Andalusia contemporanea. Reportage da Siviglia a Malaga
L’Andalusia non è solo flamenco, ma arte in tutte le sue forme. Ha dato i natali ad artisti del calibro di Diego Velázquez, Francisco de Zurbarán, Bartolomé Esteban Murillo, Federico García Lorca, Rafael Alberti e il genio malagueno Pablo Ruiz y Picasso, e continua ad essere fucina creativa nel panorama artistico spagnolo. Siamo andati a scoprire luoghi della ricca produzione contemporanea.
Il nostro viaggio inizia da Siviglia, capoluogo della Comunità Autonoma dell’Andalusia, dove la cultura contemporanea si intreccia con un glorioso passato, come nel caso del CAAC – Centro Andaluso di Arte Contemporanea, ospitato nell’antica certosa Cartuja de Santa María de las Cuevas.
SIVIGLIA E L’ONDA LUNGA DI EXPO ‘92
L’isola di Cartuja ospita ancora i futuristici padiglioni di Expo ‘92, come il padiglione ungherese disegnato dall’architetto naturalista Imre Makovecz e il padiglione messicano, che disegna una X e segue il modello delle piramidi azteche: la X simboleggia il nome Mexico e la posizione della Nazione come incrocio di culture.
Poco distante dal CAAC, sempre sull’isola di Cartuja, si trova il Caixa Forum inaugurato un anno fa, centro culturale con un ricco calendario di mostre, concerti ed eventi. Si tratta di un centro sotterraneo disegnato dall’architetto Guillermo Vázquez Consuegra, in cui soltanto il ristorante si trova al piano rialzato.
Fra le strette vie del centro ci imbattiamo nell’imponente struttura del Metropol Parasol disegnata dallo studio di architettura di Jürgen Mayer, che appare nella nascosta plaza de la Encarnación, creando un innesto urbano contemporaneo nel tessuto antico. A pochi passi da qui, nel Barrio de Santa Cruz, a Triana e in calle Sierpes si concentrano alcune interessanti realtà creative in quello che è stato ribattezzato Soho Benita, tra le quali Delimbo, una galleria di arte urbana e contemporanea. Promuovere il collezionismo di Street Art è una delle missioni della galleria, che funziona anche come residenza d’artista, consentendo di creare pezzi unici e installazioni; in alcuni casi si tratta di opere direttamente collegate alla città di Siviglia.
CORDOBA E GRANADA. NON SOLO PATRIMONIO UNESCO
La città di Cordoba, recentemente nominata Patrimonio dell’umanità dall’Unesco, è sede del C3A – Centro di Creazione Contemporanea dell’Andalusia. Disegnato dallo studio Nieto Sobejano, ricorda per vocazione La Casa Encendida di Madrid e l’Hangar di Barcellona. Seguendo questi modelli, il centro consacra buona parte della propria superficie a laboratori per la creazione artistica e per le arti performative come la danza e il circo, e incoraggia il dialogo tra le differenti discipline artistiche e le comunità locali. Anche la facciata dell’edificio concorre alla creazione contemporanea, trasformandosi visivamente in relazione alla luce.
All’ombra dell’Alhambra, Granada si propone come un interessante hub creativo grazie a realtà quali il Centro José Guerrero, galleria d’arte contemporanea e centro educativo. La sua sede, integrata nel cuore urbano della città, completa il ciclo storico di occupazione culturale di un ambiente piccolo ma denso, che rende visibile la sensibilità artistica della città andalusa, dalla dominazione araba ai giorni nostri. Un’attenta selezione della collezione personale dell’artista José Guerrero costituisce la collezione del centro. Tante le mostre temporanee organizzate, tra cui l’interessante ciclo La colleción del Centro vista por los artistas, che mette in dialogo artisti contemporanei con le opere della collezione.
CADICE NEL XXI SECOLO
Spingendoci più a sud arriviamo a Cadice, cittadina che propone un attraente scenario contemporaneo. Il Castello Santa Catalina è stato in parte restaurato e accoglie mostre temporanee di opere dei principali pittori andalusi. Il Centro Integral de la Mujer esplora invece il ruolo delle donne nella società, in particolare nella storia di Cadice. Qui la natura e l’arte contemporanea si fondono grazie ai progetti realizzati dalla Fundación NMAC Montenmedio Arte Contemporáneo. L’obiettivo è invitare artisti internazionali a realizzare progetti site specific che siano in sintonia con il paesaggio attraverso lo studio della regione, della sua storia, la sua geografia e la società.
MÁLAGA CITTÀ GENIALE
Concludiamo il nostro viaggio a Malaga, la città dell’Andalusia con il maggior numero di musei: se ne contano più di trenta. Un boom culturale relativamente recente, promosso dal sindaco Francisco de la Torre Prados, in carica dal 2000. Il logo della città simboleggia questa rinascita culturale, riproducendo i contorni di alcuni dei principali centri museali della città con lo slogan Málaga, ciudad genial.
Tutto è iniziato nel 2003 con l’apertura del Museo Picasso, che conta più di duecento opere dell’artista malagueno e una ricca programmazione culturale che propone interessanti accostamenti, da Y Fellini soñó con Picasso (allestita da febbraio a maggio 2018) a El sur de Picasso. Referencias andaluzas, in programma dal 9 ottobre al 3 febbraio 2019 per celebrare l’anniversario della nascita dell’artista. L’inaugurazione della mostra coincide con il congresso internazionale su Picasso, durante il quale esperti da tutto il mondo presentano e discutono le ultime ricerche sul lavoro dell’artista. Quest’anno in particolare il congresso esplorerà il rapporto fra l’opera dell’artista e il contesto storico.
Il 2003 è anche l’anno dell’inaugurazione del CAC – Centro di Arte Contemporanea, diretto sin dalla sua fondazione da Fernando Francés, il quale ci ha raccontato nascita ed evoluzione dell’istituzione.
È seguita l’apertura di un’altra importante istituzione: il Museo Carmen Thyssen, antenna del Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, che propone mostre temporanee e l’esposizione della collezione di maestri dell’Ottocento, con una ricca sezione di dipinti andalusi. E intanto altre istituzioni hanno accolto l’invito del sindaco e sono così arrivati a Malaga il Museo Statale Russo di San Pietroburgo e il Centre Pompidou. Il primo si è installato nell’ex manifattura tabacchi, diventata oggi polo museale con la presenza anche del Museo della Moda e dell’Automobile e sede di numerose start up. La presenza del museo russo ha incuriosito la comunità locale, che frequenta assiduamente le mostre e gli eventi consacrati all’arte russa dal Medioevo all’epoca moderna, facendo addirittura ribattezzare il quartiere Huelingrad.
POMPIDOU ANDALUSO
Nel 2015 ha dunque inaugurato la prima antenna estera del Centre Pompidou, nell’iconico cubo progettato dagli architetti Javier Pérez De La Fuente e Juan Antonio Marín Malavé e rivestito dall’artista Daniel Buren con pannelli colorati che creano caleidoscopici giochi di luce all’interno dell’edificio. E naturalmente è subito diventato un simbolo malagueno, come ci racconta Elena Robles, responsabile delle collezioni del museo statale russo, del Centre Pompidou e della Casa Natale di Pablo Picasso: “La città di Malaga prima non era turistica. Era turistica la Costa del Sol. A Malaga non c’era offerta culturale. Non c’erano musei, ma tutto è cambiato grazie all’attuale sindaco. Era un suo desiderio personale quello di far diventare Malaga una città di musei, creare un’arena culturale. Negli Anni Ottanta e Novanta c’era giusto la Casa Natale di Pablo Picasso, nient’altro. Il primo museo è stato inaugurato nel 2003 dalla Regione Andalusia. Da allora è iniziato il cambiamento. Ora ci sono oltre trentacinque musei”. Già il caso del Museo Russo è interessante: “C’è una comunità russa molto ampia a Malaga”, ci spiega Robles. “Il museo è una finestra per mostrare la cultura russa e il centro è molto attivo, con mostre e conferenze. La comunità locale si è identificata nel museo, tanto che è cambiato anche il nome del quartiere, passando da Huelin a Huelingrad. È un po’ fuori dal centro e dal circuito turistico, quindi i visitatori sono soprattutto locali”.
Ma il colpo grosso è stato il Centre Pompidou Malaga, nato come progetto provvisorio, diversamente dal Pompidou Metz. Recentemente però il contratto è stato rinnovato e fino al 2025 è confermata la presenza del Pompidou a Malaga. Naturale la domanda sulla provenienza dei visitatori. “I malagueni frequentano più assiduamente il Museo Russo”, risponde Robles. “L’ultima statistica relativa al Pompidou conta tuttavia un 45 % di stranieri e un 55% di spagnoli. Ciò si deve al fatto che Malaga è diventata alla moda e attira sempre più turisti spagnoli. L’immagine della città è cambiata da poco: l’altro ieri era un villaggio e ora è inserita nel circuito internazionale delle città culturali. Abbiamo cominciato da poco a lavorare con il Pompidou, è solo il terzo anno di attività, ma sta andando molto bene. È interessante anche il lavoro educativo con la comunità locale: lavoriamo con le scuole, organizziamo atelier per le famiglie e gli adulti, elaboriamo proposte per diversi pubblici”.
Per quanto riguarda le mostre, “la curatela è parigina ma lavoriamo insieme”, specifica Robles. “Al piano superiore abbiamo le mostre temporanee e in quello inferiore esponiamo la collezione semi-permanente. Solitamente le mostre temporanee mettono in luce aspetti che vengono mostrati poco nella collezione, per esempio la fotografia, il video ecc. Anche la mostra dell’atelier per i bambini viene da Parigi. Possiamo dire che l’impronta è francese, ma la programmazione intorno alla mostra è realizzata in sinergia con i promotori locali, gli artisti di Malaga o della regione. Non avrebbe avuto senso fare un copia e incolla della programmazione parigina, quando la realtà di Malaga è differente”.
Quali dunque i promotori locali con i quali collaborano i musei di Malaga? Innanzitutto il Festival de Málaga, rassegna cinematografica di respiro internazionale che a marzo 2019 giunge alla 22esima edizione. Un mese prima inizia il pre-festival, ed è allora che la collaborazione prende forma. La rete è vasta e coinvolge istituzioni regionali, nazionali e internazionali, soprattutto grazie alla Casa Natale di Picasso. “Abbiamo una collezione molto importante di grafica e ceramica, che viene richiesta sia per prestiti singoli sia per mostre complete. Organizziamo un progetto espositivo che si chiama ‘Picasso exterior’ e che viaggia in tutto il mondo”, racconta Elena Robles. Per quanto riguarda invece il Pompidou, “abbiamo organizzato delle attività chiamate ‘la otra noche’, che consistono nell’invitare artisti, studi di architettura, performer, musicisti, danzatori a interagire con il museo. Ed è diventato un appuntamento mensile”.
Il bilancio finora? “All’inizio dovevano essere solo cinque anni”, ricorda Robles, “era un progetto rischioso e invece ha funzionato tutto molto bene. Il prestito delle opere da Parigi a Malaga è ottimo per entrambe città: è utile a Parigi per decentralizzare la cultura e farsi conoscere, e allo stesso tempo migliora l’immagine di Malaga. Il prossimo anno ci saranno le elezioni comunali e vedremo se cambierà qualcosa”.
CLASSICI ED ESPRESSIONISTI
Malaga intanto non si ferma. Nel 2016 ha inaugurato il Museo di Malaga, il quale ospita le collezioni di due istituzioni cittadine: il Museo delle Belle Arti e il Museo Archeologico Provinciale. È il quinto museo più grande di Spagna e il più grande in Andalusia. La sede è il Palacio de la Aduana, progettato alla fine del Settecento. Fra le sue sale si possono osservare dipinti e sculture di artisti del calibro di Luis de Morales, Luca Giordano, Bartolomé Esteban Murillo, Jusepe de Ribera, Diego Velázquez, Francisco Goya e Francisco de Zurbarán.
A Malaga troviamo anche il primo e unico museo espressionista spagnolo consacrato al pittore Jorge Rando. Il museo espone l’opera di quest’ultimo e mostre dedicate ad artisti espressionisti e neo-espressionisti quali Käthe Kollwitz ed Ernst Barlach.
LA CASA AMARILLA
Ma la cultura a Malaga è fatta anche di spazi indipendenti come la Termica, fuori dal centro cittadino, che si articola in spazio espositivo, di produzione e scambio tra creativi e pubblico, con attività che coinvolgono ben tredici municipi della provincia.
Tornando nel centro e alzando gli occhi al cielo, ci si imbatte nei graffiti del progetto Maus. La zona vicino al porto, un tempo degradata e pericolosa, intanto è diventata un quartiere brulicante di bar, gallerie e spazi d’arte. Addentrandosi nel centro storico si scopre il progetto Promálaga La Brecha, iniziativa del Comune che promuove l’attività di botteghe artigiane nel quartiere Lejos, più precisamente nella calle Andrés Pérez. In zona si trovano anche diverse gallerie d’arte e la Casa Invisible, centro sociale autogestito nato per promuovere un pensiero critico e una creazione collettiva attraverso corsi, concerti, gruppi di riflessione e molto altro, e che ora rischia la chiusura.
Sempre nel centro storico, a pochi passi dal Carmen Thyssen si trova la Casa Amarilla, un piccolo spazio per una grande produzione creativa. Ci accolgono i due fondatori, Sara Sarabia e David Burbano, i quali raccontano il percorso che ha portato alla realizzazione di questo progetto: “La Casa Amarilla compie dieci anni nel 2018. Già prima della fondazione del Museo Picasso, molti artisti lavoravano a Malaga, ma il museo ha funzionato come uno spartiacque. Soprattutto perché non è solo incentrato sulla storia dell’artista, ma anche sullo sviluppo di progetti d’arte contemporanea. Malaga è una città in ebollizione ed è cresciuta molto, e molti artisti locali hanno creato indipendentemente da ciò che stavano facendo le istituzioni. La Casa Amarilla e altri spazi sono nati così, da una situazione di crisi”.
A fianco delle istituzioni pubbliche, dunque, c’è una scena privata che ha dovuto trovare il proprio spazio. “Da due anni e mezzo ci siamo trasferiti in questo edificio”, raccontano ancora i fondatori della Casa Amarilla. “Prima eravamo in un appartamento. Si trattava di un progetto di residenza, uno scambio tra noi e il turista, non c’era una legislazione in merito come oggi, con l’arrivo di attività come Airbnb. Si poteva affittare una stanza e vedere come lavoravamo, il turista mecenate sponsorizzava così un artista ed eventualmente acquistava delle opere. Era un modo per sostenere il progetto, una casa di produzione. Ora stiamo cercando un nuovo luogo per la residenza artistica. Organizziamo scambi con artisti internazionali, li aiutiamo a trovare un alloggio e loro espongono qui”, prosegue Sara Sarabia. E così dalla Casa Amarilla sono passati artisti emergenti da Paesi quali Norvegia, Messico e pure Italia.
Ma come funziona praticamente la Casa: “Attualmente si compone di quattro progetti: la produzione nell’edificio, il negozio d’arte, la mostra, lo scambio internazionale. Le opere esposte sono sempre di piccolo formato perché si devono poter vendere. All’inizio il progetto era più berlinese, era più un luogo privato, poi ci siamo convertiti in galleristi, cosa che non pensavamo di fare. In genere i galleristi hanno una pessima fama ma noi siamo artisti e siamo diventati dei buoni galleristi. Ad esempio, noi proponiamo un deposito a breve termine delle opere e l’artista nel frattempo può esporre dove vuole”.
Sara Sarabia è anche la fondatrice di EAM – Encuentro Arte Malaga. “All’ufficio turistico si trovavano solo informazioni sui musei, noi non esistevamo. Allora abbiamo creato una piattaforma web e un flyer con una mappatura di tutti gli spazi indipendenti della città. Promuoviamo anche una notte bianca a ottobre e organizziamo degli incontri per parlare d’arte contemporanea. Per parte nostra, siamo riusciti a rendere questo lavoro economicamente sostenibile nell’arco di due anni. Abbiamo generato nuovo pubblico e nuovo collezionismo. Non essere sovvenzionati vuol dire essere molto liberi, più svincolati dalla burocrazia”. Che evidentemente non è un male solo italiano.
‒ Giorgia Losio
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #45
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