Milano ha sempre avuto un debole per la luce. Quella dei lampioni che illuminano Corso Vittorio Emanuele, quella delle insegne che hanno reso viva la notte cittadina e, soprattutto, quella proiettata sugli schermi delle sue sale. Dalla fine dell’Ottocento a oggi, il cinema ha attraversato crisi e rinascite, ma in questa città non ha mai smesso di trovare il suo pubblico.
Le prime luci sul grande schermo
È il 20 marzo 1896 quando, al Circolo Fotografico di Via Turati, i milanesi vedono per la prima volta il cinematografo dei fratelli Lumière. Le immagini in movimento lasciano senza fiato. Il Corriere della Sera scrive di “quadri animati, riproduzioni vive di scene svariate”, e Milano scopre un linguaggio che cambierà il suo immaginario per sempre. La febbre del cinema cresce in fretta. Le proiezioni vengono trasferite nei teatri più grandi, dal Milanese al Gerolamo, e presto compaiono le prime sale dedicate. Nel 1907 se ne contano già cinquanta: tra queste il Centrale, che ancora oggi resiste, a dimostrazione di quanto lunga e caparbia possa essere la vita di un cinema. Non mancano poi i pionieri. Luca Comerio porta la sua cinepresa sui fronti della Prima Guerra Mondiale e nei luoghi devastati dai terremoti, lasciando immagini che oggi ci parlano con ancor più vividezza. Italo Pacchioni, invece, con il suo “baraccone delle meraviglie” porta il cinema tra la gente, trasformandolo in un divertimento popolare e accessibile.
L’età d’oro delle sale di Milano
Gli anni Venti sono l’epoca dei grandi palazzi del cinema. Apre il Colosseo, tra i primi monumentali d’Italia, seguito dall’Odeon e dal Metro Astra. Sale eleganti, con poltrone in velluto, lampadari, giovani mascherine che accompagnano gli spettatori ai posti: il cinema non è solo intrattenimento, ma un rito sociale. Un lusso a cui la “Milano bene” non rinuncia. L’Odeon, in particolare, inaugurato nel 1929 nei pressi di piazza Duomo, si affermò presto come la sala più prestigiosa della città, con i suoi 2.500 posti e una notevole programmazione di grande richiamo per il pubblico del tempo. Per decenni ospitò anteprime memorabili, attestandosi come punto di riferimento per l’immaginario cinematografico milanese, e negli anni Ottanta, dopo l’acquisto da parte di un gruppo americano, divenne il primo multisala meneghino.

Innovazioni tecniche in sala
Sono anni in cui persino la tecnologia corre: si può telefonare per prenotare il biglietto, una modernità che oggi sembra scontata, ma che allora era una piccola rivoluzione. Nel 1929 arriva Il cantante di jazz, il primo film sonoro, e in sala l’emozione è palpabile: finalmente il cinema parla, canta, vibra di nuove possibilità. L’anno dopo, La canzone dell’amore, primo film sonoro italiano, sancisce definitivamente la novità.
La Broadway milanese
Con l’avvento del fascismo la produzione viene accentrata a Roma, grazie anche all’inaugurazione di Cinecittà, ma Milano resta una piazza decisiva per decretare il successo di un film. Nel dopoguerra il cinema esplode. Nel 1955 si raggiunge il record di 855 milioni di biglietti staccati in Italia e Milano diventa la capitale dell’esercizio. Corso Vittorio Emanuele si trasforma nella “Broadway milanese”: una strada illuminata da insegne al neon, dove si susseguono le sale. La sera, le code si allungano davanti agli ingressi, mentre le prime cinematografiche diventano eventi mondani che fanno notizia. Non è raro incontrare attori, registi, persino divi internazionali che presentano i loro film. Il cinema è un rito collettivo: andare in sala significa esserci, partecipare, condividere.
Ombre e resistenze
Poi, lentamente, arriva la concorrenza della televisione. Con i suoi programmi continui e standardizzati, entra nelle case e cambia per sempre le abitudini. Negli anni Settanta e Ottanta il pubblico cala e molti cinema chiudono. Il settore reagisce nei Duemila con le multisale: grandi complessi dove l’esperienza non si esaurisce nel film, ma si allarga a popcorn, ristoranti, negozi. A Milano questo modello prende piede, ma a caro prezzo: moltissimi monoschermi storici abbassano la serranda. Resistono solo i cinema d’essai, custodi di una programmazione più coraggiosa e legata alla qualità artistica.
Le sfide: streaming e pandemia
La sfida più dura arriva con lo streaming. Netflix, Prime Video, Disney+: basta un click per accedere a un catalogo infinito, a qualunque ora, da qualunque dispositivo. La pandemia del 2020 peggiora il quadro: il mercato italiano crolla del 72,7%, le sale restano vuote per mesi, e per molte sembra la fine. Eppure, Milano non smette di sorprendere. Nel 2023 il pubblico torna in sala. Dai più giovani ai senior, gli spettatori scelgono di nuovo il grande schermo. Non solo per i blockbuster, ma per i film d’autore e le sale indipendenti che hanno saputo reinventarsi, costruendo comunità attorno al cinema.
Il ritorno in sala a Milano
Realtà come il Mexico, il Beltrade, l’Eliseo e il Cinemino dimostrano che la sala può essere ancora molto più di uno schermo: un luogo dove incontrarsi, discutere, scoprire. Qui si organizzano rassegne, festival, incontri, dibattiti, e la proiezione diventa parte di un’esperienza culturale più ampia. Sono questi i luoghi che fanno comunità, che stimolano un altro tipo di approccio sia alla relazione che alla fruizione culturale, lanciando autori locali ed educando il pubblico a un cinema meno consumistico e più esperienziale. Lontano dai popcorn dei multiplex, Milano riscopre il valore originario della sala: un luogo dove ritrovarsi per condividere storie e sognare a occhi aperti.
Il futuro delle sale
Il futuro del cinema a Milano dimostra capacità di innovazione, pur rimanendo legato alla memoria. L’Odeon ne è l’alfiere: lo storico tempio, chiuso nel 2023, è oggi al centro di un progetto di rilancio che punta a restituirgli il ruolo di polo culturale contemporaneo. Intanto, i numeri raccontano una rinnovata euforia: secondo i dati Cinetel, nel 2023 il mercato italiano ha superato i 50 milioni di spettatori, con un incremento del 20% tra gli under 25 rispetto all’anno precedente. È la dimostrazione che le nuove generazioni hanno ancora voglia di vivere la sala come esperienza collettiva con un approccio, però, più consapevole. Accanto ai grandi circuiti, infatti, le sale indipendenti confermano la loro centralità come alternativa all’opzione commerciale dei multiplex. La sfida oggi è integrare la proiezione con altri linguaggi culturali: festival, interviste, retrospettive, proiezioni-evento. Milano può così diventare il laboratorio di un modello ibrido che trasformi la sala in un luogo di comunità, formazione e intrattenimento.
Matilde Sozio
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