di raccontare una storia che non è solo quella della scena presente, bensì una storia che richiama il mito e l’arte classica.

Maurita Cardone

San Francisco // fino all’8 settembre 2019
Early Rubens
LEGION OF HONOR
Lincoln Park | 100 34th Avenue (at Clement Street)
https://legionofhonor.famsf.org

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Maurita Cardone

Maurita Cardone

Giornalista freelance, abruzzese di nascita e di carattere, eterna esploratrice, scrivo per passione e compulsione da quando ho memoria di me. Ho lavorato per Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia, QualEnergia, L'Indro. Dal 2011 New York è…

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